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Aston Martin

L’Aston Martin è così “cool” che più “cool” non si può. E lo è da quando è stata plasmata nelle nostre memorie dai racconti di Ian Fleming e di 007. E non è diventata meno “british” nemmeno con i motori AMG che la spingono adesso. È vero che il marchio inglese guadagna la fama mondiale quando la sua DB5 finisce nelle mani di James Bond negli anni ‘60, ma nasce nel 1913 come concessionaria Bamford & Martin per vetture Singer, che si mettono in luce nelle competizioni. Il nome viene poi cambiato in Aston Martin unendo il nome di una cronoscalata conclusa vittoriosamente (la Londra-Aston Clinton) e il cognome del socio superstite Lionel Martin, dopo la rinuncia dell’altro fondatore Robert Bamford. Dopo esser passata tra le mani di vari vari proprietari, tra i quali anche l’italiano Augusto Cesare Bertelli, l’Aston Martin viene rilevata nel 1947 da David Brown (le cui iniziali DB compaiono nella sigla di molti modelli) che orienta la produzione verso le sportive di lusso con motori di cilindrata elevata. Brown acquista anche la Lagonda, per poter utilizzare il suo 6 cilindri, e si accorda con la carrozzeria milanese Touring per disporre della struttura brevettata denominata Superleggera. La produzione prosegue nel corso degli anni con modelli di nicchia, ma senza mai portare l’azienda alla solidità economica. Nel 1987 l’Aston Martin viene acquisita dalla Ford, che vuole rilanciarla insieme alla Jaguar. Ma nel 2007 il gruppo americano se ne libera e il marchio viene rilevato da una cordata di investitori capitanata da David Richards, proprietario, tra l’altro, della Prodrive che prepara le Subaru vittoriose nei rally. Nel 2012 l’Aston Martin passa nelle mani del fondo Investindustrial dell’italiano Andrea Bonomi, che stringe anche un accordo per la fornitura di motori da parte di Mercedes. Poi Bonomi esce definitivamente dall’Aston Martin nel 2020, dopo che il controllo è stato progressivamente preso dal magnate canadese Lawrence Stroll, che riporta l’Aston Martin anche in F1.

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