Alla riscoperta del piacere di guida con la McLaren Artura Spider

Alla riscoperta del piacere di guida con la McLaren Artura Spider

Viviamo in un periodo storico molto particolare e le automobili in un certo senso rappresentano bene le ambizioni, i dubbi e, perché no, pure le contraddizioni di questa epoca: corriamo a gambe levate verso un futuro dal quale non sappiamo neanche bene che cosa aspettarci, ripudiamo cose che fino a soli pochi anni fa consideravamo la norma e allo stesso tempo rimpiangiamo un passato che non esiste più. Insomma per farla breve, è un bel pasticcio e tra Dieselgate, Green Deal e geopolitica burrascosa, scegliere dove spendere il nostro denaro faticosamente guadagnato per un oggetto a quattro ruote è diventato più difficile che mai. E lo stesso, ma moooolto più in grande, vale per chi le automobili le progetta a suon di milioni e milioni e le mette sul mercato senza neanche sapere se – senza preavviso – cambierà qualcosa e bisognerà ripartire da zero. Un problema che riguarda tutte le automobili, supercar comprese, ma che come ogni problema che si rispetti crea anche delle opportunità, capaci persino di ridefinire la storia di un’azienda. Arrivati a questo punto, vi starete chiedendo che cosa centri tutto ciò con la fiammante Artura Spider arancione che McLaren mi ha gentilmente imprestato per qualche ora sulle strade tra il Principato di Monaco e la Provenza, ma una volta finito il test drive e riconsegnate a malincuore le chiavi, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata proprio: “avevano una grande occasione e l’hanno colta!”.

ZERO A ZERO, PALLA AL CENTRO. McLaren nel campo delle auto stradali ha una storia abbastanza recente che ha visto le proprie supercar distinguersi fin da subito dalla concorrenza per qualità tecnica e velocità, ma che almeno fino a poco tempo fa avevano sempre lasciato per strada un qualcosa in termini di emozioni, eccezion fatta per le tirature più esclusive e limitate. Un discorso vero, almeno fino a quando anche tutti gli altri non sono stati costretti a cambiare il loro fare le supercar “cedendo” alla sovralimentazione, all’elettrificazione sull’altare del green e della corsa incessante alla prestazione assoluta. E a questo punti tutti si sono ritrovati (o si stanno per ritrovare) esattamente sullo stesso piano del costruttore di Woking che con la McLaren Artura ci dimostra come i principi base che alimentano il piacere di guida possano convivere con le tecnologie che animano le auto moderne senza alcun problema. 

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DIAMO I NUMERI. Per stare al passo con la migliore concorrenza e conformarsi alle variegate norme di omologazione in giro per il mondo, la McLaren Artura è una ibrida plug-in: imbullonato alla rigida e leggera monoscocca in carbonio c’è un nuovo 3.0 V6 biturbo a 120° (da 605 CV) con le turbine al centro della V per limitare il turbolag che si accoppia a un’unità elettrica, posta tra il motore termico e il cambio doppia frizione a 8 marce per altri 95 cavalli e – sopratutto – 225 Nm di coppia extra, sempre a disposizione non appena si sfiora il gas per un gran totale di 700 cavalli tondi tondi e 720 Nm di coppia tutti scaricati a terra dalle ruote posteriori. 700 cavalli che a dire il vero sembrano anche di più una volta affondato il piede sull’acceleratore, considerato che se i 3 secondi sullo 0-100 non fanno più notizia, gli 8,4 sullo 0-200 non sono ancor alla portata di molte auto elettriche, termiche ibride che volete. Una batteria da 7,4 kWh posta dietro i sedili promette 33 chilometri di pura marcia elettrica (chissà se verrà utilizzata effettivamente anche così questa Artura dai suoi proprietari o se rimarrà solo un bel numero utile ad abbassare consumi ed emissioni nel ciclo Wltp…) e volendo si può ricaricare da una normale presa di corrente del garage. Volendo, appunto, perché per fortuna per avere sempre a disposizione le prestazioni di cui questa Artura è capace non bisogna essere i maghi delle wall-box: basta accendere il motore termico e guidare con un po’ di brio per far tornare in fretta corrente dentro alla pila. 

