Alfa Romeo Giulietta Turbodelta: il Biscione furioso

A meno di guidare auto da corsa per mestiere, provare un certo timore reverenziale nei confronti di una macchina come l’Alfa Romeo Giulietta Turbodelta è un rincuorante sintomo di buonsenso. Chi non è abituato alla guida “rude”, e magari si è pure fatto suggestionare più dello stretto necessario dalla leggenda che i turbo di una volta non aspettano altro che rifilarti sonori calci nella schiena, farebbe addirittura meglio ad avere un po’ di paura. Ma in quel caso, probabilmente, al volante è meglio non mettersi proprio, perché quel sentimento è del tutto inconciliabile con i bisogni più reconditi di questa belva. Un animale selvaggio che, dal pilota, si attende la sua stessa fame di cordoli e d’asfalto, esigendo sempre il massimo rispetto. 

AUTODELTA: UN NOME, UNA GARANZIA. L’Alfa Romeo è diventata famosa nel mondo anche grazie alle sue auto da famiglia che vincono le corse e la Giulietta Turbodelta non fa eccezione a questa tradizione. Anzi, semmai le attribuisce un grado di validità superiore. Il perché lo si può intuire facilmente da una serie di indizi piuttosto inequivocabili, come il muso, basso e accigliato, o l’enorme cannone di scarico che sbuca minaccioso da sotto il paraurti posteriore. Elementi messi lì con il chiaro scopo di tradire evidenti intenti bellicosi ancor prima di salire a bordo e girare la chiave nel cruscotto. Appena uscito dalle linee dello stabilimento di Arese, il motore quattro cilindri bialbero a carburatori della Giulietta 2.0 ha preso la via di Settimo Milanese, destinazione Autodelta. Vale a dire – per chi non lo sapesse – lo storico reparto corse della casa milanese (qui per saperne di più): un luogo magico in cui la storia e il mito, separati da un confine invisibile, spesso si confondono, e dal quale sono usciti Biscioni destinati a entrare nella leggenda come le Giulia TZ e GTA e le 33 prototipo (solo per citarne alcuni tra i più famosi).

CI VUOLE IL MANICO. Dai cancelli del braccio sportivo dell’Alfa Romeo, di Giulietta Turbodelta ne sono uscite appena 361. Quella che ci accingiamo a mettere alla prova in pista è la numero 117 ed è praticamente immacolata. E ciò ha un che di quasi commovente per chi, nel guidare un’automobile, riesce ad andare al di là del semplice mezzo meccanico. Appartiene a pieno titolo a questa ristretta categoria Massimo Migliazzo, l’appassionato 58enne torinese che da pochissimo l’ha acquistata, praticamente a scatola chiusa, da un amico che da sempre ha l’Alfa nel cuore. Il famoso “entusiasmo per un mezzo di trasporto” di cui parlava l’ingegner Orazio Satta, nume tutelare della meccanica di tutte le Alfa dalla 1900 all’Alfetta, è una condizione necessaria per raggiungere una perfetta simbiosi con un’Alfa Romeo di razza pura. Ma per pescare in fondo alle tante ribellioni della Giulietta Turbodelta questo non basta: serve anche un bel po’ di manico. 

È SINCERA, MA FARLA INNERVOSIRE È UN ATTIMO. Che si abbia a che fare con una macchina che mal sopporta i ritmi rilassati della classica passeggiatina domenicale, lo s’intuisce non appena il motore prende vita e si rilascia il pedale della frizione. Tutti i comandi, rispetto alla normale Giulietta 2.0, risultano un po’ più duri: la Turbodelta è un’auto “maschia”, e non per modo di dire. Al minimo il rombo del bialbero è ovattato, ma non appena il turbocompressore comincia a lavorare con più vigore e la lancetta del contagiri supera quota 4000 la carica dei 170 CV nell’abitacolo risuona che è un piacere. Scaricati a terra sulle sole ruote posteriori, i cavalli non vanno risvegliati di colpo, pena il rischio di reazioni violente. Lo sterzo è preciso, ma anche pesante: andando svelti, per impostare un tornante, indirizzare il muso verso il punto di corda e mantenere la giusta traiettoria bisogna usare un bel po’ di forza. Di buono c’è che il ritorno del volante è rapido e graduale. Il che, grazie anche a una spaziatura perfetta tra le tre razze, consente di trovarsi sempre con le mani al posto giusto per contrastare eventuali sbandate, sempre in agguato se si esagera con l’acceleratore. 

SOSPENSIONI RAFFINATE. Per il resto, a patto di ricordarsi di tenere sempre ben collegati cervello e piede destro, la guida è quella, sicura e appagante, delle Alfa Romeo con la meccanica transaxle dell’Alfetta. Il gruppo cambio-frizione-differenziale sospeso alla scocca al posteriore garantisce un bilanciamento dei pesi pressoché perfetto tra i due assali. Inoltre, il parallelogramma di Watt, “vincolando” nella parte superiore il ponte De Dion triangolare, fa sì che le oscillazioni verticali avvengano sempre sullo stesso piano. Ciò consente di avere le ruote motrici sempre perpendicolari al terreno e, quindi, una miglior tenuta di strada. Insomma, gli ingredienti per divertirsi al volante, e anche alla grande, nella Giulietta Turbodelta ci sono tutti. Tutto sta nel saperli amalgamare bene, senza cadere nel facile errore di farsi prendere troppo la mano quando le gomme cominciano a fischiare e gli allunghi tra una marcia e l’altra sembrano non finire mai. Perché è proprio lì, quando il motore urla tutta la sua forza e la passione diventa bruciante, che il gioco si fa veramente duro…