Come sopravvivere al weekend/12. A caccia di auto su Instagram
ALFISTI NELLA BUONA E NELLA CATTIVA SORTE. Ilya e Nikita Bridan sono due designer californiani – gemelli –. Complice un periodo di studio in Italia i ragazzi si innamorano del Belpaese e di tutto quello che lo rappresenta, come l’Alfa Romeo. Tornati a casa si comprano quindi una bella 105 GTV del 1974 e si vanno ad aggiungere alla schiera di alfisti a stelle e strisce. La vita però riserva sorprese e durante un trasporto la bella coupé di Arese cade malamente da un carro attrezzi e viene danneggiata in più punti. A questo punto il mondo si divide in due: salatissimo restauro a regola d’arte (tornerà mai come prima?) o cannibalizzazione dei pezzi buoni e rottamazione. Per fortuna la vita non è tutta bianca o nera, i gemelli vanno all-in e nasce la Dropped Alfa, un bizzarro – ma oggettivamente bellissimo – veicolo rialzato da Safari, ispirato alle Porsche da off road da cui ha preso spunto anche RUF per la Rodeo. È una macchina apparentemente insensata e qualche vecchio meccanico del Portello si brucerebbe la retina solo a guardarla, ma in una parola è semplicemente figa. Perché non di soli raduni con il pranzo finale è fatto il mondo delle storiche.
@dropped_alfa
PER ELISA. Ciao, sono Elise, Lotus Elise. Si presenta così quella che probabilmente è la più titolata ambassador automotive sulla faccia della terra. Elisa è nipote di Romando Artioli, che oltre ad aver salvato qualche decennio fa Bugatti dall’oblio ha risollevato Lotus con un modello, la Elise appunto, che è diventata un fenomeno di costume automobilistico o – forse rende meglio l’idea – una specie di culto religioso. Ed Elisa, che al modello ha dato il nome quando era accora una bambina, guida la sua (ma non solo) in giro per il mondo, accolta come una celebrity a cui viene chiesto di farsi selfie con gli altri owner e di firmare foto, alette parasole e magliette. Qualcuno direbbe come il Papa, ma qui di parate a passo d’uomo non se ne parla proprio. Certo, nella vita ci sono anche i compromessi: qualche volta deve scendere dall’amata Lotus e salire sull’altra gioia del nonno, la Bugatti EB 110.
@iamlotuselise
GIOVANI GARAGISTI CON L’OCCHIO LUNGO. JR e suo fratello sono i classici millenials americani maneggioni, quelli che fanno cose troppo eclatanti e si guadagnano consenso sui social. Cosa li rende particolari? La quantità di auto che comprano e vendono per i loro video, qualche volta spendendo un sacco di soldi (ma togliendosi la soddisfazione di andare a 17 anni a scuola con una Aventador), in altri casi comprando macchine interessanti ma con problemi risolvere e facendo un affare, come quella volta che per 500 dollari si sono presi all’asta una Porsche Boxter che aveva poco la batteria scarica. Qualcuno li critica e li vede come dei figli di papà annoiati che viaggiano in jet privato (per i quali hanno un altro canale su Youtube), a noi piace concentrarci sul fatto che loro possono passare i pomeriggi a montare uno scarico bello tamarro su una F355.
@jrgarage
MINI-ME. Spesso la felicità si nasconde nelle piccole cose, che ancor più spesso hanno una patina di leggenda più forte di oggetti più lussuosi o elitari. Nell’automobilismo questa sensazione ha un nome: Mini. La Mini classica, quella di Issigonis, è un oggetto che va oltre il gusto personale. Simbolo di un’epoca, amata da ricconi e poveracci, comoda in città ma tosta nei rally. Marco Li, un giovane designer canadese, lo ha scoperto da tempo e quindi si gode la sua piccola inglese palesemente ispirata alle storiche trionfatrici del Rally di Montecarlo. E’ uno dei compagni di marachelle della Steveston Motor Co, che tra le specialità della casa ha lo swap dei tranquilli motori originali BMC con dei nervosissimi Honda VTEC. Yes, please.
@minidemarco
LE FERRARI BRUTALIZZATE DI MITCH. Mitchell T. Button è – per sua stessa ammissione – uno fissato con gli oggetti da collezione. Le auto sono in cima alla lista, ma c’è un piccolo problema. Il nostro eroe ama distinguersi e si macchia di reati gravi come quello di trasformare le Ferrari F328 con appendici aerodinamiche qualche volta discutibili, assetti rasoterra con camber che non vedresti nemmeno a un car meet a Tokyo e cerchi che ricordano i bei tempi di Pimp My Ride. Anche se ai car show negli USA le sue auto hanno fatto furore, a Maranello probabilmente non lo farebbero entrare al bar neppure per un caffè. Poi però trova il modo di farsi perdonare, magari andando a prendere un Caramel Frappuccino da Starbucks con uno Steyr-Puch Haflinger ex militare. Esagerato, estremo. In una parola: adorabile.
@button_built
IL GIRO DEI BAR IN TVR. Avete presente le TVR, quelle sportive inglesi in vetroresina dalla coppia ignorante, tristemente consegnate alla storia nella seconda metà degli anni duemila? Un ragazzo ne ha presa una per farci il giro dei bar. Quelli delle regioni rurali del Cile per l’esattezza, qualcosa come quarantatremila chilometri con una macchina pensata per i trackday. È solo l’ultima avventura di Pub2Pub, il progetto di Ben Coombs che prima del Cile lo ha portato in Africa con una Porsche e in Asia con una Corvette. Un mix di dietro le quinte sui preparativi pre-partenza, riparazioni lungo la strada, bei panorami e car spotting; quel genere di cose che rende la gente invidiosa attraverso gli schermi degli smartphone, magari dal bar del paese.
@pub2pub_ben