La Jaguar E-Type perfetta non esiste? Guardate qua
Anni e anni or sono, prima che i restomod fioccassero come la neve a gennaio, Singer, Alfaholics e Eagle furono tra le prime aziende a scommettere su questa nuova filosofia di costruzione. Singer si dedicò alle 911, Alfaholics alle Alfa Romeo e la Eagle puntò alla E-Type, una delle più affascinanti ed eleganti sportive mai prodotte persino a detta di Enzo Ferrari, uno che non era certo tenere nel giudicare le auto della concorrenza.
BISOGNA SAPERCI FARE. Come migliorare, quindi, un capolavoro del genere? Per quanto arduo, è stato in qualche modo possibile: meno peso, più cavalli, una linea, se possibile, ancora più pulita e componenti moderne per una maggior affidabilità. Win win win. Dopo la Eagle, altre aziende intrapresero quella via: una di queste è la E-Type UK, da decenni specializzata in restauri impeccabili proprio del giaguaro più affascinante del mondo.
DA UNA SPONDA ALL’ALTRA DELL’ATLANTICO. Una delle loro ultime opere è una Jaguar E-Type Series 1 “flat floor” del 1961 restaurata da cima a fondo e – già che c’erano – migliorata. In questo caso non parliamo di un restomod in senso stretto, ma di una monumentale quantità di piccoli affinamenti e migliorie che, sommate, hanno portato a una E-Type del tutto particolare. L’auto fu immediatamente spedita a Porto Rico, i cui abitanti ha deliziato per decenni prima di tornare in Inghilterra ed essere battuta all’asta nel 2019. Il nuovo proprietario ha chiesto alla E-Type UK di darle un tocco più sportivo, quasi da Speedster.
ATTENZIONE: USARE SOLO IN PRESENZA DI SOLE. L’intera auto è stata smontata e denudata fino al telaio, smantellato, sabbiato e curato visto che il periodo in mezzo all’oceano aveva lasciato qualche spiacevole traccia di ruggine. Quattrocento ore di immane lavoro hanno donato alla E-Type nuovi fondi, battitacco, tunnel della trasmissione e svariati altri componenti in lamiera per prepararla alla verniciatura: l’esterno è passato da rosso a un canna di fucile opalescente e ogni pannello è stato allineato e lisciato con una precisione tale da far venire l’emicrania. La guida da sinistra è passata a destra e su richiesta del cliente la capote è stata cestinata (per sempre) così da avvicinarsi il più possibile al concetto di Speedster. Il risultato, semplicemente mozzafiato, sarebbe stato ancora più incredibile abbassando ulteriormente la linea del parabrezza, ma le cose, probabilmente, si sarebbero fatte troppo complicate.
UN RESTAURO COLOSSALE. Con le sospensioni a ruote indipendenti, quattro freni a disco e quel magico sei cilindri in linea sotto il cofano chilometrico, la meccanica della Jaguar E-Type è da leccarsi le dita. Con la cura della E-Type UK, che tra le altre cose ha previsto alberi a camme dal profilo più aggressivo e un albero motore alleggerito, il 3.8 da 265 CV, abbinato a un nuovo cambio a cinque marce, ha guadagnato parecchio brio. Ora la E-Type è meno “vecchia signora” e più “sportiva da strade di montagna”. Insomma, eccitante da vedere e da guidare, una combo dannatamente buona. Il fiore all’occhiello del maxi restauro è rappresentato dagli interni, interamente rivestiti in pelle rossa con cuciture a diamante, imbottitura dei sedili più morbida e portiere apribili con un pulsante posto dietro agli occupanti (anche se le maniglie originali restano). Il monte ore supera quota 3.500, quanto al monte denaro… forse è meglio non chiederselo. Quel che è certo, in ogni caso, è che l’attuale proprietario si godrà ogni singolo chilometro, appollaiato dietro quel muso sconfinato.
911, GTA ed E Type?
Com’è possibile dimenticarsi della Shelby Daytona: l’americana che sfidò la Ferrari.
Il mito americano nato dalla mente di Carroll Shelby, una coupé sportiva sviluppata appositamente per sfidare la supremazia della Ferrari GTO nelle competizioni GT. Caratterizzata da un design aerodinamico estremamente curato da Pete Brock con cofano bassissimo grazie all’assenza degli alberi a camme in testa, coda di Wunibald Kamm e motore V8 Ford 289 per abbassare il baricentro grazie all’albero a camme nel basamento, Bob Negstad progettò sospensioni e telaio?
Tocco a Brock, che dopo aver abbozzato il progetto sul pavimento dell’officina Shelby America, partendo dal telaio roadster schiantatosi alla 24 Ore di Le Mans del 1963, Brock rimosse la carrozzeria e posizionò un sedile e un volante, dispose Ken Miles nell’auto e, usando pezzi di legno e nastro adesivo, progettò l’abitacolo, poi interpose delle forme di legno e, usando queste come guida, realizzò a mano la carrozzeria in alluminio per il telaio.
La Daytona si distinse per la sua stabilità ad alta velocità, per la sua capacità di accelerazione e per aver battuto Ferrari.
Le repliche?
Superformance o Five Racing.