Mazda
“Miata” e motori rotativi: sono questi gli ingredienti dei sogni di chi aspira al marchio di Hiroshima. E in questi tempi di omologazione non è poco. La Mazda esordisce nel 1920 come industria meccanica e il suo primo veicolo è un motocarro che inizia ad essere prodotto nel 1931. Di auto, invece, non se ne parla fino a ben oltre la conclusione della Seconda Guerra Mondiale e il primo modello in grado di riscuotere un’accoglienza degna di nota è la “tascabile” R360 del 1960. A metà degli anni ’60 la casa giapponese sposa la causa del motore rotativo Wankel e continua a svilupparlo quando anche gli altri costruttori, che all’inizio lo hanno preso in considerazione, si ritirano, e addirittura arriva a vincere la 24 Ore di Le Mans del 1991 con una vettura equipaggiata con un quadrirotore. La prima sportiva Mazda a diventare famosa anche oltre i confini giapponesi è la Cosmo Sports 110S del 1967, equipaggiata proprio con un Wankel, così come le successive RX-7 (tre generazioni dal 1978 al 2002) e RX-8 (dal 2003 al 2012). Ma nonostante i buoni risultati commerciali ottenuti con berline e suv di varie taglie, la vettura che garantisce alla Mazda un successo globale ha un motore convenzionale a pistoni: è la MX-5, che debutta nel 1989 ispirandosi alle roadster inglesi degli anni’60 (alla Lotus Elan in particolare) e ottiene subito uno strepitoso successo mondiale, al punto che nelle sue quattro generazioni diventa la spider più venduta della storia dell’automobile, superando largamente il milione di esemplari prodotti. Continuando ad essere apprezzata anche quando le fortune commerciali di questo genere di vettura diminuiscono nettamente. Dopo essere stata per anni indipendente - un caso quasi unico nel panorama automobilistico moderno - nel 2017 ha stretto un accordo con la Toyota che sta originando modelli basati su piattaforme comuni.