I disegni di Paolo Martin in mostra a Venezia
Dalla sua matita sono nati di getto centinaia di progetti, ma non chiedetegli qual è il suo preferito o quello a cui è legato da un ricordo particolarmente intenso. Paolo Martin (nella foto qui sotto), classe 1943, torinese, ha sempre fatto a cazzotti con etichette, date e ordini precisi di lavoro. Nell’ambiente è famoso soprattutto per aver disegnato macchine che hanno scardinato ogni regola (avete presente la Ferrari Modulo, nella foto qui sopra). Oggetti visionari, a tratti sconvolgenti. Oggetti che all’epoca avevano il sapore magico e misterioso del futuro e ancora oggi, a distanza di decenni, stentano a trovare una collocazione nel tempo. Sarà anche per questo che, a Martin, la definizione di designer va un po’ stretta: “Un conto è tirare le righe su un foglio, un altro è risolvere un problema. Io sono sempre partito da lì. Disegnare una macchina, una stilografica o un riunito odontoiatrico mi ha sempre dato la stessa emozione”.
Per la prima volta da quando, ragazzino in una Torino che esportava in tutto il mondo la cultura italiana di fare automobili, ha cominciato a fissare nero su bianco tutte le idee che gli passavano per la testa, prima per Bertone, poi per Pininfarina e quindi come creativo indipendente, Martin ha deciso di riordinare il suo archivio personale e farne una mostra, che ha intitolato Visions in design. “L’idea di allestirla in un museo, però, mi intristiva un po’ – racconta Martin a Veloce -, mentre mi ha subito attirato la proposta di un amico architetto, Alessandro Sammartini, che ha una casa a Venezia in disuso ma molto affascinante, in un contesto fuori dal comune”.
In totale sono 136 i disegni esposti a Venezia fino a luglio. Che cosa raccontano?
“Direi quasi tutto quello che ho fatto e mi sono divertito a fare nella mia carriera, ma senza seguire un ordine cronologico. Un disegno è come una crisalide che si trasforma in farfalla e ha il potere di riassumere con grande semplicità tutto quello che accade dall’idea al prodotto finito: in mezzo ci sono aziende, un sacco di persone e di problemi, ma alla gente, alla fine, di questo non importa nulla. Forse è più interessante dire che da quasi tutte le tavole in mostra sono nati prototipi e oggetti che poi sono stati prodotti in serie. Penso sia importante, a maggior ragione oggi che chi fa questo mestiere ha perso l’abitudine a disegnare a mano libera. Ti affidi a un computer, d’accordo: ma se si spegne, che succede? Dimentichi tutto?”.
Lei , invece, la matita non l’ha mai messa via. Recentemente ha pure disegnato una scarpa da donna. Com’è andata?
“È stato divertente e, devo dire, anche un po’ strano, perché il primo schizzo l’ho fatto a 10.000 metri d’altezza, seduto in un aereo che mi riportava in Italia da Atlanta. In sostanza, ho concepito un tacco 12 come un mezzo di trasporto. Si chiama Modulos, in omaggio alla Ferrari Modulo, ha un telaio in Ergal e la suola è in fibra di carbonio. Ho cercato di farla il più comoda possibile, ma per la “carrozzeria” mi sono affidato alla stilista Mina Palma D’Ecclesiis, perché la moda femminile non è il mio campo. Per ora posso dire che alle donne che l’hanno vista è piaciuta molto”.
E il pubblico di Venezia, cosa dice delle sue opere?
“La rassegna è privata e le visite, gratuite, vanno su prenotazione. Sicuramente il fatto che a ospitarla sia una casa sull’acqua, a duecento metri dal ponte dell’Accademia, con il mare aperto in fronte, rende tutto molto più affascinante. A Venezia si respira arte ovunque, ma qui la gente è abituata alle bellezze architettoniche, alle maschere, alle opere in vetro di Murano. L’auto, le moto, più in generale i prodotti industriali, qui sono decisamente fuori contesto. È proprio questo il bello…”.
A proposito di moto: pochi forse sanno che lei è stato uno dei primissimi a disegnarle in tutti i loro componenti.
“Sembra incredibile, ma prima del 1972, di fatto, il concetto di stile applicato a una motocicletta non esisteva. Motori a parte, i costruttori compravano tutto, ma proprio tutto, dalle forcelle ai fanali alle selle. Fu con De Tomaso, alla Benelli, che le case cominciarono a farsi tutto in casa”.
Potrebbe sembrare una domanda banale, ma vorremmo sapere che cos’è davvero per lei il disegno.
“Non è così facile da spiegare a parole. Mi piace confrontarlo con un’altra forma d’arte che è la fotografia. Se ci pensiamo bene, una foto, per quanto bella, appena scattata è già in ritardo di qualche decimo di secondo. Il disegno, invece, non ha età, resta vivo nel tempo. Per questo mi emoziona sempre”.
Informazioni utili
“Visions in design”
Ca’Balbi Valier Dorsoduro 866, Canal Grande, Venezia
Prenotazioni visite via mail: info.taistudio@mynet.it
Un ringraziamento particolare a Paolo Martin per averci concesso l’uso dei suoi bozzetti.