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QUESTIONE DI CHILOGRAMMI. L’ibridizzazione della Artura è costata più di una nottata in bianco agli ingegneri McLaren che come ben sappiamo sono ossessionati dal peso: una supercar per essere tale deve offrire non solo un look fuori dal comune ma anche un’esperienza di guida non paragonabile a quella di tante altre auto sportive e questo passa anche dal suo peso. Grazie alla fibra di carbonio a profusione, a sei cilindri invece che otto e tanti piccoli accorgimenti sparsi di qua e di là, la McLaren Artura – anche in questa variante Spider – è decisamente più leggera delle rivali ibride e alla pari di quelle senza cavi e batterie facendo segnare sul piatto della bilancia un peso a secco di 1457 kg

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LO STERZO FA LA DIFFERENZA. Bene ora che conosciamo i fondamentali possiamo tornare al fulcro del discorso: ora che tutti hanno perso o stanno per perdere i loro mitici motori aspirati, motori che facevano battere così tanto il cuore da farci quasi dimenticare tutto il resto, McLaren se la gioca ad armi pari con la concorrenza mettendo in bella mostra tutto ciò di buono che dalle parti di Woking sanno fare. A partire dallo sterzo. Non aver ceduto alla servoassistenza elettrica come tutti gli altri sta pagando i suoi frutti e indirizzare con quel volante privo di inutili tasti la McLaren Artura tra una curva e l’altra si è rivelata un’estrema goduria. Un comando sincero, rapido e preciso e comunicativo in un modo che nessuna servoassistenza elettrica è ancora riuscita ad eguagliare. Sembra di toccare la strada con le mani, di comprenderne i dettagli senza però dover lottare con uno sterzo nervoso e iperattivo. 

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DIRIGE L’ORCHESTRA… Inutile, quasi, provare a descrivere con le parole come questa McLaren Artura Spider ti incolla al sedile, ma ciò che stupisce è l’armonia con cui lavorano motore termico ed elettrico per regalare una sensazione di spinta infinita che va oltre ciò che sentiamo con le nostre orecchie e che leggiamo sul contagiri. Questo a prima vista potrebbe far pensare a un’esperienza distaccata, ma la verità è che con questa Artura si ha il meglio dei due mondi: la coppia istantanea del motore elettrico non appena si schiaccia il gas e il vigore di un potente motore turbo benzina quando ci si avvicina alla zona rossa e le velocità si fanno interessanti. Certo sentire un 10 cilindri urlare in prossimità del limitatore è (a dir poco) inebriante, ma quando si hanno simili prestazioni e le si può sfruttare appieno grazie alla competenza di tutti i comandi – e non parlo solo dello sterzo, le sospensioni copiano con precisione il manto stradale dando sicurezza e pure un discreto comfort, il cambio robotizzato è rapidissimo e la frenata è potentissima – ci si può godere ogni centimetro di una strada di montagna anche con un’auto così potente e così veloce. 

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BRAVA MCLAREN. Guidando la McLaren Artura Spider su strade belle tortuose e per fortuna poco trafficate non sono state la potenza o la facilità di guida a impressionarmi – e credetemi impressionano – ma il fatto di potermi sentire dopo solo poche decine di minuti alla guida un tutt’uno con la vettura e godermi appieno una curva dopo l’altra come se durassero di più dei pochi istanti con cui questa Artura se le “mangia”. McLaren ha colto l’opportunità: costruire una supercar al passo con i tempi senza perdere ciò che fa di una McLaren una McLaren. Un’auto leggera, chirurgica nell’affrontare qualunque striscia di asfalto e capace di proporre un qualcosa in più in termini di prestazioni assolute in rapporto al prezzo. 276.550 euro non sono affatto pochi (250.900 per la coupé) ma se pensiamo che iniziano ad esserci suv e berline che superano con preoccupante facilità i 200mila, la McLaren Artura ha molto da offrire. Il fascino delle italiane si sa non ha paragoni, ma credetemi a questo giro vale la pena guardare un po’ più a nord…

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