Il mondiale rally ha mezzo secolo di vita
È COMINCIATO IL MONDIALE 2023. È partita oggi – 19 gennaio – da Monte-Carlo il mondiale rally, che vede al via – nella categoria regina Rally 1 – vetture dotate di motori turbobenzina ibridi plug-in da 1,6 litri di cilindrata, con potenze nell’ordine dei 400 CV grazie anche al boost elettrico disponibile nelle prove speciali. L’arrivo delle power unit ibride è l’ultima grande novità tecnica introdotta nel mondiale dalla stagione 2022, ma andiamo a vedere come sono cambiati i rally negli ultimi decenni.
MEZZO SECOLO FA. Nel gennaio del 1973 – quindi esattamente 50 anni fa – prese il via dal Principato di Monaco il primo Campionato del Mondo Rally, che all’epoca assegnava solo il titolo Costruttori, mentre quello Piloti sarebbe stato introdotto solo nel 1979. Anche se nei due anni precedenti era stata comunque aggiudicata la Coppa FIA Internazionale Conduttori (vinta nel 1977 da Sandro Munari con la Lancia Stratos e nel 1978 da Markku Alen con la Fiat 131 Abarth Rally.
AUTO QUASI DI SERIE. Allora al mondiale rally le vetture partecipanti erano realmente derivate dai modelli di serie, con livelli di elaborazione dettati dalle regole dell’Allegato J della FIA. Il Gruppo 1 e il Gruppo 2 erano riservati alle vetture Turismo (rispettivamente “quasi” di serie e preparate), mentre il Gruppo 3 e il Gruppo 4 erano aperti alle Gran Turismo, anche in questo caso di serie o preparate.
DUELLO TRA ALPINE E LANCIA. Dopo i successi del 1971 dell’Alpine Renault A110 e del 1972 della Lancia Fulvia HF1600, furono queste due le vetture destinate a battersi per primo titolo iridato. Con loro la Fiat Abarth 124 Rally. Tutte erano iscritte in Gruppo 4. A completare il quadro Datsun 240 Z, Opel Ascona 1.9 SR, Saab 96 V4 e Ford Escort RS Mk1 che, pur non partecipando a tutto il campionato, allora articolato su 13 gare, riuscirono a emergere nelle gare a loro più congeniali. Le berlinette francesi dell’Alpine vinsero 6 gare, e agli altri team andarono solo le briciole, con la Saab vittoriosa in Svezia, la Datsun all’East African Safari (Kenya, Tanzania e Uganda), la Ford Escort al 1000 Laghi (Finlandia) e al RAC (Gran Bretagna), mentre la Toyota Corolla 1600 si impose negli USA (Press on Regardless) e la BMW 2002 tii nel Rally delle Alpi Austriache. La Fiat andò a punti in 12 delle 13 gare ma si classificò solo seconda, mentre la Lancia, con la “piccola” Fulvia HF, si dovette accontentare di pochi piazzamenti a punti.
SUA MAESTÀ STRATOS. La situazione nel mondiale rally era però destinata a cambiare repentinamente già nel 1974, quando la Lancia scese in campo dal mese di ottobre con la Stratos, la prima auto concepita specificamente per i rally: potente grazie al 6 cilindri a V di 2,4 litri di origine Ferrari e affidabile o, per lo meno, facile da riparare. Complice la crisi petrolifera, che fece annullare 5 dei 13 appuntamenti in calendario a inizio stagione, a cominciare dal Monte-Carlo, la Stratos riuscì a ribaltare la situazione, che vedeva lanciate verso il titolo la Fiat e la Ford, imponendosi al Sanremo, al Rideau Lakes (Canada) e al Tour de Corse (Corsica). Tre vittorie in 60 giorni, due con Munari e una con Darniche, e titolo in cassaforte. Ripetuto poi nel 1975 e 1976.
DALLA LANCIA ALLA FIAT. Nel 1977 arrivò nel mondiale rally la Fiat Abarth 131 Rally a scompaginare le carte: fortemente voluta dal marketing torinese, che vedeva la partecipazione alle gare su strada un ottimo viatico per lanciare commercialmente la 131 Mirafiori stradale, la 2 porte Fiat soppiantò la Stratos, che continuerà a vincere occasionalmente al Tour de Corse e al Sanremo con equipaggi semi-ufficiali (Bernard Darniche) o privati (“Tony” Fassina). La 131 Abarth vinse i titoli 1977, 1978 e 1980, mentre il titolo 1979 andò alla Ford Escort RS Mk2.
