Dindo Capello: “La 24 Ore di Le Mans? Una gara unica”
IL SIGNORE DEI “QUATTRO ANELLI”. Dai go-kart alla Formula Fiat Abarth, dalla Formula 3 alle gare turismo. La carriera di Rinaldo “Dindo” Capello (leggi qui la nostra intervista) sboccia nella seconda metà degli anni ’70, alimentata da una passione di famiglia (papà Pier Gaspare va matto per le corse e ha un distributore di benzina tappezzato con i poster dei più grandi piloti di Formula 1 di quegli anni) e, stagione dopo stagione, portata avanti scalando le categorie del motorsport con talento e determinazione. Qualità che non sfuggono alla filiale italiana dell’Audi, la quale, nel settembre del 1993, in occasione di una sessione di test all’autodromo di Monza in vista del campionato Italiano di SuperTurismo 1994, ingaggia il ventinovenne pilota astigiano per sostituire l’infortunato Frank Biela. Con la “casa dei quattro anelli” è l’inizio di un sodalizio tuta-casco-amore che, dopo lunghe stagioni di emozioni e successi in pista (nel 1998 vince il titolo italiano SuperT con la A4; nel 2004 con la R8 Sport e nel 2008 con la R10 TDI la 24 Ore di Le Mans), oggi prosegue con “Dindo” in veste di presidente di quattro concessionarie ufficiali del marchio di Ingolstadt ad Alessandria, Alba, Asti e Borgo San Dalmazzo (CN).
24 ORE SEMPRE AL MASSIMO. Al recente AutoLook Week di Torino, Capello, vero beniamino degli tifosi piemontesi e italiani, ha incontrato il pubblico per un appassionante talk centrato sulla sua lunga e prolifica esperienza nella 24 Ore di Le Mans. “All’inizio pensavo fosse una competizione per piloti molto esperti e a fine carriera – ha confessato il pilota classe ’64, intervistato dal presidente della manifestazione Andrea Levy di fronte all’Audi R15 TDI con cui ha corso nella gara di durata più famosa del mondo nel 2009 – ma non ho impiegato molto a rendermi conto che si trattava di una corsa davvero unica nel suo genere, praticamente una gara sprint che dura 24 ore e nella quale bisogna spingere al massimo dall’inizio alla fine”. Capello ha vinto a Le Mans nel 2003 con la Bentley Speed 8, che di fatto era un’Audi travestita, e nel 2004 e 2008 con le Audi R8 e R10 TDI e, comunque, tra il 1998 e il 2012 è salito dieci volte sul podio. Secondo lui questa gara è una maratona all’insegna della velocità, a 220 km/h di media e con una percorrenza in chilometri, dalle 15 del sabato alle 15 della domenica, pari a quella di tutti i Gran Premi di una stagione di Formula 1.
ADRENALINA E TENSIONE A MILLE. “A seconda della strategia, il cambio piloti avviene ogni due, massimo tre ore e mezza. Dormire? Sarebbe la cosa migliore da fare ogni volta che si può – spiega Capello – ma l’adrenalina e lo stress, oltre al timore che al proprio compagno di squadra possa accadere un incidente o di rompere qualcosa, impediscono quasi sempre di addormentarsi. Dopo un breve briefing con gli ingegneri e una seduta di fisioterapia per rilassare i muscoli, comunque, si cerca di riposare il più possibile, questo sì, ma prendere sonno rimane difficile persino nel cuore della notte, nonostante la sveglia, il giorno della partenza, squilli all’alba”. La stessa tensione, per forza di cose, durante le 24 ore della corsa si respira anche ai box. Anche se rispetto alla Formula 1, chiosa Capello, i pit-stop, visti i rifornimenti di carburante un po’ più lunghi e la presenza pressoché costante di 50 macchine in pista, “sono un po’ più lenti”. Naturalmente si fa per dire, perché “da quando un pilota salta fuori dalla macchina a quando ci si infila il suo compagno, pronto a ripartire, trascorrono in media una dozzina di secondi”.
DOMINARE COL DIESEL: UNA SFIDA VINTA. Capello ha ottenuto la sua terza vittoria sul celebre Circuit de la Sarthe con l’Audi R10 con motore diesel: “Quando annunciamo che nel 2006 avremmo corso con la R10 TDI in America si misero a ridere – ricorda il pilota piemontese – ma il tempo e la storia ci hanno dato ragione. Vincere la 24 Ore di Le Mans con una macchina alimentata a gasolio è una delle dimostrazioni che l’Audi è davvero una casa automobilistica all’avanguardia. Ma si potrebbero fare molti altri esempi, come l’introduzione delle quattro ruote motrici nei rally. O, ancora, le vittorie nel DTM nel 1990 e 1991: la V8, così grossa e pesante, era data da tutti per spacciata nel confronto con la Mercedes 190 e la BMW M3. E invece…”.
DALLA PISTA ALLA STRADA. Oggi che, almeno a livello agonistico, Capello ha appeso il casco al chiodo, ripercorrere i suoi trascorsi di pilota da corsa è per lui un viaggio nel tempo denso di ricordi ed emozioni. “Con l’Audi ho avuto una carriera molto lunga. La prima con la quale ho corso è stata l’Audi 80, l’ultima la R18 e-tron: oggi è incredibile ripensare a tutti i passaggi che hanno scandito un salto tecnologico così importante”. Il futuro dei motori da competizione? Il pilota astigiano non ha dubbi: “Stiamo assistendo all’affermazione di motori molto diversi rispetto al passato. Sono sempre più piccoli, sempre più potenti e consumano sempre meno. Se una volta un motore di Formula 1 era studiato per durare 300 chilometri, si rompeva dieci chilometri dopo, mentre oggi con tre e quattro motori i team devono riuscire ad affrontare un’intera stagione”. Ma il ruolo delle corse nell’industria automobilistica, al netto di un progresso tecnologico che corre sempre più veloce, sarà sempre lo stesso: “Le gare rimarranno una palestra insostituibile per lo sviluppo di vetture di serie sempre più efficienti e sicure. Penso per esempio ai fari laser con cui sono equipaggiate le Audi di oggi. Li usammo per la prima volta a Le Mans nel 2012: il fascio di luce che emettevano era impressionante, con una portata fino a mille metri”.