Addio Stirling Moss, campione senza alloro

Addio Stirling Moss, campione senza alloro

Il mondo dei motori perde un protagonista, che tuttavia ci lascia ben più di qualche fotografia o di qualche monumento a suo nome. Un campione di razza che nonostante un palmares di vittorie esagerato non raggiunse mai il titolo iridato.

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TRA I GRANDI DELLA FORMULA 1, MAI IL TITOLO. Da molti definito il re senza corona del circo iridato, Stirling Moss è il pilota che ha vinto il maggior numero di gran premi senza aver mai portato a casa il mondiale: Vinse 16 Grand Prix e andò a podio 24 volte in 66 partecipazioni. Ci arrivò molto vicino ogni anno tra il 1955 e il 1958; proprio in quell’anno – da gentiluomo – si batté per far reintegrare un risultato di Hawthorn su cui pendeva una squalifica e arrivò secondo anche quella volta per un punto, proprio dietro al pilota della Ferrari. Ci ha provato ancora fino al 1961 e probabilmente ci sarebbe anche riuscito negli anni a venire, ma un incidente gli sbarrò la strada.

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VINCENTE, ANCHE NELLE ALTRE COMPETIZIONI. Se ne va alla vigilia del Lunedì di Pasqua, con inconsapevole british humor. Fu proprio nel weekend di Pasqua del 1962 infatti che a Goodwood durante un sorpasso a Graham Hill un tragico incidente con una Lotus V8 pose fine alla sua carriera di pilota di F1, anche se formalmente non si ritirò mai. Disse infatti addio alla massima serie ma non alle corse, che continuò a frequentare con grandi risultati e con il rispetto di tutto il mondo dei motori.  Al di fuori delle gare di Formula, la più grande soddisfazione fu sicuramente la vittoria alla Mille Miglia del 1955, che chiuse davanti a tutti con una Mercedes 300 SLR in 10 ore, 7 minuti e 48 secondi.

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NAZIONALISTA DENTRO, FURONO LE TEDESCHE A DARGLI LA GIOIA PIÙ GRANDE. Corse con tante vetture tra cui Cooper, HMW, Mercedes, Vanwall, Audi, Maserati, Lotus e Jaguar. Una volta nel 1968 fu anche al volante di una Fulvia HF per la 84 Ore del Nurburgring e persino di una Talbot-Sunbeam al Rally di Montecarlo del 1952 dove arrivò, manco a dirlo, secondo. Non fu mai tentato dalle Ferrari e nonostante sia perennemente celebrato per la sua vittoria su una barchetta di Stoccarda professò sempre l’amore incondizionato per le vetture inglesi sugli altri marchi. Preferiva prendere qualche batosta su auto con l’Union Jack sulla fiancata che stravincere a bordo delle italiane e delle tedesche. Forse questa è l’unica punta di eccentricità in una carriera perseguita con rigore militare, a cui il successo arrise con maggior forza proprio sulle vetture straniere.

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IL PRIMO PILOTA PROFESSIONISTA DELLA STORIA. Si guarda a Moss come al primo vero pilota professionista, a colui che ha dato il via ad una evoluzione dei costumi che ha visto gradualmente scomparire i gentlemen driver col cuore che batteva per i motori ma che vivevano d’altro a favore dei piloti di professione, a caccia di un ingaggio per la stagione che permettesse di mantenere la famiglia e sistemarsi per la vita. Un approccio ancora lontano dal mondo degli sponsor dei tempi moderni ma già più strutturato, nel bene e nel male, che in larga parte dobbiamo proprio a Stirling Moss. Sapeva spingere più di tanti altri, ma non fu mai un pilota sconsiderato. Fatalista quanto basta, cercava sempre di stare al di qua del limite, sicuro delle proprie capacità. Certo il cedimento meccanico era sempre in agguato, ma sapeva ridurre i rischi al minimo indispensabile. Tutti se lo ricordano negli Anni ’50 al volante di una Mercedes alla Mille Miglia, a noi di Veloce però piace celebrarlo mentre mette alla frusta una Audi 80 nel Campionato Inglese Turismo, qualcosa certamente più vicino ai giorni nostri (se ci pensate il suo compagno di squadra era Martin Brundle, pilota che qualche anno dopo fini persino sulla copertina di un videogame) rispetto alle monoposto di Fangio, Farina e Trintignant.È proprio questo sapersi sempre reinventare di Stirling Moss che ci strappa un sorriso nonostante la tristezza per il suo ultimo giro. Nel tempo è sempre stato una voce autorevole nel paddock, che si trattasse di dare qualche consiglio a Lewis Hamilton durante un GP o commentare il giro di una Osca (guidata da lui stesso) al Festival of Speed. Una voce sempre accompagnata da due occhi vispi e sognanti, gli stessi di quella vecchia fotografia degli Anni ’50 dove lo vedi stanco subito dopo una gara e con il segno degli occhialoni e dello sporco sul viso. Godspeed, Sir Moss, noi continueremo a spingere in tuo onore anche in quei tratti noiosi tra due curve che a te piacevano un po’ meno.

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