Ferrari Purosangue: come è fatta la prima suv di Maranello
GIÙ LA MASCHERA. Eccola qui, finalmente. Dopo anni di ipotesi, indiscrezioni che cominciavano a circolare già quattro anni fa, smentite progressivamente sempre meno decise e conferme ufficiali, la Purosangue si presenta finalmente in carne e ossa. O forse sarebbe meglio dire in alluminio e carbonio.
OLTRE LA “LAMBO”. Si pensava che avrebbe potuto essere un’avversaria della Lamborghini Urus, ma così non sarà, perché si colloca un gradino sopra la suv di Sant’Agata Bolognese per prezzo e motorizzazione. Per avere una Purosangue, infatti, occorreranno non meno di 390 mila euro: 130 mila in più rispetto al listino della versione più cara della “Lambo”. E il motore – noblesse oblige – è il 6500 V12 da 725 CV, il cui fascino è sicuramente più irresistibile rispetto a quello del V8 biturbo di origine Audi della “bolognese”.
AMBIZIONI QUOTIDIANE. Diciamo, però, che l’idea di puntare sulla formula suv per ampliare la platea (leggi: aumentare le vendite) è comune. Con la Urus ha funzionato alla grande e così sarà per la Purosangue. Del resto non era tollerabile che i clienti affezionati del “Cavallino” continuassero a mettersi in garage vetture di altri marchi per risolvere le esigenze di trasporto del quotidiano, nonché della settimana bianca: un obiettivo che la Ferrari aveva già cercato di raggiungere, ma senza i risultati sperati, con la FF prima e con la GTC4Lusso poi.
SUV O NON SUV? A Maranello non sono molto “decoubertiniani” e mostrano un po’ di fastidio quando si parla di “suv” per la loro ultima creatura, perché vorrebbero che non fosse confondibile con altre formule di auto già note, ma la realtà è questa. La Purosangue è la Ferrari più grande mai costruita. È lunga un’inezia meno di 5 metri, ha la trazione integrale, un abitacolo spazioso, il portellone che dà accesso a un bagagliaio degno di questo nome (quasi 500 litri) ed è tenuta ben distante dall’asfalto da cerchi da 22 pollici davanti e da 23 pollici dietro.
STILE ITALIANO. Le forme modellate, muscolose e aggressive, con evidenti richiami a quelle anteriori della Roma, sono opera del centro stile interno governato da Flavio Manzoni, che ha scelto di sviluppare e dare forma alla proposta di Federico Acuto, un giovane designer proveniente dall’Istituto d’Arte Applicata e Design di Torino. La scocca è realizzata con materiali come alluminio e fibra di carbonio (per il tetto) con aggiunte di acciai altoresistenziali nei punti più sollecitati.
LUSSO E PORTE CONTROVENTO. Gli interni sono moderni ed esclusivi. L’abitacolo può ospitare quattro occupanti su poltrone singole e si accede alla zona posteriore tramite portiere motorizzate che si aprono controvento. Per non penalizzare la rigidità della struttura non è stato possibile rinunciare al montante centrale, ma l’accessibilità dietro è decisamente buona. I piani di seduta, comunque, sono piuttosto bassi per un’auto così, com’era nelle intenzioni dei progettisti. Le poltrone sono tutte regolabili elettricamente e possono avere anche la funzione massaggio, mentre il tetto in vetro, che è a richiesta, ha un sistema di oscuramento automatico ottenuto tramite una pellicola elettrocromica (come quello già visto sulla Maserati MC20 Cielo) che ha evitato di ricorrere a una classica tendina che avrebbe ridotto l’abitabilità verticale. Tutte le finiture sono di prim’ordine: la pelle si spreca, così come la fibra di carbonio e altri materiali tecnici. I pannelli delle porte e la plancia possono anche essere rivestiti con una pelle contenente sottili filamenti di rame, che danno un tocco più esclusivo.
