Strade leggendarie: alla scoperta del Klausenpass

Strade leggendarie: alla scoperta del Klausenpass

Novant’anni fa andava in scena, a fine agosto, l’ultima edizione del Grosser Bergpreis der Schweiz, la gara in salita del Klausenpass, da Linthal, nel Canotn Glarona, al valico del Klausen, già nel Canotn Uri. La celebre cronoscalata, organizzata dalla sezione di Zurigo dell’Automobil Club Svizzero e disputata per la prima volta il 27 agosto 1922, è una delle gare di velocità più famose della Confederazione e tra le più impegnative, con un percorso – allora sterrato di 21,5 chilometri, disseminato di 136 curve, di cui 57 tornanti, per un dislivello di 1237 metri, dai 711 metri sul livello del mare della partenza, appena fuori Linthal ai 1948 metri del valico. 

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Asfaltatura a parte la strada non è cambiata un granché da allora, al punto che occorre tanta immaginazione per accettare l’idea che campioni del volante come Tom Bullus, autore del record su moto, con una NSU nel 1930, in 16 minuti e 41 secondi, o Rudolf Caracciola, il più veloce di sempre in auto in 15’22”2 su Mercedes-Benz W25 nel 1934 (alla media di 83,9 km/h potessero raggiungere i 200 km/h nei brevi rettilinei che intervallano curve e tornanti. Ci siamo tornati quindi, in occasione del 90° anniversario dell’ultima edizione competitiva (sono organizzati dal 1993 interessanti “Memorial” con la partecipazione di auto d’epoca e supercar moderne), con un’Alfa Romeo Stelvio Q4 Tributo Italiano per osservare le difficoltà del percorso con gli occhi di oggi e per verificare quanto una delle migliori suv del momento per agilità e dinamismo possa ben figurare su una strada che, come accennato, non è cambiata poi molto in quasi un secolo di storia.

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A LARGHEZZA VARIABILE. Si parte da Linthal pieni di entusiasmo, dopo aver visitato un museo dedicato alle moto del passato le cui vetrine si affacciano proprio sulla strada nazionale 17, che si collega poi ad Altdorf con l’antica strada del Gottardo. I primi tornanti del Klausenpass si ergono sopra la valle di Urnenboden per immettere su un falsopiano nel quale si continua a salire, con punte anche del 10%. Una delle difficoltà per chi guida qui è rappresentata dalle frequenti variazioni di larghezza della sede stradale: dopo una prima parte della salita in cui due autobus riescono a incrociarsi senza difficoltà, si entra in un lungo tratto molto più stretto dove l’incrocio di due vetture richiede un minimo d’attenzione. A complicare la vita, anzi, la guida, può arrivare la nuvolosità in quota che, dal posto guida, equivale a viaggiare nella nebbia. Anche dove lo spazio ci sarebbe, richiede coraggio azzardare un sorpasso (la strada è frequentata da ciclisti e non solo da automobilisti e motociclisti) alla cieca, tanto più che buona parte della salita, da Urnerboden in poi, è priva di protezioni a valle o è affiancata da ben poco rassicuranti paletti. 

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OLTRE 1200 METRI DI DISLIVELLO. La nostra Stelvio guadagna quota indifferente al profilo altimetrico del percorso: più dei 210 CV del 2,2 litri turbodiesel si fanno sentire i 470 Nm di coppia massima, scaricati a terra con l’affidabilità della trazione integrale e con la continuità di una spinta ben assecondata dal cambio ZF a 8 rapporti, gestibile in manuale-sequenziale con le grandi palette metalliche al volante, un dettaglio molto apprezzato sia per la funzionalità (sono azionabili facilmente anche a sterzo girato) sia per l’aspetto estetico, degno di una vettura high-performance. I limiti di velocità svizzeri, applicati sempre in modo molto severo, sconsigliano di insistere sopra gli 80 km/h: qualcuno se ne cura meno, tanto da essere sorpassati ad andature proibitive negli ultimi rettilinei che precedono il valico. Meglio allora apprezzare l’assetto piatto, gli inserimenti in curva molto precisi, le ottime doti di trazione che fanno della Stelvio un riferimento nella sua categoria (e non solo) nonostante il peso superiore ai 18 quintali a vuoto e a un’anzianità di servizio non proprio trascurabile per questa D-SUV nata nel 2017. 

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UNO STOP PER GUGLIELMO TELL. Arriviamo in vetta al Klausenpass accolti dai primi raggi di sole che occhieggiano dietro le nuvole, mentre orde di Ferrari e Porsche ci superano ad andature fuorilegge, guidate forse da emuli di quell’inglese Julian Majzub che, sulla sua Bugatti 35B, nella rievocazione storica del 1998, davanti a 25mila spettatori, tagliò il traguardo sul valico del Klausen in 13’49”08, stabilendo il nuovo record per un’edizione non competitiva della cronoscalata. Un tempo in realtà difficilmente paragonabile a quello di Caracciola, rispetto al quale il britannico è stato più veloce di un minuto e mezzo, visto che nel frattempo la strada era stata asfaltata e diverse curve ammorbidite nel raggio. La discesa verso Buerglen e Altdorf è meno leggendaria, forse, ma non meno impegnativa, soprattutto per i frequenti cambi di larghezza della sede stradale; la pendenza non supera che raramente il 9% e merita una sosta a fine percorso la cittadina urana di Buerglen dove c’è anche un museo dedicato a Guglielmo Tell, originario proprio di questa località. 

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APERTA DA GIUGNO A OTTOBRE. Due note pratiche, infine: il Klausenpass è aperto generalmente da inizio giugno a fine ottobre, prima della chiusura invernale per neve. Oltre al ristoro sul passo, ristoranti e hotel sono sempre aperti a Linthal e Buerglen. Per tornare verso Glarus senza ripercorrere lo stesso itinerario è possibile, sempre nella stagione estiva ma non nei giorni di sabato e domenica, transitare dal Pragelpass (1550 metri) sulla strada di montagna (stretta!), quasi parallela al Klausenpass, che collega Muotathal a Riedern.

Scopri qui gli altri itinerari delle nostre “strade leggendarie” 

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