Supra, dedicata a chi capisce (ancora) le coupé
Mi è sempre piaciuta una cosa in particolare delle sportive giapponesi: come sono messe a punto. Alle nostre latitudini siamo abituati al fatto che quando un’auto è sportiva deve pure essere rigida. Ecco perché ci meravigliamo quando una macchina ad alte prestazioni assorbe bene le buche, come nel caso della Supra. Ma la capacità di incassar bene i colpi e comportarsi in modo sportivo fra le curve dovrebbero convivere; e questo è noto a chi produce e vende auto con un fine tuning dinamico basato su componenti di qualità e… ai giapponesi. Come tradizione, anche questa Toyota Supra è una gran bella sportiva che, in più, sa comportarsi da vera gran turismo. Ha un comportamento progressivo (quindi intuitivo e facile da controllare) nella guida tirata in pista, e ‘mangia’ volentieri le alte frequenze nella guida di tutti i giorni. Ciò significa che, con tutti i limiti di una stradale, sa farti gustare qualche giro tra i cordoli o godere una bella schilometrata senza farti rimpiangere una berlina.
COMMISTIONI. Sono partito con questa considerazione perché la Supra è indubitabilmente una bella macchina: sa farsi notare, e anche bene. Però è difficile restare inebetiti dalla bellezza degli interni della Supra: per quanto non siano niente male, il link con quelli della BMW è palese. Non sono tra coloro che ha messo una una croce addosso alla Toyota per aver riproposto il mood della Z4 (come sapete la piattaforma è comune), tendo a considerare – piuttosto – i suoi interni una commodity, un’opportunità colta dai giapponesi all’interno di quel quadro più ampio che è lo scambio tecnologico tra BMW e Toyota di cui, in questo caso, la Supra è protagonista. Parlo di commodity perché non è con una bella plancia o un bel cruscotto che ingegneri e designer della Toyota ci avrebbero fatto gridare al miracolo; e poi l’infotainment della BMW è tra i migliori e non è male ritrovarselo qui: funziona tutto in modo egregio. Sulla falsariga di questo ragionamento, parlo subito del suo powertrain, sempre di origine BMW. La Supra è deliziosa, anche in questo senso. Il pedale dell’acceleratore è perfettamente collegato alle tue intenzioni: questo, quando guidi per goderti la trazione posteriore, si traduce in una istantaneità di risposta al comando; atteggiamento utile a giocare per davvero tra le curve. Anche la Supra ha quell’effetto elastico tipico delle accelerazioni e delle decelerazioni delle BMW, ma qui il lavoro puntuale dell’acceleratore non è male nel misto. Per niente.
CALAMITICA. Dopo averla guidata in pista (divertentissima, qui il gadget by Gazoo Racing per analizzare la guida), in città (abbastanza comoda) e in viaggio (comoda) ho capito che il suo valore aggiunto è il fatto che abbia carattere: questo emerge dalla saggezza di alcune scelte (l’assetto, la plancia e l’infotainment di cui abbiamo appena parlato) in contrapposizione alla forza di certe altre. Come per esempio il design. In molti casi ho visto gente che si scapicolla per guardarla. Non è una cosa comune di questi tempi, come sapete. L’altro esempio da annoverare tra le ‘scelte coraggiose’ è il fatto di aver optato per la soluzione dei due posti secchi: non è una scelta di ‘continuità’ rispetto alle versioni che furono (semmai lo è nei confronti della Toyota 2000GT, che però non ha mai fatto parte della stirpe Supra), che difatti due posti – di emergenza o non che fossero – li avevano. Questo ti obbliga a un utilizzo più ‘intimo’ della Supra, dettaglio che la rende una vera e propria compagna di vita.
