La Bentley Speed Six è tornata, 94 anni dopo

La Bentley Speed Six è tornata, 94 anni dopo

Novantaquattro anni dopo l’ultimo esemplare, una Bentley Speed Six è uscita dai cancelli della fabbrica di Crewe. Identica a quella degli anni ’20 e ’30, ma nuova di zecca. Un miracolo? In un certo senso sì, ma fino a un certo punto. Perché gli artigiani della Mulliner, il reparto della casa specializzato in carrozzerie e allestimenti “su misura”, non sono certo nuovi del mestiere. E per riprodurre fin nei più piccoli particolari le vetture del passato, là dove non riescono ad arrivare possono contare su una fitta rete di fornitori e specialisti che si estende in tutto il Regno Unito.

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OTTO MESI DI GESTAZIONE. Dal momento in cui gli uomini della Bentley hanno preso in mano cacciaviti, martelli e seghe circolari a quando hanno avvitato l’ultimo bullone e dipinto di bianco il numero 4 che occupa quasi per intero l’enorme griglia del radiatore, sono trascorsi otto mesi. Un tempo record, considerando che il cliente aveva ordinato la sua Speed Six più o meno un anno fa.

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UN LAVORONE. Prima di accendere le luci dell’officina, i ragazzi del team Bentley hanno ripreso in mano i disegni originali dell’auto e rilevato con sistemi laser 3D scanner le forme della Speed Six con cui Woolf Barnato e Glen Kidston vinsero la 24 Ore di Le Mans nel 1930. Per dare un’idea della mole (e della complessità) di un lavoro del genere, vi basti pensare che solo il motore, un 6.5 da circa 200 CV costruito tutto in alluminio (una vera innovazione, per l’epoca), ha richiesto la realizzazione da zero di 600 componenti, tra cui il monoblocco, fabbricato per fusione.

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HA GUADAGNATO QUALCHE CAVALLO. La costruzione ex novo, abbinata a una sapiente messa a punto, ha permesso di spremere una manciata di cavalli in più dal gigantesco quattro cilindri. Nulla di straordinario, ma va detto che l’obiettivo era creare un clone perfetto della Speed Six originale, e non, come per molte altre scuderie di auto storiche, una “belva” dalla cavalleria esagerata figlia degli ultimi progressi e ritrovati della tecnologia meccanica. Detto questo, di certo un po’ di sprint in più non dispiacerà al proprietario della fotocopia di quel gioiello dal valore inestimabile che è la Bentley più vincente della storia. Specie se deciderà di portarla in pista, magari, chissà, al prossimo track day organizzato dal Benjafield’s Racing Club, storico circolo di facoltosi appassionati che tengono viva la loro passione per le Bentley da corsa d’epoca lasciandola sfogare tra i cordoli di un circuito.

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IN PISTA, CENT’ANNI DOPO. Nell’ultimo evento, 87 piloti si sono alternati al volante di 25 Bentley d’anteguerra, dando spettacolo per 24, ininterrotte ore sull’asfalto dell’autodromo di Portimão, in Portogallo. A festeggiare i cent’anni della prima vittoria della casa inglese a Le Mans, c’era anche la primogenita del progetto Continuation Series, ossia la Blower “gemella” della mitica #2 con cui nel 1930 Sir Tim Birkin fece vedere i sorci verdi a Rudolph Caracciola, che il 21 giugno di quel 1930, sul rettilineo del Circuit de la Sarthe, partì coi favori del pronostico, ma all’85ª tornata fu costretto ad alzare bandiera bianca per un guasto all’impianto elettrico della sua Mercedes, lasciando campo libero alle Bentley. 

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