Cielo! Adesso non posso più farne a meno
ANCORA PIÙ ESCLUSIVA. Può sembrare esagerato sostenere che la Cielo, variante “decappottabile” della Maserati MC20 coupé, sia “tutta un’altra auto” (ma in realtà è proprio così…) rispetto alla coupé dalla quale deriva. Proprio come esagerato appare il sovrapprezzo necessario per aggiudicarsela (è a listino a 269.560 euro, optional esclusi, contro i 238.810 della versione chiusa). Eppure, mai come in questo caso si scopre che le differenze valgono la spesa extra, anche perché la Cielo non ha solo un “banale” tettuccio con apertura elettrificata, che a comando scompare in un vano dietro l’abitacolo, ma svela molto molto di più.
CHIAROSCURO Tanto per cominciare il tetto apribile è realizzato con un’ampia struttura in vetro che permette di godere della vista del cielo anche quando si guida in configurazione chiusa. Inoltre, grazie alla tecnologia elettrocromica, basata su cristalli liquidi che si orientano in base al campo elettrico cui sono sottoposti, può essere oscurato e reso opaco agendo sullo schermo tattile al centro della plancia, e può assicurare un isolamento termico, oltre che acustico, che non ha nulla da invidiare a quello della MC20 coupé. Al tutto si accompagna un sistema di movimento con cinematismi incredibilmente compatti e precisi, che permette di scoprire/coprire la vettura in tempi – che abbiamo verificato – compresi fra 12 a 14 secondi. Anche questa operazione è gestibile dallo schermo nella plancia, è azionabile pure in marcia, a patto di non superare i 50 all’ora.
DOPPIA GOBBA Per celare quanto necessario a rendere la Cielo una godibilissima supercar “double face”, il filante lunotto in policarbonato della coupé cede qui il posto a una copertura scolpita, tanto grintosa e personale quanto equilibrata nelle proporzioni: da qualsiasi angolazione la si guardi, questa velocissima convertibile convince sia in configurazione aperta, sia chiusa. La nuova parte posteriore si contraddistingue per le due gobbe, che si dipartono idealmente dai poggiatesta dei sedili e sono collegate da un piccolo lunotto che, a vettura aperta, fa da frangivento ma può scorrere verso il basso sino a scomparire. Ovviamente da lì si gode la vista su un ripiano nel quale campeggia il tridente stilizzato, marchio della Maserati, ispirato all’arma di Nettuno, il dio del mare nella mitologia romana.
IL V6 NON CAMBIA Non suona dunque fuori luogo che “Nettuno” sia anche la denominazione del 3.0 V6 collocato proprio lì sotto, alle spalle dell’abitacolo, ed è invariato rispetto a quello della coupé. Monta un turbocompressore per ciascuna delle due bancate a V di 90° e sfrutta un sistema di combustione con precamera, derivato dalla Formula 1. Ed è sdoppiato il sistema di alimentazione, che prevede sia l’iniezione indiretta, sia quella diretta che interviene quando la richiesta di potenza cresce. Sono due anche le candele in ciascun cilindro, una delle quali accende la miscela aria-benzina nella precamera e l’altra (attiva solo ai bassi carichi) che ne stabilizza la combustione.
OTTO MARCE PER TUTTE LE OCCASIONI Nonostante il frazionamento inferiore a quello di unità che equipaggiano le rivali, il V6 Nettuno ha prestazioni al top: eroga 630 CV a 7500 giri (quindi 210 CV/litro in termini di potenza specifica) e 730 Nm di coppia fra i 3000 e i 5500 giri. A inviare tanta “birra” alle ruote posteriori provvede un velocissimo cambio robotizzato a doppia frizione con 8 marce, selezionabili anche manualmente dal volante tramite i lunghi paddle fissi, che sono stati migliorati nell’ergonomia proprio in occasione dell’arrivo della Cielo. I primi sei rapporti sono ravvicinati, scalati per sfruttare al massimo le prestazioni, mentre il settimo e l’ottavo sono “di riposo”.
FIBRE LEGGERE. La struttura del telaio riprende quella della MC20 coupé : una scocca centrale in fibra di carbonio, nella quale è ricavato l’abitacolo, è combinata a elementi anteriori e posteriori in alluminio. L’impiego del materiale composito è esteso alle portiere “ad ala di farfalla”, che si aprono ruotando in avanti e verso l’alto. L’effetto “wow!” è dunque garantito, ma non prescinde da piccole attenzioni alle esigenze pratiche: quest’auto alta appena 122 cm (per una lunghezza di 467 e una larghezza di 197, specchi esclusi) offre due piccoli bauli, uno piccolo davanti (50 litri), dotato di rete fermacarico, e uno in coda, più ampio (100 litri) e soprattutto più profondo (27 cm invece dei 10 di quello anteriore). Quanto alla massa, per la Cielo vengono dichiarati 1560 kg, circa 65 in più rispetto alla MC20 standard, ma le prestazioni ufficiali sono di fatto le medesime: 2,9 secondi nello 0-100, 9,2 nello 0-200 e 323 km/h di punta.
FILOSOFIA ANALOGICA. Pur pensata per non deludere nell’uso quotidiano – e anche per questo ricorre a tecnologie all’ultimo grido – la Maserati MC20 Cielo resta fondamentalmente una sportiva “analogica” nello spirito e nella filosofia. E non soltanto perché il suo powertrain è esente da ibridazioni (piuttosto, è nei programmi della Maserati una versione elettrica pura). Qui, infatti, l’elettronica di controllo – che gestisce pure le sospensioni attive – può essere finemente modulata. Per farlo, nel tunnel c’è un inedito controller che sostituisce la precedente manopola con tasto centrale vista nella coupé, peraltro anch’essa aggiornata: presenta una superficie tattile che consente di passare fra selezione delle modalità di guida e regolazione degli ammortizzatori.