UN PO’ DI SCHEDEDA TECNICA. Come abbiamo capito, la Supra è una coupé a due porte e due posti di impostazione classica; sotto al cofano anteriore è montato longitudinalmente (come tradizione BMW, ma pure per una Supra) il 3.0 a sei cilindri in linea B58 con un solo turbocompressore di tipo twin-scroll: ha 340 cavalli tra 5000 e 65000 giri e 500 Nm di coppia massima disponibili a partire da 1600 giri (fino a 4500 giri). La potenza va alle ruote dietro attraverso il cambio automatico con convertitore di coppia (otto rapporti) e un differenziale autobloccante a controllo elettronico che ripartisce la coppia tra le ruote. La nuova Toyota Supra non è un peso piuma, ma ferma comunque la lancetta della bilancia a quota 1495 kg; chilogrammi, peraltro, ben distribuiti visto che il peso è distribuito fifty-fifty tra gli assi. L’impianto frenante prevede dischi autoventilanti da 348 mm davanti (con pinze a quattro pistoncini) e da 345 mm sempre autoventilanti (con pinze a mono pompante). Le sospensioni sono di tipo MacPherson a doppio giunto davanti e a cinque bracci dietro mentre gli ammortizzatori sono a controllo elettronico. I dati di accelerazione e velocità massima dichiarati parlano di uno 0 a 100 all’ora in 4”3 e una punta massima di 250 km/h.
OLD/NEW SCHOOL. Le proporzioni della nuova Supra sono da coupé vecchia scuola con l’abitacolo spostato verso il posteriore tronco e il cofano lungo e dominante. Questo comporta una posizione di guida bassa e distesa, certo, ma soprattutto quella bella sensazione, mentre guidi, che tutto stia accadendo sotto di te: per questo la sua guida è appagante visto che restituisce molto di quanto accade alla scocca direttamente… sotto il sedere. Il design s’ispira a quello della concept FT-1 presentata all’inizio del 2014; il frontale si rifà ai ‘musetti’ delle monoposto di Formula 1, mentre i fari a led richiamano (almeno nelle intenzioni dei designer) quelli della Supra degli anni ’90; ma i dettagli originali non finiscono qui: dai parafanghi anteriori bombati si passa alle particolari portiere che raccordano il rigonfiamento del tre quarti posteriore con il resto della carrozzeria. Il tetto con la doppia bombatura è un omaggio alle gran turismo italiane del passato, dove per ridurre la sezione aerodinamica frontale e allo stesso tempo lasciare abbastanza spazio al pilota per indossare il casco venivano implementate le ‘due gobbe’. Al posteriore il lunotto spiovente corre fino all’estremità formando un accenno di spoiler mentre nella parte bassa del paraurti ritroviamo un altro elemento di chiara ispirazione dalle vetture di formula: il fanale centrale che funge da luce di retromarcia e retronebbia.
POCHI FRONZOLI ALLA GUIDA. Le modalità di guida sono due, Normal e Sport. Una gradita semplificazione rispetto alle molteplici possibilità (spesso più un gadget da utilizzare nei primi giorni di vita con l’auto, che altro) riscontrabili sulle sportive attuali. L’altro pulsante con il quale vi troverete spesso a interagire è quello del controllo di trazione e stabilità: con una pressione lunga disattiva del tutto ogni aiuto mentre con un singolo tocco ne ritarda l’intervento. Premendo il tasto di accessione il sei cilindri borbotta, ma specialmente nella modalità Normal il rumore dello scarico è più ‘civile’ di quanto ci aspetterebbe da una sportiva da oltre 300 cavalli. Lo sterzo è reattivo e anche preciso, ma non dà molte informazioni al guidatore su cosa sta succedendo sotto le ruote. È un difetto tipico delle auto di questo periodo storico, dovuto sostanzialmente all’impiego della servoassistenza elettrica del comando. Per quanto riguarda il cambio nulla da eccepire: con le palette che girano insieme al volante le marce entrano in fretta, ma non permette scalate troppo ‘al limite’ quando – ad esempio – in discesa si ricerca il massimo freno motore.
In un mondo dove le hothatch hanno anche 420 cavalli (come scopriremo con la A45 AMG), la Toyota Sopra dei nostri giorni non stupisce per la sua potenza ma per la sua personalità polivalente; sa bruciare le gomme, ma pure accompagnarti in lungo viaggio avvolti da un confort inatteso. I numeri ci dicono che il segmento delle coupé è sempre meno nel cuore degli automobilisti (Fonte Unrae: totale immatricolato Italia nel 2009, 18776 unità; nel 2018, 5211 pezzi); ma se siete tra quelli che ancora possono permettersi di assaporare (culturalmente) una sportiva del genere, la nuova Toyota Supra non vi deluderà. Dovranno piacervi gl’interni della BMW almeno un po’, però…