Un tuffo nel passato con la Ineos Grenadier
ERANO QUATTRO AMICI AL BAR. Quest’auto è stata ideata da alcuni amici una sera in un pub londinese dal nome Grenadier. E in quel gruppo c’era Sir Jim Ratcliffe, proprietario del colosso mondiale della chimica Ineos. nonché uomo più ricco del Regno Unito. Tutti loro amavano le Defender della generazione “classica” e cercando di attenuare la delusione della fine della produzione tra una pinta e l’altra – non essendoci all’epoca un’erede certa e definita “made in Solihull” – decisero di costruirla loro. Cominciando a disegnarla su una banconota da cinque sterline, fissata al soffitto del pub, per una remota tradizione di omaggio al soldato Cedric, un granatiere che fece una fine oscura.
DALLE PINTE AI FATTI. Quella sera è nata la Ineos Grenadier e da allora alla prova di Veloce, il passo non è stato breve. Costituito il marchio Ineos Automotive e radunati progettisti e tecnici d’alto livello, è iniziata una prima fase “diversa” rispetto a qualsiasi costruttore, vagamente simile solo ai piccoli team inglesi di F1 e F2 che realizzavano la vetture da corsa tra gli anni ’50 e 60: quelli che Enzo Ferrari definiva sprezzantemente “garagisti”. Perché selezionavano i fornitori dei componenti e dei sistemi di miglior qualità, concentrandosi sulla singolarità del progetto, partendo dal telaio che doveva essere surdimensionato perché l’auto fosse destinata a durare nel tempo e alla massima robustezza operativa, estendendo idee innovative a tutto il resto.
TRADIZIONE E MODERNITÀ. Accanto al telaio a longheroni e traverse (che si può anche avere di colore rosso) con spessori fino a 3,5 mm, trovano posto, seguendo le forme funzionali omaggio alle amate Land Rover, i motori BMW, il cambio automatico ZF con riduttore e trazione integrale, gli assali e i differenziali Carraro, le sospensioni Eibach con ammortizzatori Bilstein, freni Brembo, sistemi Bosch e sedili Recaro.
LA FILOSOFIA DELLA SEMPLICITÀ. Ma facciamo un passo indietro. Chiariti i loro obiettivi, i brillanti sognatori si resero conto che per utilizzare il terreno acquistato nel Galles dove realizzare la produzione servivano tempo e aggiustamenti. Meglio trovare una struttura già pronta, come la fabbrica francese di Hambach dove, all’epoca, Mercedes costruiva le Smart, ma con il programma di trasferire le catene di montaggio in Cina, da Geely.
La Ineos Grenadier già nello spirito doveva essere fedele alla semplicità, con razionalizzazione essenziale. E, all’atto pratico, ha metà delle centraline di modelli simili e il freno a mano lo è davvero con tanto di comando a leva.
MEGLIO ECCEDERE. Tutto ruota sul surdimensionamento del progetto, per soddisfare anche usi professionali e militari. Perché le idee vanno oltre: pur nascendo già con una gamma discretamente completa, la Ineos Grenadier sarà la primogenita di una famiglia. Entro il 2023 è attesa la versione pick-up a doppia cabina con passo allungato di una trentina di centimetri e sbalzo posteriore maggiorato. Nel 2026 esordirà un modello tutto nuovo e, a seguire, Grenadier diventerà anche a fuel cell a idrogeno, escludendo l’elettrico puro per ragioni di peso e di compatibilità con il telaio a longheroni.
TRADIZIONE E CORAGGIO. La Ineos Grenadier è una fuoristrada “dura e pura” con telaio separato e una carrozzeria station wagon dalle linee squadrate e funzionali. Configurabile con due o cinque posti, ha motori BMW di tre litri a sei cilindri a benzina e gasolio, con cambio automatico a otto rapporti e riduttore a due rapporti per accorciare le marce nella guida fuoristrada. Sospensioni a ponti rigidi con grande escursione per adattarsi ai terreni impervi, elevata altezza da terra, grande modularità di allestimenti e configurazioni per ogni uso. Il tutto con aspetto che può apparire rude o raffinato secondo il luogo dove si trova. In breve è un’auto che non c’era più: l’estetica personale, pur con “citazione classica”, la rende elegante eppure a prova di fango e arrampicate o addirittura avventure, come confermano le immagini attraverso le Highlands scozzesi, scattate durante la “spedizione” alla quale ha preso parte Veloce.