PUOI TOGLIERE OGNI FILTRO. Per esempio, se si imposta la modalità Corsa le valvole a controllo elettronico nello scarico rimangono sempre aperte, la voce del motore diventa più “cattiva” e la sua risposta più pronta come pure quella del cambio. Inoltre, si può pure attivare il “launch control” per effettuare partenze da dragster: la soglia di intervento dei controlli elettronici si innalza e chi ci sa davvero fare può addirittura disinserire il traction control. In questa modalità è anche possibile settare le sospensioni su “Hard”, la regolazione più adatta alla pista, oppure, se il manto stradale non è proprio levigato, renderle meno “rigide” passando alla “Mid”.
SA PURE ESSERE “DOLCE”. La medesima taratura d’assetto “Mid”, in alternativa alla più confortevole “Soft”, è associabile, per quanto riguarda il motore, alle modalità “Sport” (meno cattiva della “Corsa”) oppure a quella di default, che si chiama “GT”: quest’ultima fa aprire le valvole di scarico a 5000 giri, anziché a 3500, e rende più civile l’erogazione per adattare meglio l’elettronica alla guida su strada. Infine, se l’aderenza scarseggia (come per esempio sotto la pioggia) si può ripiegare sul programma “Wet”, che rende la MC20 Cielo ancora più docile da domare.
SUPERCAR A 360°? Certo è che, pur essendo una sportiva estremamente “caratteriale” (anche nell’estetica), la MC20 Cielo svela sfaccettature da granturismo quasi inaspettate. Lo fa con un abitacolo relativamente ampio e soprattutto raffinato, provvisto di tutto quanto serve sulle strade di tutti i giorni: dal navigatore, le cui indicazioni possono essere ripetute anche nel cruscotto digitale (un pannello di 10,25”, la stessa taglia di quello al centro della plancia), alla telecamera perimetrale, per arrivare alla piastra di ricarica wireless per lo smartphone. D’altronde pure il comfort non è male, a patto di scegliere i settaggi meno sportivi: a tal proposito basti pensare che a 130 orari, in ottava marcia, il V6 “ronfa” ad appena 1750 giri, e rispetto a quando lo si fa ululare ad alto regime, sembra quasi un agnellino.
IL BLIND SPOT DOVREBBE ESSERE DI SERIE. Per i piloti di stazza robusta l’accesso all’abitacolo non è dei più agevoli, anche per il massiccio e prominente montante del parabrezza parecchio inclinato, ma dopo essersi incastonati nel fascinoso sedile racing in Alcantara da questo abitacolo non si vorrebbe uscirne più. Nei primi chilometri, mentre si cerca di vincere la naturale soggezione verso una vettura così potente e reattiva dinamicamente, ci si trova a fare anche i conti con la scarsa visibilità: l’inquadratura degli specchi retrovisori esterni è in gran parte limitata dalle giunoniche fiancate posteriori, che ospitano le ampie prese e i convogliatori d’aria per il motore, mentre la vista laterale sulla destra è oscurata dalla carenatura del sistema di ricovero del tettuccio, il che rende problematico l’immissione da destra in una arteria ad alto scorrimento. Per questa ragione, il sistema di controllo dell’angolo cieco nei retrovisori dovrebbe essere di serie, anziché optional.
SENZA RESPIRO. Ad ogni buon conto basta un bel paio di accelerate decise per liberare la mente da ogni altra considerazione e assaporare appieno la presenza del motore senza filtri. E l’aria che entra prepotente nell’abitacolo, quando si viaggia a capote aperta, rende totale la percezione delle prestazioni. Per quanto il V6 riprenda sornione anche in sesta o settima, persino in salita, da meno di 1500 giri, accelerando da 3000 giri attacca letteralmente al sedile e, con un urlo che, dopo i 5000, assume toni “lancinanti”, porta d’un fiato ai 7800 giri dove il cambio ordina, secco come una fucilata, il passaggio al rapporto successivo. Ne risulta che i rettilinei diventano dannatamente corti e le curve si susseguono con una frequenza impressionante.
PRIMA INIBISCE, POI ESALTA. Così viene spontaneo, per l’istinto di conservazione, attaccarsi al volante e, all’inizio, tenere il piede destro sempre pronto a passare a quello dei freni. Ma prendendo il ritmo si scopre che non è così necessario. Anche quando si spinge, lo sterzo risponde con una precisione quasi commovente. È come trovarsi fra le mani un bilanciare e un compasso: col primo ci si inserisce in curva con rigore micrometrico e si corregge senza fatica e in modo sempre redditizio, mentre il secondo permette di percorrere traiettorie al bacio, raccordando fluidamente anche curve collegate che variano improvvisamente di raggio. Insomma, il gusto sembra non avere mai fine, grazie anche a sospensioni elettroniche che sanno adattarsi con prontezza alla variazione del fondo stradale, anche se gibboso e tormentato. E, manco a dirlo, i freni carboceramici (optional) della nostra Cielo sono il partner ideale di qualità dinamiche così sopraffine: potenti e incredibilmente tenaci, richiedono però assuefazione, perché avendo bisogno di lavorare alla temperatura ottimale, non sono prontissimi alle lievi pressioni, e richiedono sempre un carico forte e costante per dare il meglio.