Mercedes: il confronto ‘impossibile’ tra prototipi
Il mondo dell’auto è in continua evoluzione: ogni mese il mercato si arricchisce di nuovi modelli, ma diversi anni prima che le auto e le nuove tecnologie vedano la produzione in serie sono proprio le concept le vetture che aprono piccole finestre sul futuro delle innovazioni. Ancora di più delle auto stradali, questi prototipi sono profondamente cambiati con il passare dei decenni; ce lo ricorda la Mercedes che in occasione del cinquantesimo anniversario della C 111 ha proposto un confronto ideale tra questa super sportiva e l’ultima concept della Stella, la Vision AVTR presentata a gennaio al CES, il Salone della Tecnologia di Las Vegas.
DA RECORD. Due concept cars separate da cinque decenni di storia e contraddistinte da caratteri e funzionalità completamente doversi. La C 111 nacque sul finire del 1969; nonostante il grande interesse suscitato dalle sue forme a cuneo da supercar non entrò mai in produzione ma nei dieci anni a seguire diventò una vera e propria vettura ‘laboratorio’ dove gli ingegneri tedeschi testarono inedite soluzioni meccaniche. Basti pensare ai molteplici propulsori finiti sotto al cofano della supersportiva come un rotativo da 350 cavalli o persino un motore turbodiesel da 230 cv con il quale la C 111 riuscì a conquistare il record velocità per vetture a gasolio facendo segnare i 322 km/h.
‘AVATAR’. La moderna Vision AVTR è invece una vetrina ‘viaggiante’ delle berline di lusso del futuro. Ispirata dal film di fantascienza Avatar, questa vettura è mossa da quatto unità elettriche (una per ruota) dalla potenza combinata di 475 cavalli; i motori sono alimentati da un innovativo pacco batterie realizzato con materiali organici riciclabili. L’adozione di un sofisticato sistema di guida autonoma capace di ‘fare le veci’ del guidatore in ogni situazione ha inoltre permesso di riprogettare completamente l’abitacolo. La plancia – priva del volante – è un tutt’uno con il grande schermo multimediale che si estende dalla consolle centrale; i tradizionali pulsanti e controlli fisici sono invece stati sostituiti da innovativi sensori biometrici capaci di riconoscere le volontà del guidatore. Un concentrato di tecnologia e di design che quasi sicuramente non arriverà mai sulle strade, ma che nelle sue singole componenti è destinato ad ispirare l’evoluzione tecnologica delle Mercedes dei prossimi anni.
Non vola, è vero questa Mercedes Benz Vision AVTR.
Forse per il futuro sarà un grave problema da risolvere, ma lasciatemelo dire, ecco finalmente le agognate batterie al grafene, per la bellezza di 110 kWh che consentiranno di percorrere 700 km.
L’elettrica batterie litio e cobalto free, riciclabili al 100% senza il problema dello smaltimento degli accumulatori.
Lenta?
Non direi, le batterie alimentano 4 singoli motori, uno per ruota, che sviluppano un totale di 470 CV.
Già immagino i detrattori dell’elettrico che descriveranno l’influenza inerziale del peso dei motori che grava sulle masse non sospese delle fantascientifiche ruote, i deleteri effetti sulla guidabilità e la difficoltà nello scaricare a terra coppia motrice e potenza, senza peraltro sapere quanto pesano i motori coassiali alle ruote e se questo concept ha i freni a disco idraulici o se invece rigenera energia frenando, eliminando così il peso e la complicazione del sistema frenante.
L’elettronica è neuromorfa per essere efficiente e funzionare assorbendo poca energia. In pratica sarebbe in grado di emulare funzioni sensoriali e cognitive come queste vengono espresse nel sistema nervoso, attraverso circuiti microelettronici che riproducono in forma semplificata la struttura e la dinamica di neuroni e sinapsi che costituiscono la rete nervosa naturale.
Il lunotto è costellato di flap fotovoltaici che si orientano seguendo il sole mentre il design è fluido come l’aria che attraversa con suggestive trasparenze laterali.