PLANCIA FUORI DAGLI SCHEMI. La plancia è originalissima, perché rinuncia a uno schermo centrale, se si eccettua il piccolo monitor tondo abbinato alla rotella che regola l’impianto di climatizzazione quadrizona. Il conducente e il passeggero anteriore, perciò, hanno a disposizione un display ciascuno, rispettivamente da 16” e 10,2”. Lo schermo ricurvo dietro il volante, simile a quello delle Roma e SF90 Stradale, permette a chi guida di tenere sott’occhio tutte le informazioni di marcia, compresi i settaggi impostati tramite il tradizionale “manettino” sul volante e le indicazioni di navigazione. Che arrivano dallo smartphone attraverso le interfacce wireless Apple CarPlay e – questa è una novità per la Ferrari – Android Auto. Quanto agli Adas, la Purosangue offre il cruise control adattativo, la frenata di emergenza, l’allarme per l’abbandono di corsia, il monitoraggio dell’angolo cieco e il controllo di velocità in discesa. Non è una dotazione allo stato dell’arte, ma evidentemente si è preferito rinunciare ai sistemi “invasivi” che influiscono troppo sulla guida.
LA QUADRATURA DEL CERCHIO. Ma il nocciolo della questione era: come combinare le caratteristiche di versatilità, guidabilità e confort di una “vetturona” così con lo spirito Ferrari? Lo vediamo subito. Del motore abbiamo già accennato. È un dodici cilindri a V di 65 gradi di 6,5 litri montato longitudinalmente tra abitacolo e avantreno. Rispetto ai 12 cilindri del passato recente ha la stessa cilindrata, ma cambiano l’albero motore, i profili delle camme, le valvole, i condotti di aspirazione e il software di gestione (che attinge alle esperienze condotte in Formula 1). Ne scaturiscono 725 CV a 7750 giri, con un regime massimo di rotazione di 8250 giri, e 716 Nm, l’80% dei quali è già disponibile a 2100 giri, mentre il picco viene raggiunto a 6250 giri. I collettori di scarico sono tutti di dimensioni uguali per esaltare le prestazioni e la sonorità.
SUPERCAR SENZA SE E SENZA MA. Le prestazioni dichiarate non lasciano spazio a dubbi: oltre 310 km/h di velocità massima, 3,3 secondi per passare da 0 a 100 km/h e 10,6 per arrivare a 200. Mentre il poderoso sistema frenante consente di arrestarsi da 100 km/h in 32,8 metri e in 129 metri dai 200. Per gestire queste prestazioni è stata adottata una soluzione sospensiva più efficace rispetto ai tradizionali sistemi con molle pneumatiche e ammortizzatori attivi: ci sono quattro motori elettrici a 48 volt che fanno variare di pochi millimetri la corsa di ciascuna ruota fino a 15 volte al secondo. In questo modo vengono ridotti i movimenti legati alle sollecitazioni della strada e si ottimizza il contatto col suolo dei pneumatici. Così è stato possibile eliminare sia le barre antirollio, sia gli ammortizzatori magnetoreologici come quelli adottati sulle altre Ferrari. I motori elettrici sono alimentati da una batteria al litio e nelle fasi di compressione riescono addirittura a ricaricarla recuperando energia. Vengono controllati da una centralina che elabora le informazioni provenienti da una decina di sensori che misurano i movimenti di ruote e corpo vettura. E nelle curve impegnate abbassano il baricentro della Purosangue fino a 20 millimetri, migliorando la dinamica di guida.
INTEGRALE NELLA TRADIZIONE FERRARI. Dalle FF e 4GTCLusso, invece, arriva il sistema di trazione integrale. Dal motore parte l’albero che trasmette la potenza al cambio elettroattuato a doppia frizione con 8 rapporti, che è sull’asse posteriore: in questo modo i 2180 kg della Purosangue vengono ripartiti al 49% davanti e al 51% dietro. Un secondo albero, poi, invia una parte della coppia direttamente dal motore, quindi senza passare dal cambio, alle ruote anteriori grazie a una power tranfer unit (PTU) a due rapporti, che cambiano automaticamente, controllata dall’elettronica. Inoltre è stato adottato il sistema di sterzata integrale mutuato dalla 812 Competizione, che angola le ruote posteriori in fase o in controfase con quelle anteriori per aumentare la manovrabilità e la stabilità alle andature elevate.