FORME E FUNZIONI. Descrivere come nuova una vettura il cui aspetto richiama quello della “vecchia” Land Rover, nata nel 1954 come Series 1 107 e giunta fino al 2016 come 109 e 110, appare un esercizio simpatico. Eppure lo stile di Grenadier è da ritenere un omaggio a quelle forme, nate per l’esigenza di semplificare la lavorazione dei pannelli di alluminio, ma con una personalità che la staccava dalla primigenia Willys MB, cioé la “jeep” della Seconda guerra mondiale, dalla quale tutte sono derivate.
Oggi i lamieriati di Grenadier mostrano fiancate lisce con la bombatura alla sommità che marca i limiti dell’abitacolo, si restringono sotto i bordi del cofano “a cappello” e si troncano nella coda verticale. Tutto fedele alle funzioni. Però c’è un elemento di stile particolare: fate caso ai fari anteriori tondi che si collegano idealmente alle luci di coda, altrettanto tonde e nella stessa posizione. Quasi a voler idealizzarne il collegamento, come se due tubi attraversassero l’intera auto conferendo ulteriore solidità.
LA MECCANICA. Il telaio contiene la trasmissione integrale con tre differenziali: “longitudinale” (o “centrale”) bloccabile di serie e due “trasversali” (sugli assi), bloccabili di serie sulla versione Trialmaster e in opzione sulle altre. I sei cilindri turbo BMW di tre litri, a benzina oppure gasolio (offerti allo stesso a pari prezzo), hanno potenze interessanti e coppie massime robuste: 286 CV e 450 Nm nel primo caso, 249 CV e 55o Nm nel secondo). Il cambio automatico ZF a otto rapporti è stato predisposto da Magna Steyr che ha integrato il convertitore di coppia maggiorato, con riduttore che accorcia di due volte e mezzo i rapporti normali, consentendo velocità minime prossime a 2 km/h, come pochi veicoli operativi o militari.
DESTINAZIONE AVVENTURA. Esternamente c’è molto da osservare. Ganci di traino, il tetto con due aperture amovibili sopra i posti anteriori per i safari fotografici, il portapacchi predisposto per ricevere luci led supplementari, i mille altri dettagli pratici come i binari lungo le fiancate a metà delle porte e sui bordi del tetto per agganciare ogni tipo di accessorio dedicato, e tantissime altre soluzioni intelligenti. Una vera “chicca” è la predisposizione per il montaggio del verricello anteriore in una posizione integralmente celata all’interno del paraurti, ottenendo così l’omologazione per la protezione dei pedoni. Anche nell’abitacolo si percepisce la missione di Grenadier: il navigatore ha la funzione “Pathfinder” (scovapercorsi) con inserimento di waypoint (punti Gps per guida libera come nei deserti). E le potenzialità per la mobilità nel vero fuoristrada emergono da questi dati: angolo di attacco (anteriore) di 35,5˚, di dosso (centrale) di 28,2˚ e di uscita di 36,1˚, massima inclinazione laterale di 45° ed escursione delle ruote di 585 mm.
L’ABITACOLO. Su un’auto così si sale, non si entra: anche se a fatica, essendo le pedane “solo” protezioni e non gradini, e mancano anche le maniglie interne per issarsi. Il posto di guida non è ampio, come il piano di carico posizionato a 90 cm da terra. Ma è pratico portellone con apertura ad armadio, diviso in proporzione 30/70, con il lato destro che regge la ruota di scorta esterna, all’interno della quale c’è un portaoggetti con serratura. Il volante di stile sportivo è di piccolo diametro, mentre la sezione è consistente. Il piccolo display oltre il volante contiene solo spie, l’intera strumentazione è concentrata nello schermo tattile con diagonale di 12,3 pollici posto alla sommità della plancia centrale, dalle molteplici funzioni. Sotto il quale, separati dalle bocchette per la ventilazione, ci sono molti comandi, ben spaziati per essere usati anche con i guanti. Altri comandi si trovano sul cielo dell’abitacolo per le funzioni off road e sul tunnel, dove c’è una manopola rotante.
