Lancia/Audi: l’altra Italia-Germania degli anni ‘80
DUELLO EPOCALE. Essendosi consumata solo un anno dopo e per ragioni di nazionalità, si può immaginare il duello Lancia/Audi come la trasposizione rallystica della finale Italia-Germania del Mondiali di calcio 1982: via palloni, allenatori e calciatori, dentro motori rombanti come non se ne fanno più e piloti di una razza ormai quasi estinta. Alla sinistra dei vostri teleschermi, sua maestà la Lancia Rally 037, ultima vettura a due ruote motrici iridata nella classe regina. Sulla destra, l’Audi quattro, mastodontica coupé a quattro ruote motrici, dopo la quale i rally non sarebbero stati mai più quelli di prima. La grande sfida del 1983 tra queste due indimenticabili regine delle corse è servita. E assume un sapore ancora più intenso se, a raccontarla, sono i protagonisti, che hanno contribuito a farne una delle pagine più affascinanti che la storia del motorsport ricordi.
LA QUATTRO, UNA BELLA GATTA DA PELARE… È quel che è accaduto ieri pomeriggio – 25 gennaio 2023 – al Museo dell’automobile di Torino in una bella conferenza a margine della rassegna “The Golden Age of Rally”, che rimarrà nella sale torinesi fino al 2 maggio prossimo. A tracciare per primo lo sfondo del duello Lancia/Audi nella stagione 1983 è Cesare Fiorio, all’epoca direttore sportivo della squadra torinese: “Quando l’Audi debuttò in gara con una vettura a quattro ruote motrici, intuimmo che i rally sarebbero cambiati per sempre. Nel 1981 e nel 1982 vinsero tutto quello che c’era da vincere e cominciammo a domandarci come avremmo potuto affrontarli, visto che non disponevamo della loro tecnologia.”.
LA LANCIA ERA UN VERO SQUADRONE. L’Audi aveva mezzi economici superiori e, in più, oltre all’arma vincente della trazione integrale, che rappresentava un vantaggio enorme sui terreni a scarsa aderenza. La Lancia, dal canto suo, puntava a colmare il gap nei confronti dei rivali con una squadra più rodata e più abituata a lottare per le posizioni di vertice, rispetto al team tedesco, che si era tuffato nell’avventura del Mondiale rally solo un paio d’anni prima. Un ruolo decisivo nel duello Lancia/Audi, nel contenere gli exploit della vettura tedesca, che sui terreni più “difficili” era un osso durissimo da battere, lo ebbero anche i meccanici (non è una leggenda che per sostituire il cambio della 037 impiegavano poco più di dieci minuti), oltre naturalmente ai piloti, tra i quali spiccavano talenti di valore assoluto come Attilio Bettega, Markku Alén e Walter Rhörl.
037: UNA PERFETTA MACCHINA DA RALLY. Ospite d’eccezione al Mauto, è stato Christian Geistdörfer, storico copilota di Rhörl, al fianco del quale ha vinto due campionati del mondo di rally. “Che fosse una macchina eccezionale lo capimmo sin dalla prima volta che si salimmo per un test alla Mandria – racconta il navigatore tedesco – perché la 037 era una macchina praticamente perfetta in tutto”. Leggera, agile, scattante, facile da guidare e sempre sincera nel “comunicare” con il pilota. Queste eccezionali doti si devono in larga misura a Sergio Limone, l’ingegnere che della 037 ha progettato il raffinato telaio tubolare: “La disegnammo con la massima umiltà – ricorda il progettista torinese -, cercando di limare il più possibile i difetti della 131 Abarth e di esaltare i pregi della Stratos”. Ne nacque un’auto che sull’asfalto volava e che spesso, proprio in virtù della sua eccezionale maneggevolezza, riusciva a dire la sua anche sullo sterrato. E questo fu un elemento per indirizzare il duello Lancia/Audi del 1983.
QUATTRO DA SVEZZARE. Non era altrettanto facile e intuitiva da guidare la grossa e irruenta Audi quattro. Fabrizia Pons, grande protagonista di quegli anni a fianco della pilota francese Michéle Mouton, quell’auto così “imprevedibile e poco sincera” la ricorda soprattutto agli inizi del suo lungo e faticoso sviluppo: “Avevamo mezzi incredibili, ma anche molta poca esperienza. La quattro degli albori era come un bebè che aveva ancora bisogno del latte della mamma e non era ancora passato agli omogeneizzati. Chiaramente lavoravamo tutti nella stessa direzione, per vincere, e nel 1982 con Michéle ci siamo andate vicinissime. Peccato che quell’anno nell’Ascona ci fosse un certo Walter Rhörl. Alla Lancia, invece, avremmo dovuto rubare Cesare Fiorio.”
STRATEGIA E FURBIZIA. Fiorio – e chi conosce le corse, lo sa bene – come stratega non aveva rivali e riusciva spesso a sfoderare guizzi geniali. Celebre quella volta in cui, al Monte-Carlo 1983, ebbe la faccia tosta di andare alla Gendarmerie, chiedendo, anche un po’ arrabbiato, che mandassero subito qualcuno a pulire un tratto di strada in cui aveva avuto “un brutto incidente a causa della troppa neve”. In realtà non c’era stato alcun incidente, ma il giorno dopo, quand’ormai era tutto pronto per il passaggio del rally, la strada era quasi completamente pulita. “Anche se, per sicurezza – ricorda Fiorio – ripassammo ancora una volta a buttare un po’ di sale, per sciogliere il ghiaccio che era rimasto”. E grazie anche a questo, la Lancia ottenne un’inaspettata doppietta nel rally del Principato con Röhrl/Geistdörfer e Alén/Kivimäki. giunti entrambi davanti all’Audi di Blomqvist/Cederberg. Aneddoti d’altri tempi che spiegano come, a volte, la differenza tra la vittoria e la sconfitta si annidi in dettagli che solo in pochi riescono a immaginare.