Lamborghini Countach: al volante della 25° Anniversario
TRA SOGNO E REALTÀ. Frizione tutta abbassata, pedale dell’acceleratore a metà e un bel giro di chiave. Pochi istanti e l’incantesimo è compiuto: il ticchettio un po’ soffocato del motorino d’avviamento di colpo svanisce, mentre il motore prende fiato e benzina e il primo assaggio di quei leggendari dodici cilindri, disposti a V di 60° in due bancate di sei, è un acuto lacerante che sa di ferro e fuoco e vibra come un’arpa nello stomaco. Il cuore, però, è già accelerato da un pezzo, perché la magia comincia prima, aprendo la portiera e sollevandola fino a schiudere l’abitacolo. Così si entra – o meglio: ci si cala – nella dimensione onirica in cui, tra storia e leggenda, la Lamborghini Countach si muove in solitaria da oltre cinquant’anni.
HA CAMBIATO PER SEMPRE LE REGOLE DEL GIOCO. Quante volte l’abbiamo sentito dire e detto: nessuna è come lei, con quel mix “crudo” e inebriante di spigoli e muscoli e quell’inconfondibile silhouette a cuneo che, a distanza di mezzo secolo, ancora la fa sembrare quel razzo venuto dallo spazio per insegnarci come, a volte, facendo a pezzi le regole si finisce per dare forma a un sogno, una visione, realizzando un qualcosa che va oltre il tempo e lo spazio ma per davvero, al di là di ogni facile retorica e di tutte le “letture di costume” attraverso cui in tanti, in tantissimi hanno sempre cercato di spiegare l’icona Lamborghini Countach. Non tutto, però, deve per forza avere una spiegazione logica. Prendiamo a esempio proprio l’auto che ha cambiato per sempre il nostro modo di intendere il concetto stesso di supercar: è figlia di un’epoca che oggi ci appare inafferrabile, e i suoi creatori, da Gandini a Stanzani a Dallara, compresi naturalmente tutti gli operai che hanno contribuito alla costruzione del mito, sono testimoni di un modo di pensare e agire libero e praticamente privo di condizionamenti.
METTE ALLA PROVA I MUSCOLI. A tal proposito va sottolineato che, un tempo, certi parametri, nella progettazione di un’auto da sogno come la Lamborghini Countach, quasi non venivano presi in considerazione. Cinquant’anni fa le maglie dei vincoli progettuali erano decisamente più lasche: i progettisti potevano dare libero sfogo al loro genio creativo, trovando campo libero per inventare nuove forme e sperimentare idee anche folli, “prelevate” da mondi anche molto lontani e non necessariamente collegati a quello dell’automobile. Su questo dorato altare intriso di un un futuro che all’epoca doveva sembrare fantascienza, inevitabilmente, è stato sacrificato più di qualcosa. A partire dall’ergonomia, questa sconosciuta: provare non tanto a salire, ma a rimanere a bordo per più di dieci minuti in una Countach, per credere. Si sta sostanzialmente sdraiati come su un lettino da spiaggia, eppure, inspiegabilmente, anche senza essere un gigante proprio non si trova il modo di non sbattere con il ginocchio sul volante. E non è tutto: tirando il freno mano, la leva urta sistematicamente sul polpaccio e, per via della disposizione un po’ sfalsata dei pedali e anche dell’imbottitura, piuttosto rigida, del sedile, si guida con un crampo costante al gluteo destro.
UN NOME CHE È LEGGENDA. Dettagli di poco, pochissimo conto, al cospetto di un’esperienza di guida che proprio nel suo essere estrema, quasi bestiale, ha il suo valore più grande. Da adesso in poi, chi soffre di claustrofobia prenda un bel respiro; per tutti gli altri, va detto comunque che il finestrino della Lamborghini Countach si abbassa al massimo di una manciata scarsa di centimetri. Per fortuna, la 25° Anniversario da noi provata, l’ultima Countach uscita dai cancelli di Sant’Agata Bolognese, normalmente conservata nelle sale del museo aziendale, ha il climatizzatore, rinfrescando quel tanto che basta l’angusta arena in cui stiamo per assistere, da protagonisti, a una vera corrida. La Countach è famosa anche per essere uno dei pochissimi modelli della casa di Sant’Agata Bolognese con un nome slegato dal mundillo dei tori (per chi non lo sapesse, in dialetto piemontese Countach! è un’esclamazione che denota stupore e meraviglia: la storia vuole che scappò di bocca per primo a un garzone della carrozzeria Bertone durante l’allestimento del primo prototipo, ndr), ma è difficile resistere alla tentazione di attingere dalla terminologia taurina per cercare di spiegare il modo in cui questo purosangue va approcciato affinché la festa cominci e finisca nel migliore dei modi.
