Aston Martin in Formula 1: ritorno con eleganza
Benvenuta Aston Martin in Formula 1, o meglio, bentornata! Se pensiamo alla storia sportiva della Casa di Gaydon subito ci vengono in mente i successi nelle competizioni GT e i trionfi a Le Mans, ma quella di quest’anno non è la prima volta che Aston Martin approda in Formula 1: a cavallo tra il 1959 e il 1960 la monoposto DBR4 sfoggiò il famoso racing green in cinque diversi GP, pilotata da niente di meno di Carroll Shelby e di Roy Salvadori (vincitore proprio nel ’59 della 24 Ore di Le Mans con Aston Martin). E a 61 anni di distanza sarà ancora una volta quella tonalità di verde a contraddistinguere le monoposto inglesi.
VERDE E BIANCO. Impossibile immaginare di replicare lo stile dell’antenata al giorno d’oggi con le ‘mille diavolerie’ aerodinamiche delle monoposto moderne, ma le Aston Martin Cognizant AMR21 si fanno immediatamente distinguere per una livrea molto più elegante della norma, con l’abbinamento di soli due colori per tutta la carrozzeria: il verde inglese, appunto, e il bianco, utilizzato per tutti gli sponsor della scuderia. Lo stesso vale per i piloti, Lance Stroll e Sebastian Vettel, vestiti di verde da punta ai piedi con pochi sponsor ‘giusti’ anche questa volta completamente in bianco e muniti dell’immancabile cronografo al polso, per l’occasione firmato Girard-Perregaux. Poche le novità tecniche delle monoposto, come del resto vale per tutte le vetture in griglia quest’anno. L’Aston Martin AMR21 utilizzerà un’evoluzione dalla meccanica della Racing Point dello scorso anno, spinta dal propulsore di origine Mercedes.
L’evoluzione della Formula 1 non esiste. Da anni stiamo assistendo a un’involuzione che rende impossibile quelle rivoluzioni tecniche alla Chapman che costellavamo l’epoca stellare della Formula 1.
Il motivo è semplice: il regolamento tecnico.
Il colpevole: la FIA Federazione Internazionale dell’Automobile.
Anni fa le regole tecniche erano un’ampia cornice dove spaziava l’estro creativo dei progettisti più geniali ed intuitivi.
Oggi l’importanza e l’esorbitanza dei budget dei team di Formula 1 deve necessariamente dipendere dagli introiti dei diritti televisivi e la FIA ha dovuto restringere sempre di più le regole tecniche per assicurare un confronto più serrato al fine di assicurarsi un maggior numero di spettatori. Ma ha ampliamente fallito. E il motivo lo conosciamo tutti.
Nessun costruttore o team che dipenda da altrui powerunit ha il coraggio di rischiare di intraprendere una nuova ricerca e provare anche un solo nuovo concetto tecnico perché qualsiasi riduzione di prestazione comporterà una penalizzazione finanziaria insostenibile.
Completa il quadro fallimentare la figura dell’ingegnere che affina la ricerca aerodinamica ed elettronica, così come indirizzate dal regolamento e non è più in grado di inventare un nuovo rivoluzionario concetto tecnico.
Abbiamo la Mercedes d’Inghilterra e le Guardiaspalle: McLaren, Aston Martin e a chiudere la compagine Williams.
Abbiamo la rossa decaduta e chi l’accompagna per ovvi motivi.
Abbiamo una Red Bull orfana di Honda con una powerunit che mai sarà all’altezza.
Possiamo solo sperare nei cugini d’oltralpe e in Luca De Meo.