Jaguar F-Type SVR: l’inglese soperdotata
Al cuore non si comanda. Si sa. In questo caso però le donne non c’entrano. È un problema di cavalli. Sotto quel cofano lì ce ne sono troppi. Meglio fare un passo indietro però. Un bel giorno in Jaguar qualcuno ha un’idea: perché non cercare di spremere ulteriormente il 5000cc V8 della R? E così alla Special Vehicle Operations, il dipartimento di matti scatenati che aveva già partorito la Project 7, arriva una strana richiesta. Ecco come i 550 cavalli originari sono diventati 575, mentre la coppia è passata da 680 a 700 Nm. Con questi numeri la F-Type SVR sfonda il muro delle fantomatiche 200 miglia orarie (322 km/h).
SOLITE NOTE. Bella, compatta, una linea sexy ma non estrema (a parte quell’alettone dietro che ha sostenitori e detrattori, dalle parti della nostra redazione…), questa coupé è liberamente ispirata dalle icone del giaguaro, E-Type in testa. Eppure, in questa muscle car all’inglese, ci dev’essere qualcosa che non va. Se no non si spiegherebbe come mai se ne vedono in giro così poche. In realtà la colpa del suo scarso successo è dell’algoritmo che hanno in testa quelli a cui piacciono le auto sportive: a ogni tot di cavalli corrisponde un tipo di macchina. A quota 200 ci sono le berlinette due volumi (le hothatch), a 300 le sportive abbordabili e via via fino a quota 600 o giù di lì. Con questa cavalleria il cervello dell’impallinato dice: motore centrale, trazione posteriore, marchio esotico. Ecco, a voler ben guardare, il vero difetto di questa Jaguar è la sua (stra)potenza: che la stacca dal gruppo delle granturismo e la spara in zona supercar. E così, nella testa dei possibili acquirenti scatta quel ragionamento… che la fa scartare a favore di una tedesca o della Rossa di turno.
CARBONIO E FINE TUNING. In realtà, la SVR è una splendida sportiva: superpotente e superveloce, sa essere altrettanto elegante e godibile. Come le migliori Jaguar. Per rendere guidabile questo razzo si è scelta una trazione integrale, sbilanciata sul posteriore, che ha permesso di mantenere il sedere collegato all’acceleratore, ma senza compromettere la stabilità. E quindi la fruibilità. Il nuovo impianto di scarico in titanio e inconel ha tagliato 16 chili e, per la gioia di piloti e passanti, ha amplificato ulteriormente il ringhio del V8. Le gomme maggiorate chiudono il cerchio delle modifiche assieme al super impianto frenante. Partendo da questi ingredienti, quello che ne è venuto fuori è pura arte di messa punto. Cosa in cui gli inglesi sono maestri: il servosterzo, gli ammortizzatori e le barre antirollio sono stati ampiamente rivisti. Così la SVR ha guadagnato uno sterzo più diretto e un appoggio in curva più sicuro, il tutto senza dover irrigidire le molle (gli stradisti ringraziano). Il tetto in carbonio (optional) permette tra l’altro di abbassare il baricentro (anche solo la percezione, a volte, aiuta lo spirito…), mentre l’impianto frenante carbocermico (optional anche questo, che l’esemplare in prova non monta ma che abbiamo avuto modo di assaggiare negli scorsi mesi) ferma questi 1700 chili scalmanati; il sistema riesce a non affaticarsi neanche dopo ripetute staccate. Anche quelli provati, classici in acciaio non sono niente male. Già, perché nonostante una piccola cura dimagrante questa Jaguar non è certo un peso piuma. E del resto non ha nessuna intenzione di esserlo. In pista sa dire la sua, ma non è una rivale della Porsche 911 GT3. Trattasi di una vera e propria granturismo.
UNA VERA GT. Tre sono le parole che la descrivono perfettamente: grace… space… pace, ovvero grazia, spazio, velocità. Che guarda caso sono un vecchio slogan Jaguar. La grazia è nelle forme: le eleganti linee della carrozzeria sono spruzzate qua e là di aggressività, mentre l’abitacolo è sì sportivo, ma non rinuncia a tutte le comodità. Con tanto di effetti speciali: come le bocchette del climatizzatore, che sono a scomparsa. Lo spazio interno fa parte della natura stessa di una gran turismo, specialmente nella versione coupé: sedili avvolgenti, ma comodi, e 410 litri di capacità del bagagliaio assicurano weekend no problem. Del resto una gran turismo non si giudica dai numeri, ma dalle sensazioni che suscita: e qui c’è il V8 supercharged che spinge con una poderosa linearità fino alla zona rossa; la trazione integrale, poi, permette di utilizzare l’enorme riserva di potenza con una semplicità disarmante. E per finire, il cambio automatico a otto marce è veloce, vero, ma sa essere anche molto fluido quando si ha voglia di comfort. Al cuore non si comanda, d’accordo. Ma al cervello per fortuna sì.