GUIDARLA È UNA CORRIDA. A questo punto, potete immaginare il volante come una muleta, il piccolo drappo rosso che il torero agita per “provocare” il suo toro. Il gioco è parecchio divertente, ma richiede una concentrazione da giocatore di scacchi senza, tuttavia, avere il tempo di confezionare alcuna strategia: si guida davvero d’istinto, con le braccia semitese e i muscoli contratti per smuovere (più che muovere) uno sterzo tutto sommato abbastanza preciso, ma pesante come un macigno anche a ruote in movimento. Proprio come un toro fiero e coraggioso, la Lamborghini Countach va “affrontata” senza paura, in un corpo a corpo che è passione, rispetto, coraggio, seduzione. È una macchina che va compresa subito nel profondo e amata incondizionatamente, con tutte le sue contraddizioni e tutti i suoi “spigoli” che è impossibile anche solo pensare di smussare. È una pura fonte di emozioni che si mischiano in un caos impossibile da governare: adrenalina, gioia, divertimento, meraviglia, ispirazione. La Countach è, in sostanza, un libro aperto sull’arte della guida più pura: non c’è inganno tra le pieghe della sua bellezza accecante, della sua anima incontaminata.
VIETATO ESITARE. Per questo, a sua volta, non va mai “ingannata” con gesti o azioni che possano lasciare intendere una certa insicurezza in chi la guida. La Lamborghini Countach è esattamente quel genere di auto per cui non esistono mezze misure: richiede sincerità e fermezza d’intenti, oltre a una buona dose di “manico”, se si vuole “andare oltre” e riuscire a sprigionare in tutta la sua straripante potenza il suo lato più oscuro e seducente. All’atto pratico, significa prima di tutto metabolizzare alcune semplici regole e qualche “segno particolare”. Partiamo dai pedali, che sono piccolissimi e quasi appiccicati tra di loro: vanno azionati tutti con decisione, ma senza violenza, perché a ogni azione può corrispondere senza il minimo preavviso una reazione contraria d’intensità nettamente superiore. Una volta acquisita la giusta confidenza, il punta-tacco si esegue con facilità, rendendo più fluidi gli innesti delle marce nelle scalate e aggiungendo note alte a un motore entrato nella leggenda anche per le sue straordinarie “doti canore”.
HA SEMPRE RAGIONE LEI. Far “cantare” una Lamborghini Countach, ascoltare il suono pieno e straziante del suo potente V12, è un’esperienza assai difficile da descrivere. Si può dire con maggior facilità del cambio, che ha la prima all’indietro e va obbligatoriamente usato seguendo le incanalature del selettore a griglia. Gli innesti sono secchi e precisi, contrastati quel tanto che basta per tenere sempre a mente che, sotto quell’abito metallico così visionario e seducente, c’è tanta, tantissima meccanica “vecchia scuola”, progettata per resistere anche alle sollecitazioni più forti. Ciò non significa, però, che si possa maltrattarla: come in una corrida, il toro ha sempre ragione, e non va mai dimenticato. Per il resto, con la Countach, tutto fila liscio come l’olio che scorre nei suoi dodici cilindri, con la crescente consapevolezza, chilometro dopo chilometro, di essere parte di una danza alla quale non vorremmo mai porre fine.
EMOZIONI IN RETROMARCIA. Persino parcheggiarla in retromarcia è un’arte in cui tutti gli amanti della bella guida vorrebbero cimentarsi almeno una volta nella vita. Si fa alla Valentino Balboni (il collaudatore più famoso della Lamborghini, ndr): seduti non sul sedile, ma sul brancardo, con la porta aperta, le gambe allungate per “acciuffare” i pedali coi piedi e il corpo per metà fuori dall’abitacolo, in modo da avere una visuale completa dello spazio di manovra. Potrà sembrare strano, ma giocare con acceleratore e frizione praticamente da fermi regala le stesse vibrazioni di un allungo a 7000 giri. Vicino alla zona rossa, dove la Lamborghini Countach, ormai, ti ha rapito per sempre il cuore e tutto il resto scompare.