SU STRADA… Le sensazioni alla guida su asfalto sono positive: ottime per i motori, provati nelle due versioni, entrambi silenziosi e privi di vibrazioni, elastici e progressivi, nonché potenti e assistiti dal validissimo cambio automatico (però vorremmo le palette al volante), rendendo meno impegnativo il peso importante. Sospensioni e assetto sono calibrati anche per l’uso stradale, come la frenata, pronta e modulabile. Non così lo sterzo, demoltiplicato per uso off-road, che manca di prontezza nei movimenti attorno al “centro-strada” e fatica a riallineare in uscita di curva, chiedendo un uso lesto delle braccia, da veri “fuoristradisti”. Ma ci hanno detto che le Ineos Grenadier provate erano di preserie e bisognose di affinamento.
…E FUORI. È questo, comunque, il terreno elettivo di Grenadier. Nel corso dei tre giorni della Expedition 1.0 abbiamo guidato la vettura per ore su ogni fondo, fino ai più insidiosi, da Inverness a Glasgow, con mille divagazioni tra parchi, tenute private, con emozionanti incontri ravvicinati con branchi di cervi. Percorsi tecnici su roccia, su terreni molli con terra nera come la torba, procedendo tra solchi profondi dove solo l’altezza minima di 26,4 centimetri ci ha consentito di procedere, unitamente alla trazione offerta dai pneumatici specializzati Bridgestone oppure BF Goodrich, secondo gli allestimenti, alle marce ridotte “come una volta” e soprattutto ai tre differenziali bloccabili in sequenza: dopo il centrale, bisogna attivare prima il posteriore quindi l‘anteriore. Motricità a tutta prova su ogni fondo, dove Grenadier procede elargendo sicurezza e mostrando la qualità di progetto e quella costruttiva: non si sente infatti alcun tipo di rumore, scricchiolio, né cigolio, che è un pregio non comune, riservato a pochi modelli al mondo. Anche in relazione alle sollecitazioni alle quali l’abbiamo sottoposta.
AVANZARE ANCHE NEL LAGO. Sono almeno 2700 i kg da portare a spasso, anche su forti pendenze, lungo le quali la Ineos Grenadier si inerpica senza curarsene, e ridiscende in perfetta aderenza grazie alle ridotte e al controllo di velocità in discesa. E non abbiamo resistito neppure alla tentazione di provare un guado. Tutte le Grenadier sono progettate per affrontare profondità fino a 800 mm, che possono aumentare montando lo snorkel (il tubo che alza l’aspirazione dell’aria fino al tetto), di serie sull’allestimento Trialmaster Edition. E se entrasse l’acqua nell’abitacolo, ci sono i tappi sul fondo per svuotarlo e per lavarlo in seguito. Doti che abbiamo verificato “navigando” in un lago.
QUALE SCEGLIERE. Il listino è semplice e i prezzi sono identici per diesel o benzina. Le versioni Utility Wagon con omologazione autocarro N1 fiscalmente detraibile e due posti costano 69.290 euro. La variante non detraibile con cinque posti costa invece a 70.490 euro. I due allestimenti Station Wagon (cioè autovettura M1 con cinque posti) sono battezzati “Belstaff Editon” Fieldmaster e Trialmaster e costano 78.485 euro, il primo con pacchetto Smooth e il secondo con pacchetto Rough di serie. Smooth comprende i sensori di parcheggio anteriori, gli ugelli lavaparabrezza riscaldabili, i retrovisori esterni riscaldabili, la retrocamera, il vano portaoggetti centrale con serratura, le luci sottoporta e l’illuminazione d’ambiente per le portiere, le prese elettriche ausiliarie. Il Rough, per uso impegnativo off-road, offre invece i differenziali anteriore e posteriore bloccabili e i pneumatici specializzati BFGoodrich All-Terrain T/A KO2. Le garanzie coprono due anni sui componenti, cinque a chilometraggio illimitato sulla meccanica, cinque anni o 100 mila km sulle emissioni, 12 sulla perforazione di telaio e carrozzeria. Perché Grenadier è progettata per un ciclo vita minimo di 12 anni. Tutte trainano 3500 kg.