Volkswagen Golf GTI: la capostipite
Un’auto leggendaria, o meglio otto generazioni di un’auto che è nata già nella leggenda. La Golf GTI, presentata nel 1975 al Salone di Francoforte, un anno dopo il lancio della berlinetta Volkswagen di maggior successo della storia, è il frutto del “dopolavoro” di un gruppo di tecnici e ingegneri Volkswagen che, nel tempo libero, avevano deciso di creare un modello ad alte prestazioni della due volumi disegnata da Giorgetto Giugiaro. Dato che il progetto stava proseguendo con una tanta determinazione, al team di lavoro fu concesso di utilizzare le strutture di Wolfsburg ma con il divieto assoluto di occuparsene durante le normali ore di lavoro.
IN PISTA O AL SUPERMARKET. Si tratta di una storia unica, in cui l’allora Responsabile Ufficio Stampa e P.R. della Volkswagen Anton Konrad ebbe un ruolo chiave. La Golf GTI non deve la sua nascita a un solo creatore, ma piuttosto a un gruppo di “spiriti affini” che la progettò e sviluppò per la produzione di serie. Fu però proprio Anton Konrad a dare avvio concreto al progetto e a mettere in atto tutti gli sforzi necessari per coordinarlo: pilota di auto dilettante, giornalista e ingegnere, Konrad aveva buoni rapporti con tutti i dipartimenti dell’azienda. “Alcuni ingegneri di Wolfsburg avevano pensato a una Golf sportiva sin dalla nascita del modello, ma l’atmosfera generale consigliava di procedere con cautela”, spiega Konrad, nel ricordare la situazione del tempo. In quegli anni, infatti, alla Volkswagen gli investimenti erano tutti concentrati sulla nascita della Golf “classica”, inoltre l’idea di un modello sportivo non era molto ben vista, perché si temeva potesse incoraggiare comportamenti pericolosi al volante. “Volevamo costruire 5000 esemplari di una Volkswagen sportiva ma sobria, che andasse bene per fare la spesa e allo stesso tempo fosse a suo agio in pista”, aggiunge Konrad. “Tutto questo richiedeva professionalità e altrettanta segretezza, visto che il progetto non era ufficiale”.
NASCE UNA STELLA. Così, Konrad invitò quattro esperti della Volkswagen a casa sua che, davanti a birra e tartine, iniziarono a collaborare al progetto fuori dall’orario d’ufficio e nei weekend: erano l’allora Responsabile del Progetto Golf Hermann Hablitzl, l’esperto di Telai Herbert Horntrich, l’ingegnere dello Sviluppo Alfons Löwenberg e Horst-Dieter Schwittlinsky del Marketing. A questi si aggiunsero lo specialista d’Interni Jürgen Adler, Gunther Kühl del Motorsport ed Herbert Schuster, nominato intanto Responsabile per lo Sviluppo. Dopo alcuni prototipi basati sulla piattaforma della coupé Scirocco e giudicati troppo estremi, questo “gruppetto” riuscì a raggiungere la sintesi perfetta con una Golf sportiva costituita da componenti di serie. Battezzata GTI, ottenne un netto benestare per la produzione da parte del Consiglio d’Amministrazione, impressionato dalle prestazioni e persuaso anche dall’utilizzo di pezzi comuni e affidabili. Il mese di giugno del 1976 vide l’avvio della produzione in serie della prima Golf GTI. Quantità prevista della prima edizione limitata: 5000 GTI. Le cose, poi, andarono diversamente. Prima del debutto mondiale all’IAA di Francoforte nel 1975, la divisione Vendite aveva fatto una previsione cupa: “Non riuscirete a venderne 500, di queste GTI”. Avevano ragione: la Volkswagen non vendette 500 Golf GTI; da allora, infatti, ne ha vendute oltre 2 milioni.
