LMX Sirex: un capolavoro italiano dimenticato
UNA STORIA POCO CONOSCIUTA. A cavallo tra gli anni ’60 e ’70, prima dai cancelli della Eurostyle di Ivo Barison e poi da quelli della Samas dei fratelli Chiarle, ne sono uscite una cinquantina, forse meno. Oggi ne restano poco più della metà, custodite come reliquie da fini collezionisti, per lo più stranieri. Sulla tanto breve quanto affascinante parabola della LMX Sirex, super sportiva torinese da sogno, plasmata da alcuni dei più grandi artefici del genio automobilistico italiano, da sempre giace un velo di mistero e oblio. A sollevarlo, regalando al pubblico un’occasione per scoprire un capitolo poco conosciuto della nostra storia automobilistica, è una bella mostra al Museo Nazionale dell’Automobile di Torino. In esposizione, fino al prossimo 20 novembre, ci sono cinque splendidi esemplari – tra cui un modello da corsa e una delle sole cinque spider realizzate – più una scocca nuda che è di per sé un capolavoro: essendo realizzata in fibra di vetro a spessore differenziato, non arrugginiva, garantendo inoltre un’insonorizzazione sconosciuta alle vetture tradizionali.
UNO STILE UNICO. Dietro le forme visionarie e controcorrente della LMX Sirex si celano storie di grandi uomini e grandi sogni. Franco Scaglione – autore di capolavori come l’Alfa Romeo 33 Stradale e delle futuristiche B.A.T., esempi illustri di come a volte l’automobile possa davvero diventare un’opera d’arte – disegnò la Sirex con un occhio all’America e l’altro al bello stile italiano, apponendo con esiti straordinari quello che è sempre stato il suo “marchio di fabbrica”, ovvero la capacità unica d’infondere in pari misura grinta e grazia nel corpo di un’automobile. Larga, bassa, muscolosissima, con due grandi fari rettangolari che regalano al muso un carattere dinamico e aggressivo, la LMX Sirex era rivoluzionaria e non aveva niente a che vedere con le sportive dell’epoca. A “innescare” l’idea furono l’imprenditore lombardo Gianni Mandelli e il progettista italo-francese Michel Liprandi, che sognavano una gran turismo diversa da tutte le altre: un vero peccato che sia finita troppo in fretta, accodandosi al destino di tante avventure imprenditoriali italiane, caratterizzate da grandi intuizioni e altrettanto grandi problemi economici.
INNOVATIVA, LEGGERA E POTENTE. Osservando la LMX Sirex non è difficile capire perché le auto disegnate da Scaglione abbiano influenzato lo stile automobilistico per interi decenni. Ma la carica innovativa di questa straordinaria gran turismo italiana, con cui la storia non ha ancora saldato tutti i debiti, non si limita alla sola carrozzeria, sotto la quale si celano soluzioni tecniche all’avanguardia. Ideato da Gioacchino Colombo – il progettista che negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, coi suoi straordinari motori da corsa, ha contribuito alla creazione del mito Alfa Romeo – il telaio è in acciaio scatolato con fori di alleggerimento e pesa appena 74 kg. Non meno innovativo era il motore – volutamente derivato dalla produzione di grande serie per semplificarne la manutenzione e la riparazione. Era il collaudato 2.3 V6 della Ford Taunus RS: non era certo un mostro di potenza con i suoi 126 CV. Ma a dargli lo sprint che meritava, con un’iniezione extra di un centinaio di cavalli, pensò l’ingegnere-pilota Michael May, vecchia conoscenza della Ferrari.