Ciao Lamborghini Huracán, ci mancherai!

Dieci anni di successi, dieci anni di emozioni. Una carriera senza mezzo passo falso, quella della Lamborghini Huracàn, una supercar che al lancio si presentava con una sfida tutt’altro che facile: rimpiazzare il più grande successo di Sant’Agata Bolognese (fino ad allora), la Gallardo. Le prime reazioni della stampa non furono poi tutte così positive, con chi, addirittura, accusava la Huracán di aver perso quel pizzico di follia che contraddistingueva ogni Lamborghini in favore di un rigore tipicamente tedesco. Dieci anni dopo, possiamo dire che chi la pensava così si sbagliava. Anzi, si sbagliava di grosso. La Huracàn era la supercar del Toro più facile da utilizzare di tutte e la prima generazione, la LP610-4, non aveva un grandissimo sterzo, d’accordo, ma quello che nessuno si poteva immaginare una decade fa era quanto, e con che sorprendenti risultati, la Huracàn avrebbe potuto evolversi negli anni a venire. 

LA PUNTA DI DIAMANTE. Performante prima, STO poi, passando per la Evo e per le prime versioni a trazione posteriore, che tirando via alle ruote davanti l’incombenza di dover anche muovere l’auto miglioravano in un colpo solo e di molto l’agilità e la precisione di guida della Huracàn. La Sterrato ha mostrato il lato più originale e non convenzionale di una piattaforma così riuscita da permettere a quel mitico V10 al centro di avventurarsi persino lontano dall’asfalto, ma la versione che a parere di chi vi scrive questo articolo meglio somma tutte le qualità della Lamborghini Huracàn è lei, la Tecnica. Versione a metà strada tra la “base” e la STO, da quest’ultima ha ereditato il motore da 640 cavalli, la trazione posteriore e lo sterzo direttissimo e privo della fastidiosa servoassistenza variabile, senza cedere a un assetto “pronto pista” super rigido e alle varie scomodità della più “corsaiola” STO. 

SCORRE NELLE VENE. Una supercar da godere anche su strada, dove alla pura velocità si preferisce un’andatura rapida sciolta, quel tanto che basta per passare i 3-4.000 giri e far aprire le valvole di scarico. Un suono dirompente che ti entra nelle ossa e ti arriva dritto dritto al cervello, facendoti immediatamente salire l’adrenalina e sopratutto l’allegria. Motori così rumorosi di serie difficilmente ne rivedremo, ma oltre ai decibel (vi lascio qui sotto la prova dello scorso anno in condizioni tutto fuorché ideali della Tecnica per sentire a tutto volume il rombo accattivante del suo V10) a impressionare di questo 10 cilindri da 5,2 litri è la timbrica: sempre più acuto verso la linea rossa, dannatamente piacevole anche quando si è al minimo. L’acceleratore, oltre a portarvi in fretta a velocità non del tutto dichiarabili, diventa un vero strumento musicale con cui far risuonare a piacere tutte le infinite note di questo motore. 

GUIDAMI ANCORA. Se poi, come dicevo poc’anzi, a questo incredibile capolavoro di ingegneria si unisce una dinamica di guida di altissimo livello, il gioco è fatto: la Lamborghini Huracán Tecnica ti rapisce, invogliandoti a utilizzarla il più possibile anche a costo di dover fare i conti con le inevitabili “scocciature” di una supercar nella vita di tutti i giorni (baule piccolo, poca visibilità, altezza da terra risicata, impianto audio e multimedia nel caso della Huracán ormai datato, eccetera eccetera). Insomma di auto che vanno veloci ce ne sono tante, di auto specialmente moderne che ti conquistano a tal punto molte, molte meno. Ecco, con poche parole e pochi termini classici delle recensioni automobilistiche, spero di avervi fatto capire che cosa si prova quando ci si trova al cospetto della Lamborghini Huracán e perché mi mancherà e ci mancherà così tanto. 

GUARDIAMO AVANTI. In un’eterna e ideale lotta tra passato e futuro si scontrano il più delle volte i nostri sogni automobilistici: i cavalli aumentano di anno in anno, le automobili sono sempre più veloci e al contempo facili da controllare e il rischio è sempre lo stesso, perdere quella buona dose di passione e coinvolgimento alla guida che non si misurano in tempi sul giro. Un discorso sempre attuale, specie in questi anni dove l’elettrificazione è giunta come un fulmine a ciel sereno a cambiare (e di molto) come vanno le nostre amate automobili. Ma a dire il vero, non bisogna commettere l’errore di pensare che prima non accadesse lo stesso: persino l’abbandono dei carburatori o l’introduzione di dispositivi di sicurezza che oggi consideriamo normali, come l’ABS o l’ESC, aveva fatto gridare allo scandalo più di un appassionato in un ricorrente ripudio a ciò che verrà. Eppure senza progresso tecnologico, senza quel continuo avanzamento che l’automobile ha fatto nei 130 anni della sua lunga storia, non avremmo potuto avere tutti quei fantastici oggetti che animano il nostro amore per le cose che vanno veloce. Dire addio al V10 è difficile, dire addio alla Huracàn altrettanto, ma per creare nuovi miti e nuovi sogni per le generazioni a venire c’è bisogno anche di questo, di lasciarsi indietro il passato e abbracciare il futuro. Benvenuta Temerario!

Un caloroso ringraziamento a Marco Ronchetta e alla sua bellissima e verdissima Huracán Tecnica!