Portfolio Lamborghini/1: al volante della Miura
SENSAZIONI FORTI. Gioia e paura, emozione e rispetto. Sono queste le quattro sensazioni che si alternano quando stai per “scendere” nell’abitacolo della Lamborghini Miura. Non è stata la prima auto prodotta a Sant’Agata Bolognese, ma è lei che ha dato inizio al mito. Un’auto così incredibile e in anticipo sui tempi che nel 1966 inventò il concetto stesso di supercar, anche grazie alla matita di Marcello Gandini. In quell’epoca, infatti, le auto sportive a motore posteriore centrale si contavano sulle dita di una mano, frequentavano solo i circuiti e per lo più avevano le forme delle F1.
PIONIERA DEL “TUTTO DIETRO”. La Lamborghini Miura, invece, fu la prima a portare su strada questa configurazione (progettata da Gian Paolo Dallara e Paolo Stanzani), con la particolarità di avere il motore trasversale, per ridurre gli ingombri in lunghezza. In effetti, vista accanto alle Lamborghini più moderne è davvero compatta, con i suoi 4,4 metri di lunghezza e 1,78 di larghezza ma, soprattutto, poco più di un metro di altezza! Avete presente un bambino che va al nido? Ecco, la Miura è alta così ed è come lui che ti senti non appena ti sei accomodato sul sedile.
UN V12 DA AMARE. Per metterla in moto ci vuole un minimo di sensibilità: mentre si fa girare il motorino di avviamento con la piccola chiave di metallo, serve un “invito” col pedale destro, ma senza esagerare, altrimenti il V12 si ingolfa. Quando poi si avvia, è bene tenerlo sempre allegro e non farlo stazionare troppo al minimo, ma è una pratica che dà assuefazione, perché il suo suono è pazzesco, melodioso ma ruvido, armonioso e grintoso, come solo i plurifrazionati aspirati di una volta, con l’alimentazione a carburatori, sanno essere.
UN TUFFO NEL PASSATO. Il 12 cilindri della Miura SV (l’ultima evoluzione prodotta tra il 1971 e il 1973) della nostra prova, completamente in alluminio e con le bancate a V di 60°, eroga 385 CV a 7850 giri e teoricamente può spingere l’auto fino a 300 km/h. Nella nostra prova non abbiamo raggiunto nemmeno i 200 km/h, ma basta andare molto più piano per capire quanto sia difficile guidare quest’auto, a meno che non si vada a spasso. Intanto scordatevi una frenata così come la conoscete, qui si rallenta e basta. Poi dimenticate anche una posizione di guida vagamente normale: i pedali sono praticamente sotto il volante, ma il sedile è lontano, quindi gambe rannicchiate e braccia stese.
MODERNA A MODO SUO. Lo sterzo è abbastanza intuitivo, anche se ovviamente non è servoassistito, quindi è pesante in manovra e diventa piuttosto vuoto al centro quando si è in movimento. Il gas, invece, è molto sensibile, mentre la frizione non è troppo pesante. Anche il cambio si gestisce senza troppi problemi e qui viene in mente che Ferruccio si era imbarcato in questa impresa proprio per i problemi alla trasmissione delle sue Ferrari. A proposito di nomi, invece, la Miura si chiama così in onore del famoso allevatore spagnolo di tori da combattimento: Don Eduardo Miura Fernandez.
UN DIAMANTE CON LE RUOTE. Insomma, guidare la Lamborghini Miura è un’esperienza che rimane impressa, così come il suo valore attuale, che va dai 2,5 milioni di euro in su. E pensare che appena arrivata sul mercato ebbe qualche problema di gioventù: alle alte velocità il muso si alleggeriva e in città erano frequenti i surriscaldamenti. Nel 1966 costava 7milioni e 700 mila lire, molto di più delle coeve Ferrari, e sarebbe poi stata battuta solo dall’Alfa Romeo 33 Stradale, che sfiorava i 10 milioni. Conteggiando tutte le versioni (P400, P400S e P400SV), la Miura fu venduta in 762 unità fino al 1973: un vero record per quel periodo storico.
E nella prossima puntata vi racconteremo la prova della Lamborghini Countach.