OM 665, la più “Superba” della Mille Miglia
Immaginate la soffice moquette dei padiglioni di Auto e Moto d’epoca e le carrozzerie tirate a lucido delle auto in mostra, uscite dai musei e dai garage di sontuose collezioni private per dare lustro e prestigio a una delle kermesse di settore più rinomate al mondo. Ora prendete questa immagine idilliaca e “pettinata”, condita da sfiziosi buffet a base di tramezzini gourmet, finger food e bollicine, e spazzatela via sostituendola con gli sbiaditi fotogrammi in bianco e nero di una gara epica che in 24 edizioni e per un trentennio, tra il 1927 e il 1957, ha tenuto con il fiato sospeso un’intera nazione – la nostra – e i migliori piloti in circolazione.
UGUALE ALLA VINCITRICE. Naturalmente, stiamo parlando della Mille Miglia, la corsa più bella che ci sia o, come la definiva Enzo Ferrari, “il più bel museo viaggiante del mondo”, e di un’auto che come nessun altra, a Bologna Fiere, poteva raccontarne il fascino unico e le imprese irripetibili. Già, perché la torpedo sportiva esposta allo stand della Mille Miglia, una OM 665 “Superba” del 1929 che sembra appena uscita dalla fabbrica, è identica a quella con cui, due anni prima, Ferdinando Minoia e Giuseppe Morandi tagliarono per primi il traguardo della prima edizione della mitica Freccia Rossa.
UNA TRIPLETTA TARGATA OM. A quei tempi le corse automobilistiche si svolgevano in condizioni di sicurezza a dir poco precarie: le auto avevano carrozzerie aperte assai vulnerabili in caso d’incidente, con lamiere sottili non certo pensate per proteggere il pilota e il navigatore, quanto, semmai, per limare ogni singolo chilogrammo superfluo che avrebbe potuto essere d’intralcio nella corsa verso la vittoria. Minoia e Morandi, il 27 marzo 1927, alla Mille Miglia l’agguantarono con la loro OM 665 “Superba” percorrendo gli oltre 1.600 chilometri del percorso da Brescia a Roma e ritorno in poco più di 21 ore, a una velocità media di 77,2 km/h. Accanto a loro, sul secondo e sul terzo gradino del podio, salirono gli equipaggi Danieli-Balestrero e Danieli-Rosa, anche loro a bordo di due OM 665 “Superba” S torpedo Sport.
DUE FACCE DI UNA STESSA MEDAGLIA. Una tripletta che spiega molto bene il legame unico tra l’auto e la corsa che l’ha consacrata alla leggenda: basti pensare che oggi chi presenta una domanda d’iscrizione alla rievocazione storica della Mille Miglia con una OM 665 “Superba” non solo vede la propria vettura accettata d’ufficio, ma ha anche il privilegio di partire in testa al convoglio, precedendo i piloti dei bolidi di marchi prestigiosi come Ferrari, Alfa Romeo, Maserati, Bugatti, Aston Martin, Mercedes, Porsche, BMW e via discorrendo. È una questione di rispetto per la storia, il giusto omaggio a un’auto bresciana che ormai quasi un secolo fa ha messo il sigillo sulla prima edizione di una corsa di fama planetaria, ma la cui storia è legata a doppio filo, proprio come la OM, acronimo che sta per Officine Meccaniche, alla città della Vittoria alata.
LA CRONACA DELLA CORSA. La tripletta OM nella prima edizione della Mille Miglia non fu certo una passeggiata. Per un bel pezzo della corsa l’Alfa Romeo RL SS dell’equipaggio formato da Gastone Brilli-Peri e Arturo Mercanti, il quale prese parte alla gara con lo pseudonimo di Bruno Presenti, e la vettura gemella pilotata dai fidati collaudatori della casa milanese Attilio Marinoni e Giulio Ramponi impensierirono non poco i bolidi delle Officine Meccaniche, che videro spalancarsi la strada verso il corale trionfo solo in seguito a una serie di noie meccaniche che culminarono con il ritiro di entrambe le macchine della squadra del Biscione.
“SUPERBA” DI NOME E DI FATTO. Prodotta in oltre 3.000 esemplari tra il 1923 e il 1932, la OM 665 “Superba” è il modello rimasto più famoso nella storia delle Officine Meccaniche, azienda fondata nel 1899 a Milano, dal 1917 attiva nella costruzione di automobili nello stabilimento bresciano che era stato della Brixia-Züst e nota al grande pubblico per la produzione di camion e autobus, che a partire dal 1933 e fino al 1975, anno in cui è stata assorbita dall’Iveco, ha fatto uscire dai suoi cancelli sotto l’egida del gruppo Fiat. Basata sul telaio a longheroni e traverse della precedente e più piccola OM 469, la 665 “Superba” ha nel nome una specie di carta d’identità: 6 sono i cilindri del suo motore, mentre 65, in millimetri, è la misura del loro alessaggio; il soprannome “Superba”, invece, si deve alle grandi doti di affidabilità e ai tanti traguardi sportivi che quest’auto nata cent’anni fa a cavallo tra gli anni ’20 e ’30 ha saputo conquistare nelle più importanti competizioni dell’epoca, dalla Mille Miglia al Gran Premio di Tripoli, dalla 24 Ore di Le Mans alla Targa Florio.