L’esercizio futuristico sembra avere un carattere proprio, reagisce illuminandosi e cambiando colore grazie ai sensori neuromorfi.
Siamo di fronte a una vettura o un organismo neuroelettrico?
All’interno niente plastica, troviamo i rivestimenti in karuun, traslucido, permeabile all’aria e alla luce, fonoassorbente e malleabile, derivato per tre tipi di lavorazioni da una palma rampicante tropicale che cresce più velocemente degli alberi e che prolifica solo nella biodiversità e come tale sostiene le foreste pluviali del nostro pianeta e offre alla comunità locale un reddito sostenibile. Certo, non è a km zero, ma il solo pensiero di eliminare la plastica con un materiale naturale e biodegradabile non dispiace affatto.
Sarà tutto vero o è semplicemente il sogno di ognuno di noi?
Alla fine degli anni ‘60 ci fu la corsa al brevetto di Felix Wankel, il motore rotativo brevettato inizialmente nel 1929 per l’aeronautica.
Wankel lavora durante la guerra in BMW ai compressori volumetrici dei motori d’aviazione. Il suo rotativo non venne realizzato, con la comparsa del motore a turbogetto non aveva più speranze di prendere il volo.
Cercò così di piazzare i suoi brevetti all’NSU dove finalmente vede realizzata la RO 80, una berlina che rimase in produzione dieci anni, a cominciare dal 1967.
Proprio in quell’anno, Mercedes Benz per non essere da meno, vuole avere il compatto rotativo di Wankel dalla potenza superiore a quella di un tradizionale motore a quattro tempi a parità di cilindrata.
In Mercedes Benz pensano di svilupparne tutte le sue potenzialità.
Il risultato di questa ricerca tecnologica vale la pena di anticiparlo.
Wankel diventerà ricco grazie al suo brevetto mentre le case che lo impiegheranno si dissangueranno per i noti inconvenienti tecnici che affliggono ancor oggi questo motore a novant’anni dal primo brevetto.
Il C 111 era l’aerodinamico e costoso laboratorio viaggiante a due posti per sperimentare diverse tipologie di motori in posizione centrale posteriore. Prima di tutto il Wankel, poi in comparativa le solite manovelle e pistoni a ciclo Otto e Diesel con turbocompressore.
Per questa ragione la Mercedes-Benz C 111 veniva evoluta a livello Wankel, ma anche aerodinamico.
Da subito, ovviamente fu Wankel.
Nel 1969 a tre rotori con una potenza di 280 CV, potenziato nell’inverno 1969/70 per raggiungere i 300 km/h aggiungendo il quarto rotore per arrivare a 350 CV.
Gli ingegneri Mercedes Benz persero tempo e dilapidarono ingenti risorse economiche per arrivare a convincersi che il Wankel non era soddisfacente in termini di affidabilità e durata.
Perseverarono fino a dodici auto costruite: undici erano spinte da motori Wankel e nel 1975 anche il turbo-diesel. Addirittura due delle vetture della prima e della seconda serie, erano dotate di motori a benzina a otto cilindri a scopo comparativo.
Immagino già osservazioni.
Mazda ha venduto più di due milioni di auto con il Wankel producendolo fino al 2012.
Mazda e gli “altri” prima di lei non hanno risolto i problemi tecnici.
Il primo è la tenuta dei segmenti che sono ai tre vertici del rotore:
Il secondo è la conformazione della camera di scoppio che presenta un volume inadatto ad ottenere un’efficiente combustione per cui due candele sono d’obbligo, tre sulla Mazda 787 B che ha vinto nel 1991 la 24 ore di Le Mans.
Il terzo è conseguenza del secondo: la limitazione della camera di scoppio aumenta gli idrocarburi incombusti, aumentando le emissioni.
Oggi cosa resta del Wankel?
Una ricerca tecnologica consegnata definitivamente alla storia.
Il Wankel che non fu.