Jaguar
Gli alti e i bassi della storia del marchio del “giaguaro” ci hanno regalato sportive eccezionali, di un’eleganza quasi inarrivabile ma anche con una buona dose di “sense of humor”. Oggi il miracolo E-Type sembra poco replicabile, con buona pace di Diabolik, ma il traghettamento verso la modernità procede nella direzione giusta. La Casa britannica inizia la sua attività nel 1922 costruendo sidecar, ma ben presto passa alle auto che, dagli anni ‘30, diventano l’unico business. Per la verità all’inizio l’azienda si chiama SS Cars, ma dopo la Seconda Guerra Mondiale il nome evoca emozioni decisamente negative, così viene cambiato in Jaguar dal 1945, in occasione del debutto della Mark IV. La formula che combina lusso e sportività con prezzi relativamente accessibili rispetto ai prodotti della concorrenza, porta al successo vetture come la XK120 del 1948, la E-Type del 1961 (che, per sua stessa ammissione, piace anche a Enzo Ferrari) e le berline MK2 del 1959 e XJ del 1968. Quest’ultima, grazie al suo 5300 V12, si impone come la berlina più veloce del mondo della sua epoca. Ma negli anni ’50 arrivano anche i successi sportivi, specialmente a Le Mans. Dal punto di vista economico, però, le cose non vanno benissimo e la Jaguar confluisce prima nel gruppo BMC che, a sua volta, si fonde nella British Leyland, la quale viene addirittura nazionalizzata negli anni ’70. Negli anni ’80 la Jaguar arriva a un passo dalla chiusura e nel 1990 viene acquistata dalla Ford, che impone un abbassamento del livello di ingresso con la X-Type, basata sul pianale della Mondeo e, per questo, ripudiata dagli estimatori del marchio. Nel 2008 la proprietà passa all’indiana Tata, come quella della Land Rover del resto, che impone una svolta stilistica, introduce i modelli suv e dà il via alla conversione elettrica con la i-Pace.