037: L’ULTIMA 4X2. Il 1981 può definirsi un anno di svolta, perché vide da un lato l’unica vittoria nel Campionato del Mondo Costruttori di una Gruppo 2, la Talbot Sunbeam Lotus, e dall’altro il debutto dell’Audi quattro a trazione integrale, vincitrice dei titoli 1982 e 1984, mentre nel 1983 tornò al successo la Lancia con la Rally 037, chiamata a opporsi con la sua trazione posteriore allo strapotere Audi.
LE TERRIBILI GRUPPO B. Nel frattempo, nel 1982, il regolamento tecnico dell’Allegato J era cambiato: le categorie del mondiale rally si chiamavano Gruppo B, A e N. Per due stagioni il vecchio e il nuovo procedettero insieme, prima del passaggio alla nuova classe nel 1984, dominata dall’Audi quattro. Ma solo fino all’estate, perché la nuova Peugeot 205 Turbo 16 a motore centrale e trazione integrale infilò una tripletta a fine stagione con Vatanen, lasciando intuire che il futuro sarebbe stato nelle mani delle nuove vetture 4×4 turbo con propulsore posteriore, come la Lancia Delta S4. Ma nel 1986 una serie di incidenti mortali, che coinvolsero anche il pubblico, suggerirono alla FIA di mettere al bando quei “prototipi” da 600-700 CV, per lasciare spazio alle vetture derivate di serie del Gruppo A.
L’ERA DELLA DELTA. Si aprì così un periodo di sei anni dominato dalla Lancia Delta HF4WD e dalle sue derivate (Integrale, Integrale 16V, Evoluzione), che lanciarono nell’olimpo iridato Miki Biasion e portarono 6 titoli Costruttori consecutivi a Torino, mentre dal Giappone cominciava a profilarsi un attacco da parte di Toyota, Subaru, Nissan e Mitsubishi. Quest’ultima, iridata solo nel 1998, con le varie serie della Lancer Evolution e con Tommi Makinen, campione del mondo dal 1996 al 1999, lasciò pochissimo spazio agli avversari – gente del calibro di Colin McRae e Carlos Sainz (il papà del ferrarista in F1) – fino al nuovo millennio, imponendosi in Gruppo N (vetture “quasi di serie”) per un decennio intero. Nel 1997, poi, entrarono in scena le WRC, ulteriori evoluzioni delle Gruppo A, ancora più sofisticate e performanti.
IL PERIODO FRANCESE. La Subaru Impreza WRC di Piero Liatti, vincendo il Monte-Carlo 1997, aprì la nuova era, che divenne terreno di sfida per modelli sempre più simili alle Gruppo B di una dozzina di anni prima, come la Peugeot 206 WRC, che non a caso dominò per tre stagioni fino all’arrivo della poco competitiva 307 WRC. Il nuovo regolamento consacrò la Citroën e Sebastian Loeb, che monopolizzarono il campionato per nove anni, con le Xsara T4 WRC, C4 WRC e DS3 WRC. Una presenza costante nel Mondiale rimase la Ford, che con Sierra RS Cosworth, Escort RS Cosworth, Escort WRC, Focus WRC si mantenne sempre ai più alti livelli, mentre il numero dei team partecipanti si ridusse gradualmente, da 8 a 3: Ford, Citroën e Volkswagen, mentre scese anche la cilindrata dei motori, da 2 a 1,6 litri, ma sempre turbo, con trazione 4×4 e almeno 300 CV di potenza.
IL REGNO DI POLO E FIESTA. Con la Polo R WRC si affermò definitivamente Sebastian Ogier, che infilò una serie di 8 titoli piloti, di cui 6 consecutivi dal 2013 al 2018, gli ultimi due con la Ford Fiesta WRC+, rappresentante della nuova categoria ideata quale evoluzione del precedente regolamento WRC.
HYUNDAI E FORD ALL’ATTACCO. Il resto è storia recente. Via la Volkswagen e la Citroën, arrivano ai vertici del mondiale rally la Hyundai e la Toyota, con le i20 WRC+ e la Yaris WRC+. Nel 2019 Ott Tanak vince l’iride piloti interrompendo la supremazia di Ogier, che nel 2022 lascia (per lo meno, rinuncia a un programma completo con la Toyota), mentre nel 2019 e nel 2020 il titolo Costruttori va alla Hyundai, prima che la Toyota torni a imporsi, nel 2022 con la nuova Yaris Rally 1 e con il giovanissimo finlandese (22 anni) Kalle Rovanpera, vincendo all’esordio della nuova categoria riservata alle vetture ibride plug-in, che vede la presenza ufficiale anche della Hyundai, con la nuova i20 N, e della Ford, con la Puma.