Alfa Romeo, che spettacolo a Monza…
560 BISCIONI. Tante, tantissime Alfa d’epoca e moderne, per srotolare, sull’asfalto del circuito più veloce del mondo, un filo invisibile che racconta due grandi storie: i sessant’anni dell’Autodelta, cioè il mitico reparto corse della casa milanese, e i cento dalla nascita del Quadrifoglio, emblema per eccellenza delle vetture da competizione e di quelle stradali dal carattere più sportivo. A radunarle, domenica 16 aprile, in una limpidissima e assolata domenica tra i cordoli dell’autodromo di Monza, dove l’Alfa ha costruito un buon pezzo della sua lunga e gloriosa storia, è stata la Scuderia del Portello, con il supporto del Registro Italiano Alfa Romeo.
SPETTACOLO IN PISTA. I soci di entrambi i club a Monza hanno portato pezzi di valore assoluto, auto che in passato hanno corso sul serio, come le Giulia TZ, TZ2 e Sprint GTA, e che ieri si sono concesse una sgambata nel territorio a loro più congeniale: la pista. Il tracciato di Monza, fatto di interminabili rettilinei interrotti da brusche chicane e varianti insidiosissime, con il metro di oggi richiederebbe ben più dei cavalli messi in campo dai vecchi “bialbero” Alfa Romeo, che ammontano nella migliore delle ipotesi a poco più di 200 e poco o nulla possono al cospetto delle più moderne 4C e delle versioni ad alte prestazioni dell’attuale Giulia, la Quadrifoglio e le GTA e GTAm. Poco male, però, poiché l’obiettivo non era andare a caccia del giro più veloce, ma portare in pista, raccontandolo agli appassionati, assiepati a centinaia sulle tribune, il mito di quelle auto così uniche nel generare emozioni.
E C’ERA ANCHE IL BOSS. E il raduno monzese ha avuto anche una sorta di riconoscimento ufficiale, poiché è intervenuto anche il grande capo dell’Alfa Jean-Philippe Imparato, che oltre ad essere il CEO del marchio è da sempre anche un grande appassionato di “Biscioni” e quindi è perfettamente consapevole di quanto i legami con la tradizione siano importanti per portare il pubblico anche sui modelli di oggi.
PEZZI RARI O STRANI. In pista si sono alternate parate dal carattere più “turistico”, riservate a chi, a Monza, aveva deciso di andarci senza il pallino della pole position, e turni a ritmi ben più sostenuti, riservati ai piloti delle vetture da corsa. Le quali, avvolte dal rombo potente dei loro motori, che tra gli alberi secolari del parco di Monza ha risuonato ininterrotto dal mattino al tramonto, hanno regalato uno spettacolo di quelli che nessuno vorrebbe farsi raccontare. Ma lo show è stato di quelli che non si dimenticano anche nei paddock e nello sterminato spiazzo di cemento di fronte all’ingresso dell’autodromo. Chissà, per esempio, quando ricapiterà di rivedere una accanto all’altra sette-otto Giulietta Turbodelta, una “belva” da 170 CV che nel 1983 il reparto corse dell’Alfa ha allestito in appena 361 esemplari. Per non parlare delle, talvolta forse un po’ troppo “ardite”, elaborazioni fatte in casa, come il trapianto di cuore subito dall’Alfetta di un appassionato, privata del suo 2.0 aspirato e ringalluzzita con quello, turbo, di una più recente Alfa 75.
E PEZZI UNICI. In una giornata così, con un pieno di Alfa da togliere il fiato, trovare la fatidica ciliegina sulla torta non è stata una cosa semplice. Nascosta in un mare di “pezzi da novanta”, la regina dello show è spuntata all’ultimo, poco prima che l’allegra carovana delle Alfa lasciasse il circuito. Gialla, vagamente somigliante a una Giulietta Sprint anni ’50, deve il suo nome, Giulietta “Goccia”, alla forma estremamente affusolata della coda. Disegnata da Giovanni Michelotti e costruita in unico esemplare nel 1961, monta il classico bialbero Alfa Romeo con due carburatori a doppio corpo, ma modificato dalle sapienti mani di Virgilio Conrero, il preparatore delle Alfa da corsa di maggior successo dell’era pre-Autodelta. Da quel raro connubio di talenti italiani nacque quest’auto che divenne la “1300” di serie più veloce al mondo e che il pilota Francesco de Leonibus, una volta, riuscì a spingere fino ai 222 km/h. Un record in una storia da record.