Porsche Taycan: la velocità qui è lampante
Auto come la Taycan hanno il merito di offrire punti di vista alternativi, anche clamorosi. Come il fatto che si tratti di una Porsche e vada a pile. Quindi c’è da capire come sia stata interpretata (reinventata?) la furia elettrica garantita da qualcosa come 761 cv. Il secondo spunto che offre la Taycan è capire come la ‘Casa della purezza e del boxer’ abbia gestito il tema del silenzio: di quel non sound che rende assordanti le sue mute accelerazioni, capaci di 0-100 km/h da meno di 3” e 0-200 all’ora da meno di 10”. Terzo, ma non ultimo spunto, l’aspetto eco: il riferimento non va tanto all’eco di ‘ecologico’ quanto a quello di ‘ecosistema’, visto che la Tesla – auto facilmente sverniciabile per un marchio come la Porsche quanto a manifattura e handling – vanta un ecosistema proprietario che le consente al momento un vantaggio oggettivo sullo spauracchio di ogni EV, ovvero l’autonomia. La durabilità di utilizzo, via. Partiamo alla scoperta di questa elettroPorsche.
INTANTO L’ABC. Ha quattro porte, la trazione integrale e un abitacolo a misura di famiglia/amici (con l’optional 4+1 si può viaggiare in cinque). E va a corrente, certo, alimentazione con cui a Stoccarda flirtano da 120 anni. La Taycan è a tutti gli effetti una supercar: nella variante Turbo S, grazie alla sua prestanza, questa berlina-coupé a forma di 911 è nata con record cucito addosso, ovvero quello di essere l’elettrica di serie più potente del mondo. Tocca i 260 km/h autolimitati e per averla occorre staccare un assegno da poco più di 190mila euro. A questa versione ‘top’ si affianca la Turbo: è apparentemente più pacata (per modo di dire, visto che ha 680 cavalli) e meno cara: sfiora i 159mila euro. Turbo e Turbo S sono i nomi degli allestimenti che rimandano alla classica dicitura dedicata alle varianti più granturismo e performanti della gamma; nomenclatura nata negli anni ’70 con la celeberrima 930 (911) Turbo con quattro marce e… tanti saluti. Qui, sollevando cofani o smontandola (c’è un kit in optional, a questo proposito) non troverete nessuna turbina, ma una loro rivisitazione in chiave digitale. Dentro le righe di comando delle unità di potenza.
CURATA IN OGNI DETTAGLIO. Sotto le forme arrotondate della carrozzeria si nascondono due motori a corrente (uno all’avantreno, l’altro collegato alle ruote posteriori attraverso un cambio automatico a due velocità) alimentati da accumulatori da 93,4 kWh (capacità netta 83,7 kWh): sono collocati nel pianale della vettura, così il baricentro è bello in basso col vantaggio che (nonostante i quasi 2300 kg di massa dell’auto) le prestazioni super della Taycan sanno giocare alla grande fra le curve. Infatti il piacere di guida è notevole. Perché, dichiarano al quartier generale di Stoccarda, “Avevamo promesso una vera Porsche per l’era della mobilità elettrica, e abbiamo mantenuto la parola”. Davanti si sta seduti distesi come è giusto aspettarsi da una Cavallina mentre dietro – nonostante il tetto spiovente – si sta piuttosto comodi: la testa non tocca il tetto e l’angolazione ottimale delle gambe è garantita da due pozzetti sul pianale che consentono di non tenere le gambe rannicchiate; Martin Redelbach, responsabile della parte elettrica ed elettronica del progetto, li ha chiamati Garage dei piedi: soprannome che rivendica l’affetto, ma forse anche la ‘fatica’, che deve essere costato questo particolare inserito dentro un pianale stracolmo di pile agli ioni di litio.
