Peugeot 106 Rallye 1.3: joie de vivre

La semplicità della Peugeot 106 Rallye 1.3 è disarmante: dimensioni da autoscontro, livrea alla art attack e cerchi in latta grandi quanto un vasetto di primule. Gli interni non prevedono vetri o specchietti elettrici, servosterzo, bocchette centrali dell’aria o clima né radio, quel ciarpame non necessario lasciamolo alle auto borghesi s’il vous plaît. È come vedere la stessa dedizione impiegata in una 911 GT3 RS o Mégane R26R – rollbar a parte – ma in chiave popolare. La piccola Peugeot è più spartana di un treno regionale sia dentro che fuori, ma non andate in un bivacco alpino aspettandovi una Jacuzzi e un lettino automassaggiante, desiderate andarci per l’esperienza, l’adrenalina e le emozioni che coglierete lungo il percorso. Bene, nella Rallye ci piazzate il lato B per lo stesso motivo.

I FONDAMENTALI. Questa fiammante due volumi degli Anni ’90 offre qualcosa che si sta perdendo per strada, il puro e semplice divertimento di guidare, quel senso di connessione quasi svanito sulle utilitarie moderne francesi e – diciamocelo – su tante sportive. Renault ha trasformato la Megàne in un Suv e la Clio ha scordato di che pasta fosse fatta, Citroen e stradali sportive sono oramai ossimori e Peugeot si è fatta superare da Hyundai nel settore delle hothatch. Un tempo i francesi la facevano da padroni, sfornando le compatte più esilaranti, agili e rapide nel tragitto casa-boulangerie-casa.

METTE I BRIVIDI. Prendete la scatoletta rossa di oggi: nell’autunno del 1993 Peugeot la pubblicizza con il geniale slogan “Fewer frills, more thrills” che letteralmente significa “meno fronzoli, più brividi”. In sole quattro parole è racchiusa l’essenza della 106 Rallye, una sportivetta con più palpitazioni prodotte che chili a secco, nata per consentire alla 106 di dominare nella classe 1.3 dei rally. Pardon, Rallye, con marcata pronuncia francese. Per correre ci sarebbe la 106 1.4 Xsi se non fosse che per pochi cc sfora la classe 1.3, così Peugeot si rimbocca le maniche e crea l’erede della 205 Rallye con un 1294 cc più iperattivo di un neonato insonne. La Peugeot 106 riprende il quattro cilindri della 205 ma utilizzando l’iniezione multi-point della Magneti Marelli al posto dei carburatori doppio corpo Weber. Il TU2J2 con blocco in alluminio ha camme profilate e una voglia matta di girare alto, anche perché i 98 cavalli arrivano a 7200 giri, un pelo prima di sbattere contro il limitatore; insieme ai 108 Nm di coppia (persino una Mx-5 NA farebbe la gradassa a riguardo) i dati tecnici sono quasi teneri, ma rappresentano solo la prima pagina del racconto. L’abitacolo, come visto, è ispirato ad un monastero di clausura, mentre per l’esterno la casa francese non è estremista come Henry Ford, così oltre che nera potete avere la Rallye rossa o bianca con decals Peugeot Sport in risalto. Aggiungete gli adorabili cerchi ‘Michelin’ in latta da 14’’ ed avrete una utilitaria nata per correre, bramata da ogni ragazzo desideroso di introdursi nel mondo dei rally.

COME MAMMA L’HA FATTA. La Rallye infatti è scattante e briosa, con un telaio così loquace da esser di riferimento ancora dopo trent’anni. Il problema è che l’handling è tanto buono quanto insidioso – se non la conoscete – così il numero di 106 Rallye usate (o meglio abusate) come muletti equipara il numero di quelle finite sottosopra in un fosso; va da sé che scovare un esemplare in ottime condizioni sia stato tutt’altro che semplice. La Peugeot 106 Rallye 1.3 di oggi non vincerebbe nessuna coppa al concorso d’eleganza di Villa d’Este, la carrozzeria ha qualche segno e graffio e in alcune aree la vernice è sbiadita, al contrario meccanica, interni e sottoscocca si presentano più in forma di Chris Hemsworth. E sono quelle le parti chiave.

