La prima The Little Car Company compie 3 anni

La prima The Little Car Company compie 3 anni

Tutti abbiamo avuto da bambini quelle macchinine giocattolo dove ci piazzavamo a pedalare – o a pigiare con foga sull’acceleratore, per chi ha avuto il privilegio “borghese” di avere una minicar a batteria – immaginando di guidare una Porsche 911 Turbo o una Ferrari F40 a tutta velocità, anche se magari avevamo due anni e capivamo a malapena il concetto di auto, figuriamoci di supercar.

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UN SUCCESSO SOPRA LE ATTESE. Non è trascorso molto tempo da quando un’azienda del Bicester ha pensato: “E se facessimo macchinine elettriche in scala che riproducano fedelmente modelli classici, ma per adulti facoltosi?”. L’idea, sulla carta, pareva assurda, anche perché un modello della The Little Car Company può costare ben più di una Lotus Emira o di una Cayman GT4 vere; invece è stata un successo, clamoroso per di più.

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“GIOCATTOLINI” PER SUPER  RICCHI. In questi giorni la The Little Car Company sta festeggiando i tre anni dalla consegna della sua prima automobilina di lusso, una Bugatti Baby II. Da allora, sono più di quattrocento le vetture prodotte, consegnate in oltre 50 paesi. Cinque, finora, i modelli apparsi nella gamma del costruttore britannico: la sopracitata Bugatti, l’Aston Martin DB5 Junior, la Ferrari Testa Rossa J, la Tamiya Wild One Max e – ultima in ordine d’arrivo, ma non per importanza – la Bentley Blower Jnr. A prezzi stellari (una baby Testa Rossa può costare anche più di 100.000 euro) ci si porta a casa modelli in scala 3:4 (o grandi l’85% dell’auto vera, nel caso della Bentley) iperrealistici, mossi da motori elettrici con potenze fino a 38 CV e con punte che sfiorano i 100 orari.

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OSSESSIONE PER IL DETTAGLIO. I prezzi così salati sono parzialmente giustificati dalla cura maniacale che compagnia riserva alla costruzione delle sue automobiline, paragonabile alle migliori aziende di restomod. Prendiamo, per esempio, la Ferrari TR J (ormai fuori produzione): la carrozzeria è in alluminio battuto a mano come l’originale 250 TR, le linee sono le medesime ma in scala (i disegni usati provengono direttamente dall’archivio di Ferrari Classiche), la vernice è applicata secondo il moderno processo utilizzato a Maranello, le sospensioni sono firmate Bilstein, le gommePirelli, i pedali derivano dalla F8 Tributo, gli interni profumano di anni ’50 e il manettino è ispirato a quello della 812 Superfast. Tutto ciò forse non giustifica appieno un assegno da circa 100.000 euro, ma capirete bene che la cura con cui sono realizzate queste baby auto rasenta la maniacalità.

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MINI DIMENSIONI, MAXI DIVERTIMENTO. La Bentley è uno dei due soli modelli omologati per la circolazione stradale, ma se avete 100.000 euro da spendere in un giocattolo probabilmente vivrete in una tenuta sconfinata in cui una classica in formato mignon potrebbe essere utile per spostarvi o per far divertire vostro figlio. Per quanto le piccole auto d’epoca inglesi siano affascinanti, tanti adulti si scioglieranno di fronte alla Tamiya, versione a grandezza naturale della Wild One radiocomandata del 1985; guidare l’automobilina sogno di ogni ragazzino è un’emozione senza prezz… ehm, scusate, è un’emozione da 41.000 euro – tasse e spedizione escluse, of course. Quasi un affare, rispetto alla Ferrari, e dannatamente divertente, specialmente in fuoristrada e specialmente se considerate che quel super buggy anni ’80 è omologato per la circolazione su strada, tocca i 100 orari e ha una autonomia di 200 chilometri.

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FUTURO A SORPRESA. La The Little Car Company si è buttata in una selva oscura di incertezza, uscendone vittoriosa e florida, con una produzione sempre più satura e modelli sempre più curiosi e creativi. Vero, inutile girare intorno al prezzo da appartamento dei suoi gioiellini, ma va reso il merito all’idea geniale e alla realizzazione più che curata di “giocattoli” adorabili e, a detta di chi li ha provati, anche divertenti da guidare. Inutile dirvi che non vediamo l’ora di vedere il prossimo coniglio tirato fuori dal cilindro…

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