LUSTRINI E PAILLETTE, DIGITALI. Tutto, dentro, è studiato nei minimi particolari. A dar manforte al legame con l’ipermodernità di questa Taycan, l’accensione del quadro strumenti: significa far esplodere di informazioni la plancia. C’è il cruscotto, davanti a voi, che nella forma ellissoidale richiama quello – fisico, però – delle 911 d’antan: solo che qui si parla di un monitor ricurvo, zeppo di informazioni e bella grafica. Gli strumenti sono tre, configurabili, e ai lati è possibile visualizzare informazioni ulteriori. Si tratta di un ambiente personalizzabile che sa spaziare dalla modalità notte, con poche informazioni per non appesantire la vista, alla modalità a tutto schermo del navigatore. Spettacolare per dimensione, efficacia e fattezza. Ai lati, poi, tutta una serie di comandi tattili: sulla sinistra per gestire le luci, sulla destra per interagire con l’assetto, le sogli d’intervento di aiuti alla guida (esp) più un ulteriore tasto programmabile. Tutto già visto, ma non in questi termini. Ancora, altri tre monitor (di cui due da 10”9) servono all’infotainment e a fare interagire il passeggero con il sistema multimediale stesso: in pratica si tratta di un monitor ‘privato’ da cui è possibile selezionare la playlist, programmare il navigatore o gestire il diario di viaggio. Un altro display sta sul tunnel centrale e governa la climatizzazione. Come avrete capito non c’è neanche un pulsante e questa è un’altra caratteristica della plancia: tutto si gestisce via touch, orientamento delle bocchette incluso. Qui il tema, obiettivamente, non è tanto se piaccia o no una soluzione tanto radicale, quanto questa sia utile a proiettarti nel mondo futuristico della Taycan. E sotto questo punto di vista la scelta risulta vincente. Poca ‘fisica’, tanto ‘digital’. Stessa dicotomia che trovi nelle violente accelerazioni, che non sono accompagnate dal classico sound che ti aspetti da una sportiva: qui, semmai, nella modalità di guida più esasperata, c’è una sinfonia digitale creata ad hoc dalla Porsche e il risultato è che ti senti immerso in un inseguimento degno di Tron: Legacy ogni volta che sgattaioli tra le curve…
TUTTA PORSCHE. L’ossatura è in acciaio, ma nella struttura della Taycan la lega leggera gioca un ruolo importante: oltre che per le sospensioni (davanti a triangoli sovrapposti, dietro a bracci multipli) è stata scelta per parti della carrozzeria come cofani, porte, tetto e parafanghi anteriori. Non mancano le sospensioni pneumatiche adattative PASM (Porsche Active Suspension Management), il sistema di stabilizzazione del rollio PDCC Sport e il controllo di trazione PTV (Porsche Torque Vectoring) Plus. La potenza massima dei due motori viene raggiunta impostando la funzione Launch Control nelle partenze o selezionando la modalità Sport Plus tra le cinque disponibili.
COME VA? Come detto, fin dal primo metro colpisce l’assenza del sound, il che – assieme al lavoro notevole delle sospensioni ad aria e delle barre antirollio attive, liaison già apprezzata sulle Panamera – permette di viaggiare avvolti da un confort inatteso. Anche in questo caso in netto contrasto con la sensazionale reattività alle pressioni sull’acceleratore e alla forza con cui ci si sente schiacciare contro lo schienale. Cinque le modalità di guida: la più parsimoniosa (Range) offre la massima autonomia, la più cattiva (Sport Plus) dà accesso all’overboost che, per 2,5 secondi, scatena tutti i 761 cv disponibili. Due secondi e mezzo sono apparentemente pochi, ma su una strada guidata non lo sono per nulla: un po’ perché con potenze di questo tipo si sbrana, letteralmente, la strada macinando decine e decine di metri; un po’ perché il sistema elettrico messo a punto dalla Porsche è molto efficiente e consente performance prolungate nel tempo grazie all’attenzione prestata al raffreddamento del sistema. Ciò significa che quei 2”5 sono utilizzabili in continuo… ecco perché stiamo parlando di un’auto velocissima, le cui prestazioni fuori ordinanza mettono alla prova muscoli che normalmente non si utilizzano con questa irruente frequenza. Pure al volante di auto molto sportive. Molto molto preciso è lo sterzo e potente l’impianto frenante. Sotto questo punto di vista non dovete immaginare di avere a che fare con i comandi tipici di una Porsche: questi hanno un fine tuning degno dell’expertise di Stoccarda, ma giocano una partita nuova. Anche sotto questo senso la Taycan ci rimanda a una visione futuribile della Porsche. Che ha del notevole.
RICARICARLA, COME? Sfruttando colonnine di ricarica di 350 kW (la potenza di ricarica massima della Taycan è di 270 kW) è possibile rigenerare le batterie dal 5% all’80% in 22 minuti; cinque bastano per tornare a viaggiare per 100 km. Ma per fare il pieno di energia con i più diffusi (in Italia) impianti a 11 kW, servono nove ore. E qui, la stratosferica Taycan, fa un bagno nell’umiltà di un’infrastruttura ancora carente per pensare di utilizzare un’auto con tutte queste skill nei viaggi più lunghi. A meno di non avere del tempo da ‘spendere’ nelle ricariche. Il navigatore, impostando una meta lontana, suggerisce tragitti che passino dalle stazioni di ricarica e calcola il tempo di arrivo inserendo nel totale anche i minuti che passerete con la spina attaccata; se il consorzio Ionity (l’unico a oggi a fornire torrette in grado di fornire ricariche a 350 kW) fosse esteso in Italia come nell’Europa del Nord e soprattutto fosse garantita la massima potenza di ricarica, la Taycan saprebbe come far valere il suo unico, al momento, impianto da 800 volt. E quindi la sua capacità di ricaricarsi in una manciata di minuti. Ma le cose a oggi non stanno così e il navigatore non è in grado di prenotare la ricarica una volta arrivati al rifornimento. Sotto questo punto di vista il sistema messo in campo dalla Tesla per le auto della sua gamma è più efficiente, almeno oggi, soprattutto pensando ai lunghi viaggi. Ma nessuno è perfetto: se la Taycan paga uno scotto in termini di ritardo dell’infrastruttura, questo endorsement di Stoccarda nei confronti dell’elettrico dimostra che i valori di un brand possono avere un futuro anche in formato digitale. E se il piacere di guida è di questo livello, benvenuta sportività digitale… Perché quest’auto vale come modello in sé, al netto del suo essere elettrica.