Come batte forte il cuore, al Goodwood Revival
Ci sono poche certezze nella vita e una di queste, per chi ama i motori da corsa del passato, è che niente è come ammirarli e sentirli ruggire al Goodwood Revival. Noi di Veloce ci siamo stati per la prima volta quest’anno, con le Clarks impantanate e il fondo dei calzoni punteggiato di macchioline di fango. Tre giorni di pioggia quasi incessante, a tratti fitta e intensa, intervallata da timidi sprazzi di sole: gli habitué dicono che tanta acqua così, in 72 ore, non era mai caduta, ma la verità è che in Inghilterra il maltempo non fa notizia. Fa parte del “pacchetto”, e non cambia la routine e le abitudini delle persone.
BATTAGLIA VERA IN PISTA. Del diluvio non si sono preoccupati più di tanto neppure i piloti, men che meno i professionisti, che a Goodwood si sfidano a colpi di controsterzo in vari trofei al volante di bolidi costruiti non oltre il 1966, anno in cui il circuito di 3830 metri che si snoda nel verde intenso della sconfinata tenuta del Duca di Richmond ospitò l’ultima gara, per poi riaprire i cancelli solo nel 1998, proprio per la prima edizione del Revival. Chi non lo sa, potrebbe pensare che si tratti di una “semplice” rievocazione storica, e in un certo senso è così, ma lo spirito è ben diverso da quello di un tranquillo ritrovo di auto d’epoca: in pista, qui, si fa sul serio, e per accorgersene basta assistere anche a un solo giro di una qualsiasi delle tantissime gare che si susseguono praticamente senza sosta tra l’una e l’altra.
DAVIDE CONTRO GOLIA. Una delle più accese e combattute, puntualmente, è il St. Mary’s Trophy, in cui a sfidarsi sono le versioni da corsa di auto un tempo molto diffuse sulle nostre strade e su quelle americane. Così, capita di veder sgomitare fianco a fianco, con un genuino sentimento d’apprensione nei confronti della prima, una minuscola utilitaria come la Mini, imprendibile sul bagnato grazie al peso ridotto e alla trazione anteriore, e una pantagruelica coupé come la Ford Galaxie 500, in netto vantaggio, col suo potente motore V8, nei lunghi rettilinei e nei curvoni più veloci. Ad aggiungere una sana manciata di pepe pensano le agili e grintosissime Ford-Lotus Cortina e Alfa Romeo Giulia Sprint GTA. E proprio a un’Alfa è andata la vittoria nella gara del sabato, quella in cui i proprietari affidano le loro vetture a piloti professionisti, con Frank Stippler, fresco vincitore della 24 Ore del Nürburgring, bravissimo a bruciare le Mini in partenza e a tenere a bada un Jack Hill davvero scatenato al volante della sua feroce Plymouth Barracuda.
IL MEGLIO DEL MEGLIO, A PIENI GIRI. Emozioni a fior di pelle anche nel trofeo dedicato a Stirling Moss che, poco prima del tramonto, ha chiuso la giornata di sabato. La gara, riservata alle GT pre-1963, è stata dominata dalla Aston Martin DB4GT di Jimmy Johnson (da manuale il suo primo giro, che ha concluso davanti a tutti) e Dario Franchitti (tre volte vincitore della 500 Miglia di Indianapolis e quattro volte campione della Indy Racing League), ma, risultato finale a parte, quando altro capita di vedere, tutti insieme e coi motori a pieni giri, gioielli che hanno illuminato l’epoca d’oro delle corse come la Jaguar E-Type, le AC e Shelby Cobra, la Ferrari 250 GT SWB (delle tre in gara, una era guidata da Tom Kristensen, il pilota più vincente nella storia della 24 Ore di Le Mans), l’Austin Healey e la Chevrolet Corvette?
CI LASCI UN PEZZO DI CUORE. Ma il Goodwood Revival non è un luogo per soli impallinati di motorsport; di quelli che, per intenderci, nelle brevi pause tra una gara e l’altra si scapicollano ai box, dove i meccanici scaldano i motori prima della partenza e si prendono cura delle auto dopo le battaglie in pista. L’anima di questa “tre giorni” da sogno nel paradiso terrestre dei motori da corsa di una volta è anche in tante altre cose. Per esempio, nei discorsi e nei sorrisi di chi, molto diligentemente (e sono la maggior parte), sceglie di vestirsi in tono con il contesto, con coppole e panama, giacche di tweed, cravatte anni ’40, abiti a fiori e fiocchi, guanti e cappelli da cocktail in velluto e velo a rete. E tra un passo di swing e le giostre coi cavallini di legno piene di luci, è così bello e romantico saltare indietro nel tempo e sfuggire alle trappole della modernità.
Foto di Jordan Butters, Davide Guglielmin, Alberto Amedeo Isidoro, Rolex, Pete Summers, Toby Whales
Troppo belle le auto del secolo scorso! Quelle di adesso in confronto sembrano scatolette anonime e sgraziate. Sarà anche per questo che ne vendono meno?