Huracán STO o Tecnica? Un dubbio da non dormirci
SOGNI E INCUBI. Il sogno è guidare una Laborghini Huracán, l’incubo sarebbe quello di doverle fare il pieno. In Portogallo, andando da Lisbona a Portimao, il sogno è lungo più di quattro ore, mentre l’incubo non si concretizza. Nella sua commedia “Sogno di una notte di mezza estate”, Shakespeare scriveva “lo scopo dell’arte è di dare forma alla vita”. Parafrasando le sue parole potremmo dire “lo scopo dell’auto è di dare forma alla guida” e la sensazione è che la casa del Toro abbia applicato questa massima alla sua “piccola” supercar, declinata nelle varianti STO e Tecnica. Entrambe sono radicali, ma la prima è più estrema dell’altra, pur condividendo la trazione posteriore, il motore V10 a doppia iniezione da 5,2 litri con 640 CV e 565 Nm di coppia.
STO: IL MASSIMO DELLA CATTIVERIA. Si parte dalla capitale dopo mezzogiorno con l’azzurra STO (acronitmo di Super Trofeo Omologata), l’espressione più aggressiva della Huracán, quella sviluppata per la pista, che schizza da 0 a 100 in 3″ netti e da 0 a 200 in 9″. Però raggiunge “solo” i 310 orari di velocità massima a causa delle appendici aerodinamiche che la schiacciano a terra ma ne ostacolano un po’ l’avanzamento. È alta 1,22 metri e pesa 1339 kg a secco. Non senza qualche contorsione prendiamo posto al volante, all’interno di un abitacolo che esprime sportività in ogni elemento. A cominciare dai comandi di ispirazione aeronautica.
SENSO DI LIBERTÀ. Il sogno è quello di accelerare senza confrontare i limiti ricordati dalla ingenerosa segnaletica stradale con quello che ci ricorda il tachimetro; l’incubo, invece, sarebbe dover fare retromarcia, perché tra spoiler e alettone posteriore sembra di guardare attraverso la finestra di un carcere di massima di sicurezza. Eppure sulla Huracán STO ci sente liberi. E invidiati. Lungo i 12 chilometri del ponte Vasco da Gama, anche per esigenze fotografiche, si viaggia in un piccolo convoglio concedendo agli automobilisti che guidano auto “terrestri” di superare le nostre vetture marziane. Che, infatti, poi facciamo “decollare”.
BAGAGLI? NON SCHERZIAMO. Il sogno è vedere il paesaggio che scorre veloce, a tratti molto veloce; l’incubo sarebbe dover trasportare una valigia: la STO non ha un bagagliaio, ma solo un vano anteriore da 38 litri sotto il cofano in fibra di carbonio, che si apre inserendo ai lati della vettura la chiavetta stampata in 3D a Sant’Agata Bolognese. Dentro ci sta praticamente solo un casco, tanto per far capire la vocazione dell’auto. Il sogno è sentire il rombo pauroso del motore quando si pigia a fondo sul pedale dell’acceleratore, l’incubo è provare a dialogare con chi sta seduto accanto, perché l’insonorizzazione dell’abitacolo è uno dei dettagli ai quali Lamborghini ha considerato superfluo riservare troppa attenzione.
SCOMODA E APPAGANTE. Il sogno è scendere dopo quasi 150 spensierati chilometri e specchiarsi nell’oceano Atlantico mentre la supercar attira la curiosità dei presenti, l’incubo è la consapevolezza che una vettura così è per pochissimi, visto che costa più di 300 mila euro. È incollata all’asfalto, del quale si percepisce qualsiasi imperfezione perché il comfort è un altro degli elementi che non è stato in cima alla lista delle priorità degli ingegneri di Lamborghini. La Huracan STO deve rispondere a ogni sollecitazione, anche piccola, come la “carezza” al pedale dei freni che basta per far rispondere i dischi carboceramici, che la fermano da 100 all’ora solo in 30 metri. Guidare una hypercar così non è comodo e non è nemmeno necessariamente rilassante, ma è straordinariamente bello e appagante.
TECNICA: CATTIVA, NON CATTIVISSIMA. Archiviato il pranzo (meglio essere rimasti leggeri) si riparte, questa volta sdraiati al volante della più “misurata” Huracán Tecnica. Le virgolette sono d’obbligo non soltanto perché questa versione, più libera aerodinamicamente, raggiunge i 325 orari, ma perché in fondo passa da 0 a 100 in appena due decimi in più rispetto alla STO (3″2) e le occorre un decimo in più quando deve arrivare a 200 (9″1). Ma del resto è un po’ più pesante: 1379 kg. e anche la frenata è un po’ meno violenta, perché per fermarsi da 100 km/h le occorrono 32,5 metri. Essendo più da diporto, la Tecnica ha perfino 100 litri di vano bagagli e assicura una visibilità posteriore quasi accettabile, anche se, come la sorella, ha le imprescindibili telecamere per la manovre in retro. Anche se è sempre terribilmente sportiva, la Huracán Tecnica consente di comunicare con l’eventuale passeggero senza avvertire subito disturbi alla laringe. Ed è anche leggermente più accessibile, perché ce la si può portare a casa con 235 mila euro.
TEME IL BUIO. L’incubo è l’ultima parte dell’itinerario con la scalpitante auto verde “ingabbiata” da limiti sempre più restrittivi. Il buio addormenta il traffico e con la Tecnica ci si avventura anche in quota, con tornanti e perfino sterrato. Le strade sono poco illuminate e qui la Lambo evidenzia i limiti dei proiettori, il cui fascio fatica a coprire le curve strettissime. Ma il sogno prende forma il giorno dopo, quando ripercorriamo con la luce del sole gli stessi tratti, poco più che sentieri allargati, e capiamo cosa abbiamo rischiato affrontandoli nell’oscurità con una supercar lunga 4,6 metri e distante dal suolo appena una manciata di centimetri. È talmente confortante che nemmeno lo svogliato sguardo ai consumi (5 chilometri per litro) rovina l’umore. “Lo scopo dell’auto è di dare forma alla guida”: se l’avesse veramente scritto Shakespeare avrebbe ragione da vendere.