LA PERLA. Visto che ultimamente continuo a beccare passi di montagna chiusi senza preavviso mi incontro con Andrea – il proprietario – sul percorso del Brinzio, in provincia di Varese, un misto avvolto da un rigoglioso bosco e poco trafficato. La maggior parte delle curve è da seconda o terza piena, con pochissimi rettilinei e una traccia GPS che assomiglia ad uno spago caduto per terra. Perfetto. Il vivido rosso della carrozzeria rispecchia l’indole esuberante della minuscola ‘homologation special’ ed è esaltato dal gioco di ombre e luci che filtrano dalla vegetazione, un’atmosfera gradita anche alla macchina fotografica. La verniciatura bianca trasmetterebbe ancor più l’idea del Motorsport, ma c’è una sfacciataggine irresistibile in quel color pomodoro. Nel 1996 il motore TU sale ad 1.6 litri e 101 cavalli, crescono le dimensioni e il peso, la rapportatura si allunga leggermente e l’abitacolo diventa più accogliente; ecco perché la Phase 1 1.3 è la Rallye più desiderata, incarna a pieno l’idea del sacrificio votato al divertimento.

UNA PIUMA. Quando le mie mani avvolgono il volante firmato Peugeot Sport è un sollievo: da tempo desideravo provare una 1.3 Rallye. Alcuni faticheranno a capire come mai fossi tanto eccitato dall’idea di 98 miseri cavalli, ma voi e io il perché lo sappiamo bene; gli altri lasciateli a giocare con le loro batterie. L’abitacolo è arioso, immediato, pervaso da un senso di leggerezza quasi tangibile. Niente infotainment immensi a cavalcioni di cruscotti anonimi, niente retrocamere, sensori di corsia o fari e tergi automatici. In effetti non c’è niente di niente, solo il necessario, non il superfluo. L’abitacolo è umile e inconfondibile, la bellissima moquette rossa si abbina alla perfezione con le cinture dello stesso colore e la trama dei sedili. Sposto in prima la leva del cambio – con così poca resistenza da sembrare di cartoncino – e parto. Quattro minuti dopo la 106 sta volando, delicata sulle sue ruotine e spargendo input a destra e a manca, manco fosse incaricata di gettare petali di rose durante un matrimonio.

IN ZONA SORRISI. L’entusiasmo della Rallye mi ha contagiato dalla prima accensione, l’1.3 è spigliato e vivace, specialmente quando passate i 5000 giri. Tra i 3 e i 4k la ripresa è accettabile solo grazie al peso piuma della Rallye, verso i 5mila giri invece avvertite un incrementarsi della spinta, un brio che passati i 6000 vi dice “dai! Posso dare ancora di più!”. Cambio quasi a limitatore, i giri calano di poco e la frenesia della Rallye ricomincia prima che mi butti nell’ennesima curva. A capofitto, ça va sans dire. Lo sterzo grandicello (dopotutto manca il servosterzo) ha qualche carenza nei primi gradi di inserimento ma una volta in appoggio è preciso e pieno di feedback nonostante le gomme abbiano una dozzina di anni. Le tre sottili razze si muovono disinvolte sotto le mie dita, scorrevolezza e fluidità sono elevate, soprattutto nei cambi di direzione. Per quanto minuta la pedaliera è ideale per il punta tacco, immancabile visto che in ingresso curva non voglio perdere nemmeno una frazione di secondo prima di riportare in alto il TU2J2. Tenete in ‘zona sorrisi’ il motore e l’anteriore della Rallye sguscerà fuori dalle curve come trascinato da un amo invisibile, dirigendosi festoso verso il prossimo pezzo di asfalto tutt’altro che dritto.

