McLaren Artura e le rivali: come stanno cambiando le supercar?
ELETTRIFICAZIONE. Questa – a maggior ragione ora, alle luce dello stop alla vendita di auto con il motore a scoppio a partire dal 2035 deciso dal Parlamento europeo – la parola d’ordine con cui, in un modo o nell’altro, le case automobilistiche si trovano a dover fare i conti. A oggi, pare proprio che il cambiamento non farà sconti a nessuno. E se, tra chi per mestiere costruisce auto, c’è chi l’ha capito da un pezzo, imprimendo una decisa accelerazione nella produzione di motori ad alimentazione alternativa, c’è chi la strada della mobilità “green” l’ha imboccata relativamente da poco. Un esempio? I costruttori di supercar, abituati a realizzare macchine che, da che mondo è mondo, hanno sempre fatto sognare gli appassionati per la sconfinata cavalleria e il sound esagerato dei loro potenti motori a benzina.
LE SUPERCAR NON SARANNO PIÙ QUELLE DI UNA VOLTA. Anche l’olimpo delle auto belle, veloci e (per la maggior parte di noi) impossibili, però, è chiamato a scendere a compromessi. Con la Aventador Ultimae, la Lamborghini ha salutato nella maniera più romantica che si potesse immaginare il suo ultimo V12 completamente privo di aiuti elettrici. La prossima ammiraglia della casa del toro, infatti, sarà ibrida, destino che, presto o tardi, accomunerà tutte le sue concorrenti. All’ibrido, per giunta ricaricabile, ha appena detto sì anche la McLaren, che con la nuova Artura, sprinta da un “piccolo” V6 bi-turbo abbinato a un motore elettrico, ha inaugurato un nuovo corso all’insegna di una maggior efficienza energetica e, almeno sulla carta, di prestazioni addirittura superiori a quelle dei “vecchi” V8 a benzina. Tuttavia, trattandosi di macchine che hanno a che fare più con il cuore che con il cervello, è più che lecito un dubbio: elettrificare le supercar va colto come un positivo segno dei tempi, perché in fondo così diventano ancora più veloci e inquinano meno, oppure si rischia seriamente di perdere il contatto con l’essenza più pura di un intero mondo che oggi viene percepito dall’opinione pubblica come anacronistico e anche politicamente un po’ scorretto?
RIVOLUZIONE ARTURA. Sarà il tempo, come sempre accade per tutti i grandi cambiamenti, anche nel nostro settore, a dirci in che modo cambieranno le supercar nei prossimi dieci anni. Se saranno più veloci, ma anche più “civilizzate” di quelle che le hanno precedute. Su una cosa, però, si può stare relativamente tranquilli: i costruttori faranno i salti mortali per rimanere aderenti a ogni singola sfumatura dello spirito che le ha sempre animate. La McLaren Artura (nella foto qui sopra), per esempio, sull’altare dell’elettrificazione non ha sacrificato una briciola della leggerezza per cui i bolidi della casa di Woking sono famosi in tutto il mondo. Pesa poco meno di 1.500 kg, che sono niente per una macchina ibrida della sua categoria, e sotto il cofano, pronti a scaternarsi, ci sono 680 CV in grado di bruciare lo 0-100 km/h in tre secondi netti e di toccare i 330 km/h. Insomma, la rivoluzione, preceduta da una lunga fase di studio e sperimentazione sulle hypercar P1 e Speedtail, è servita. E le rivali? Ne abbiamo individuate sei, restringendo il campo a quelle che, secondo noi, motore e alimentazione a parte, rappresentano al meglio un mondo che, ci auguriamo, continuerà a farci emozionare.
APRIPISTA. Oggi si fa un gran parlare di ibrido ed elettrico, anche tra le supercar, ma alcuni costruttori, in tempi non sospetti, hanno giocato con un giro d’anticipo. Correva l’anno 2016, infatti, quando la Honda ha “rispolverato” la sua super sportiva rimasta più famosa dando la scossa alla ricetta di trent’anni e passa fa. Proprio come il prototipo a marchio Acura svelato al salone di New York nel 2012, la nuova Honda NSX (nella foto qui sopra) s’impone all’attenzione per il suo motore ibrido: il 3.5 V6 VTEC bi-turbo, supportato da ben tre motori elettrici – uno collocato tra il propulsore e il cambio a doppia frizione a 9 rapporti, gli altri due sull’asse anteriore -, raggiunge una potenza massima di 581 CV e una coppia di 646 Nm. Le prestazioni sono da prima della classe, con uno scatto da 0 a 100 km/h in meno di tre secondi e una velocità massima di quasi 310 km/h.