QUANTO ANDAVA? Il motore da 1,6 litri con iniezione meccanica di benzina K-Jetronic della Bosch, utilizzato per la prima volta nel 1975 sull’Audi 80 GTE, nello stesso anno sulla VW Scirocco GTI/GLI e dal 1976 sulla VW Golf GTI, offriva una guida brillante su un’auto compatta adatta all’uso quotidiano. Le lettere GTI stanno per Grand Tourisme Injection. La potenza del motore di 110 CV e il peso a vuoto di 810 kg aiutavano la Golf GTI a raggiungere prestazioni di rilievo. La velocità massima era infatti di 182 km/h, un valore alla portata solo delle migliori “due litri” del mercato e l’accelerazione da 0 a 100 km/h era coperta in 9,2 secondi. Per il modello 1983 (dall’autunno 1982), la cilindrata del motore fu aumentata a 1781 cc, la potenza salì a 112 CV e fu accompagnata da un leggero aumento delle prestazioni (velocità massima 190 km/h; 0-100 km/h in 9 secondi). I motori richiedevano benzina super a 98 ottani, ma potevano funzionare anche con la Eurosuper a 95 ottani regolando l’accensione.
A PASSEGGIO. La vettura fu offerta nel 1976 con un prezzo base di 13.850 marchi (equivalenti a 19.800 euro nel potere d’acquisto odierno e adeguati all’inflazione) – nel 1986, il modello successivo Golf II GTI costava 24.140 marchi (24.500 euro). Per non spaventare i potenziali clienti della Golf “normale” in vista della GTI, in un comunicato stampa rivolto alle casalinghe si leggeva: “si può guidare anche a velocità da passeggio senza scossoni quando si fa la spesa”. Originariamente, come accennato poco fa, era prevista soltanto una serie speciale di 5000 unità, ma la domanda superò ogni aspettativa: la produzione iniziò nel giugno 1976, nel 1977 furono immatricolate 21.836 vetture solo in Germania e il 1979 vide il massimo numero di nuove immatricolazioni con 31.997 esemplari. La prima serie della GTI fu prodotta solamente con la carrozzeria a 3 porte, salvo l’esemplare unico a 5 porte donato a Giorgetto Giugiaro.
UNA MARCIA IN PIÙ. Lungo la sua carriera si ebbero due principali aggiornamenti: il passaggio al cambio a 5 marce nel 1978 – in origine era a 4 rapporti – e l’adozione dei paraurti in plastica più ampi, con fanaleria posteriore allargata dal 1982, quando esordì il motore da 1781 cc e 112 CV. Non cambiarono mai invece i segni particolari del modello: cornice rossa della calandra, bordo nero opaco al lunotto, pomello del cambio a forma di pallina da golf. Alcuni prepratori, come il tedesco Oettinger, svilupparono una testata a 4 valvole per cilindro che portava la potenza a 136 CV; soluzione questa che fu adottata dalla Volkswagen solo sulla seconda generazione della Golf GTI. Interessante, per i collezionisti, la serie speciale Pirelli, con i cerchi in lega specifici firmati dal Costruttore milanese di pneumatici. Fu prodotta nel 1983 in un’edizione limitata di 10.500 esemplari.
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È lei. Das auto.
Volkswagen è l’unica vera contendente di Tesla.
Volkswagen è “das auto” dalla prima Golf MK1 a tutte le seguenti. Mai un guasto o un problema.
Poi il dieselgate.
Come se non si sapesse.
Tutti sapevano.
Acceleravi da fermo, in folle e il motore non saliva di giri, insistevi e non saliva di giri: bloccato elettronicamente.
Dal turbo diesel all’elettrico a quell’ID.3 pseudo monovolume e la SUV con i freni a tamburo, l’ID.4.
La piattaforma MEB full electric a trazione posteriore, quella che doveva convincere, la batteria a celle pouch e gli upgrade del software over-the-air.
Ma la domanda è: perché non disegnano una riedizione della Golf MK1 per quell’ID.2 hot hatch?
E tutti gli studi aerodinamici della XL1 e dell’argenteo siluro ARVW Aerodynamic Research Volkswagen?
Perché non un’elettrica iper aerodinamica a due posti?
Dimenticato l’epilogo del caro Dott. Diess Volkswagen è indecisa ai blocchi di partenza.
Allora, perché non due nuove Volkswagen, anzi tre: la Golf MK1 alias ID.2 seguendo fedelmente le linee tese tracciate da Giorgetto Giugiaro, l’aerodinamica XL1 EV e perché no? Anche il siluro elettrico a due posti ARVW.
Troppo di nicchia?
Vorrei vedere quale pendolare, rappresentante di commercio o compagnia robotaxi non desideri un siluro aerodinamico ad elevata autonomia, massima efficienza e superficie fotovoltaica di apporto all’autonomia elettrica.