100% STOCK. La 205 Rallye ha ancora più grinta verso la zona rossa (merito dei cinque cavalli in più e dei carburatori Weber) ma la 106 è più piccola: le dimensioni sono all’incirca quelle di un pacchetto di Amazon, permettendovi di pennellare ogni esterno-interno curva come se la sede stradale fosse quella di un aeroporto. Sto estrapolando ogni stilla di gioia dagli 810 chili della 106, il tutto a velocità quasi legali. Eppure mi sto divertendo un mondo. La Rallye è vibrante di vita, tattile, con una schiettezza commovente in ogni azione. È questo il pregio maggiore della piccola francese, la sua sincerità, la spontaneità del telaio e la capacità di tenervi sempre informato. Nonostante l’anteriore non sia un puntatore laser il telaio è prevalentemente sovrasterzante, un comportamento ben gradito rispetto a del fastidioso sottosterzo. Staccate a metà curva e il retro si intraverserà allegramente, meno esuberante della 205 ma sempre esilarante, purché controsterziate rapidamente; in rilascio invece allarga quel tanto per chiudere la traiettoria, senza nemmeno bisogno di correzioni. Quei neanche cento cavalli si stanno impegnando per farmi contento, e nel suo regime ‘zen’ (agli alti) il motore TU suona pure discretamente. Di solito le Rallye non passano indenni a filtro aria e scarico, quella di Andrea invece è rimasta stock e anche così il quattro cilindri ha una voce roca e frizzante, con un sound invadente di aspirazione.

DAL PRIMO ALL’ULTIMO. Nel frattempo l’asfalto non troppo infelice del Brizio sta scomponendo poco la pacatezza della francesina, che se la caverebbe in condizioni ben peggiori. L’assetto è molto morbido, il rollio è elevato eppure la scocca non saltella qua e là come sui trampoli, è blandamente controllata e non è né cedevole né lasca. Quasi quasi non lo cambierei, è in linea con l’esperienza ‘nature’ della 106. Stesso discorso per il cambio: corsa lunga ma docile, aggraziato negli innesti e scorrevole, è un piacere da usare… e dovrete davvero usarlo per tenere in tiro l’1.3. Il pezzo che porta a Rancio Valcuvia è il più stretto, comunque una tangenziale per la 106. Seconda, motore a 5000 giri e la Rallye si estrapola rapidamente fuori dalle curve, mentre decido di quanto aprire o chiudere la traiettoria con l’acceleratore. Passato il tratto da ‘prova speciale’ mi sposto verso Comacchio, un percorso sempre adattissimo alle capacità della Peugeottina per quanto più veloce di prima. La 106 aggredisce le curve con le sue dimensioni da kei car e una dinamica cristallina; i 98 cavalli vi sembrano sempre, costantemente 98, ma li sfruttate dal primo all’ultimo.

ADORABILE. Il carattere di questa scatoletta da rally è contagioso, elettrizzante: è come un cane che scodinzola, sempre felice di vedervi, pronto per uscire a giocare in ogni istante. Non sento minimamente la mancanza di comfort in più, e se la Rallye fosse più accessoriata di così non sarebbe diventata la piccola eroina che tutti desideravano. Il fatto che la francese mi abbia conquistato con la sua sincerità è palese. Mettiamola così, se questa specifica 1.3 non fosse già stata venduta il giorno della prova sarei stato fortemente tentato di fare un’offerta ad Andrea. Piazzateci gomme nuove, scarico, aspirazione, pochi cavalli in più e un volantino vintage – mantenendo il logo Peugeot Sport – e realizzerete una seduta terapeutica su ruote. Su qualche passo montano, o ancor meglio sulle B-roads inglesi, ben poche cose potrebbero essere più divertenti di questa rossa tutto pepe. Attenzione, divertenti, non veloci. L’esperienza di guida della Rallye – che sia originale o un filo più insaporita – ruota tutta attorno ai sorrisi generati, non alle cifre sul tachimetro. La sua immediatezza, la trasparenza alla guida nonché naturalezza sono fattori che compensano ampiamente la mancanza di cavalli, idem il carattere spigliato del motore e il telaio che vi incentiva a guidare sul filo del limite. Che macchinetta adorabile, parbleu!                                                                                                                                                                                         

Un ringraziamento ad Andrea per la sua simpaticissima Rallye