La mobilità elettrica? Ha bisogno dei governi
Le rivoluzioni non si fanno da soli. Almeno quella che apre la strada per la mobilità elettrica per la quale non sembra sufficiente la moltiplicazione dell’offerta di veicoli a basse emissioni e la corsa a farli diventare sempre più dei gadget iper-tecnologici. Anzi, l’industria automotive non sembra poter andare lontano senza il supporto delle autorità pubbliche, che a loro volta, complice anche la Ue, sono le prime a spingere verso questa direzione. Un’ennesima riprova arriva da quanto accaduto appena dopo Pasqua, con il pressing dei produttori sui governi di Italia e Germania. Si tratta di episodi diversi, ma entrambi confermano che non basta essere sexy e innovativi per portare a compimento il traghettamento verso i nuovi paradigmi della mobilità.
TESLA CHIEDE CERTEZZE. Il caso tedesco è il più intricato e interessante, dati anche i protagonisti: da un lato Tesla, dall’altro la burocrazia di Berlino. L’azienda americana ha messo nero su bianco in dieci pagine tutto il suo disappunto per le lentezze autorizzative per il nuovo impianto di Grünheide, nel Brandeburgo vicino Berlino, che in teoria dovrebbe entrare in funzione a fine luglio. Si tratta di una fabbrica da 500 mila auto all’anno, tra cui la Model Y, che dovrebbe produrre anche le celle per le batterie. A mancare sono proprio i certificati di compatibilità ambientale che nel caso non dovessero arrivare, significherebbe per Tesla smantellare tutto e incassare le perdite. Tra le righe, l’azienda americana sembra dire, puntate sull’elettrico, ma poi se uno investe non lo incoraggiate. Anzi, neanche lo capite: “il processo di approvazione – scrivono i dirigenti del’aziende californiana al Tribunale amministrativo del Brandeburgo – per quello che è in effetti un progetto ecologico è ancora lo stesso di una centrale elettrica a carbone“.
E IL CASO ITALIANO? Riguarda il pressing sugli incentivi che le varie associazioni di rappresentanza del mondo auto italiano reclamano a gran forza fino al 2026 per le auto a basso impatto ambientale e che secondo il Centro studi Promotor sono già esauriti per il 2021. In realtà il tema non è tanto o solo il sostegno all’elettrico, ma proprio al sistema nel suo complesso che causa Covid continua a soffrire e che proprio grazie agli aiuti pubblici ha contenuto parzialmente le perdite sia nel 2020, sia a inizio di quest’anno. “È necessario che il Governo affronti subito l’emergenza auto rifinanziando gli incentivi“, scrivono da Promotor. Nei giorni precedenti l’associazione dei costruttori (Unrae) aveva chiesto aiuto al governo per contenere il prezzo dei veicoli elettrici e allo stesso tempo per promuovere la diffusione delle colonnine di ricarica. Insomma, interventi strutturali oltre che di mercato ai quali la filiera da sola non può provvedere, nonostante le iniziative di diversi brand in questo senso a partire da giganti come Volkswagen. Alimento per chi dice che la transizione elettrica è finanziata da tutti, ricchi e poveri, pro e contro, a favore solo di chi può permetterselo. Forse è vero. Ma il mondo dell’auto sta facendo una rivoluzione in gran parte delegata proprio dai decisori pubblici, almeno in Europa. Una rivoluzione che nessuno può far da solo. In Italia, in Germania e anche in California.