UNA SCOSSA AL CAVALLINO. L’impostazione meccanica è quella della McLaren Artura, ma la potenza in gioco è decisamente superiore: con 830 CV, la nuova Ferrari 296 GTB (nella foto qui sopra) punta alla leadership del nuovo filone delle “baby” supercar elettrificate. Appena dietro l’abitacolo a due posti secchi scalpita un 3.0 V6 bi-turbo da 663 CV che beneficia della “scossa” di un motore elettrico da 167 CV. Facendo un rapido conto, si ottiene una potenza specifica di 221 CV/l, valore record per un motore a sei cilindri. Sorprendenti anche i numeri relativi alle prestazioni: Oltre 330 km/h di velocità massima, 0-100 km/h in 2,9 secondi e 0-200 in 7,3 secondi.
DOPPIO TURBO, MA NIENTE ELETTRICO. Dice no all’ibrido e punta su una ricetta tutto sommato tradizionale, pur impreziosita da “chicche” derivate dalla moderna Formula 1, la supercar simbolo della rinascita della Maserati. Con la MC20 (nella foto qui sopra), la casa del tridente fa un netto balzo di categoria, riprendendosi il posto che merita nel mondo rarefatto ed esclusivo delle supercar. Le sue carte vincenti? Uno stile “puro” e accattivante e un motore da applausi: il “Nettuno” – questo il nome di battesimo del nuovo V6 bi-turbo da 630 CV costruito nei reparti di viale Ciro Menotti – può vantare un innovativo sistema di combustione a precamera con doppia candela di accensione, una tecnologia appannaggio delle monoposto che animano il Grande Circus.
GALLINA “VECCHIA”… Fa buon brodo. Non c’è forse proverbio più azzeccato per riassumere in una riga la straordinaria capacità dell’Audi R8 (nella foto qui sopra) di far gridare alla meraviglia gli appassionati rimandando fedele a se stessa. Il modello attuale, sulla breccia dal 2015, rinsalda la parentela, piuttosto stretta, con le baby-Lamborghini (quello di prima generazione era basato sulla Gallardo): sotto la “pelle”, quindi, c’è molto della Huracán, e il motore, lo stesso V10 aspirato, ha giusto qualche decina di cavalli in meno. Ovviamente, 540 CV bastano e avanzano per fare la voce grossa e viaggiare a velocità proibite. Per i più incontentabili, c’è la Plus: con 610 CV corre fino a 325 km/h, archiviando la pratica dello 0-100 km/h in 3,2 secondi.
UN TORO VECCHIA SCUOLA. La “piccola” della casa del toro è già un grande classico, forte di una linea che non sembra avvertire il peso degli anni e di una gamma pensata per esaltare tutte le sfumature di un progetto in equilibrio pressoché perfetto tra la pista e la strada. Il V10 aspirato della Lamborghini Huracán (nella foto qui sopra la Tecnica) spinge fortissimo, e lo fa alla vecchia maniera, girando alto e declinando l’aiuto di turbine e motori elettrici. Con il restyling del 2019 le potenze partono da 640 CV, con un’accelerazione da 0 a 100 km/h di 2,8 secondi, da 0 a 200 km/h di 8,8 secondi e una velocità massima di 325 km/h. Che dire, se non che fa tanta tristezza pensare che, tra un po’, auto così probabilmente non ne faranno più.
UN MITO SENZA TEMPO. Non sarà una supercar in senso stretto, d’accordo, ma trovatela voi un’altra coupé 2+2 capace di sfuggire alla morsa del traffico cittadino con la disinvoltura di una city-car e divorare le curve di un passo di montagna come un’auto da corsa. Con una potenza di 650 CV, il sei cilindri boxer da 3.8 litri della Porsche 911 Turbo S (nella foto qui sopra) assicura prestazioni da cardiopalmo: 0-100 km/h in 2,7 secondi e una spinta furibonda fino alla soglia dei 330 km/h. Il tutto magistralmente “confezionato” in un abito che è un marchio di fabbrica da quasi sessant’anni e non passa mai di moda.