Te la do io la Ferrari F40
DAL SOGNO ALLA REALTÀ. C’è chi la contempla in poster come fosse Marylin Monroe o un Van Gogh, e chi, pur non essendo più un bambino da un pezzo, continua a “coccolarsela” in scala 1:43, come in quel Natale di tanti anni fa in cui la scartò con le manine tremanti dalla gioia sotto l’albero dimenticandosi di tutti gli altri regali. Ma una cosa è sognare la Ferrari F40 e un’altra cosa è averne una davvero. Come la si guida? Come la si mantiene? A cosa bisogna stare attenti? L’abbiamo chiesto ad Alfredo Spinetti, felicissimo possessore, insieme al figlio Cristiano, di un esemplare del 1990, ovviamente rosso fiammante. Li abbiamo incrociati in occasione di Milano AutoClassica (foto sotto), dove di esemplari della supercar Ferrari ce n’erano addirittura sei, e non abbiamo perso l’occasione di farci raccontare come si vive con una della auto sportive più ambite di sempre.
Tutti la amano. Tutti la sognano. Tutti sperano di poterla guidare, almeno una volta nella vita. Ma cosa si prova a possederne una vera, di Ferrari F40?
È una soddisfazione enorme, un qualcosa di molto difficile da spiegare a parole. È una macchina mitica, la supercar per definizione.
Dice così perché ha avuto occasione di provare altre supercar di questo calibro?
Ho cominciato a vendere automobili che ero un ragazzo e per lavoro ho avuto il privilegio di provare tante super sportive. Da cinquant’anni possiedo una Ferrari 275 GTB e ho avuto anche la fortuna di guidare una Lamborghini Miura, ma nessuna è mai riuscita a stregarmi come la F40.
Cosa la rende così diversa da tutte le altre?
La sua estrema vicinanza al mondo dello corse. In poche parole, la F40 è una sport prototipo del Gruppo C ammessa alla normale circolazione su strada. Una macchina da competizione con la targa. Fu, all’epoca, il risultato di una particolare congiuntura in cui alla Ferrari tutto doveva essere al livello massimo, a partire dalla meccanica. Penso al motore biturbo, ma anche alla leggerezza: la carrozzeria in kevlar peserà una settantina scarsa di chili e tutta la macchina è leggera quanto un’Alfa Romeo 4C. Ma con il doppio dei cavalli e un’erogazione più brutale di qualsiasi supercar moderna.
Ma negli anni ’80 e ’90 è esistita una macchina capace di darle filo da torcere?
Sicuramente con la Jaguar XJ220 in pista se la giocava a viso aperto. L’inglese nacque grossomodo nello stesso periodo e si sono date battaglia anche nel Campionato GT italiano del 1993 (gestite da team privati, n.d.r.). Alla fine la spuntò la Ferrari, più rapida e leggera della rivale, che però, sopratutto grazie a una carrozzeria più aerodinamica, aveva dalla sua una velocità massima superiore.
E l’acerrima rivale Porsche 959, non era all’altezza? Gli esperti e quelli che l’hanno provata ne parlano un gran bene…
La 959, in realtà, faceva concorrenza alla 288 GTO. Senza dubbio fu un’auto rivoluzionaria per l’epoca, molto più tecnologica rispetto alla F40. La Porsche aveva la trazione integrale, ha vinto la Parigi Dakar, insomma era una macchina più versatile, ma anche più “civilizzata”. Una sorta di 911 “con i muscoli”, volendo semplificare. La F40 è tutt’altro animale da pista, un’auto pensata per correre a Le Mans. In realtà la Porsche che le si avvicina di più, concettualmente, è la 911 GT1, che però arrivo molti anni più tardi, nel 1995.
Qual è il maggior pregio in assoluto della F40?
Ce ne sono troppi, per rispondere, quindi taglio corto: avere la fortuna di possederne una.
E un difetto senza il quale sarebbe la supercar perfetta?
Difetti, a voler essere obiettivi, ne ha a non finire, ma è lì che sta il suo bello. Usciva nuova di fabbrica verniciata così così e scricchiola tutta da far paura. Ma ripeto: sono proprio queste “imperfezioni” a renderla così unica e affascinante. Parlando di lacune vere, comunque, menzionerei i freni: l’impianto, specialmente quando si richiedono le massime prestazioni, risulta un po’ sottodimensionato. Molti proprietari infatti facevano montare dischi più grandi e pastiglie più performanti.
Cosa ricorda del giorno in cui ritirò le chiavi in concessionaria?
Era il 10 gennaio 1990. La ritirai a Maranello e non potrò mai dimenticare l’uscita dal cancello principale di via Abetone. Ero con mio figlio Cristiano, che all’epoca aveva sedici anni. Andammo subito a fare benzina e ricordo che ero intimorito solo a guardarla, per quanto era “cattiva”. Al che dissi al mio figliolo: “Con questa si rischia di farsi male”. In realtà non è così, devi solo imparare a conoscerla, a capire come addomesticarla.
Quindi, non è così “indiavolata” come si racconta?
Beh, innanzitutto va considerato che si tratta di una macchina completamente priva di aiuti elettronici alla guida e spinta da un motore con molti più cavalli di quelli che all’epoca venivano dichiarati dalla Ferrari. Secondo la casa sono 478, ma sull’asfalto la F40 ne scarica più di 500. Non c’è dubbio che per sfruttarli appieno bisogna essere un pilota. Sulla leggenda che sia un’auto “pericolosa”, avrei qualcosa da ridire: pericolosa lo diventa in mani inesperte e se si commette il grave errore di sottovalutarla. Il concetto che va assimilato subito, per non rischiare di trovarsela “per cappello” alla prima curva, è che lei molto più veloce di te. Va guidata d’anticipo, prestando sempre la massima attenzione anche all’aderenza offerta dall’asfalto su cui si sta guidando. Le reazioni sono esplosive e il gas va dosato con una certa sensibilità, perché le ruote posteriori pattinano, pattinano in continuazione, anche in quarta. Il pedale dell’acceleratore è come un tasto on/off, passi da una bicicletta a un razzo senza neanche accorgertene. Sensazioni così, oggi che l’elettronica dà un’enorme mano al guidatore, non si provano più. Una Ferrari F8 Tributo, per dire, va più forte di una F40, certo, ma non ti metterà mai il coltello alla gola.
Di cosa ha bisogno una una F40 per essere sempre in perfetta forma?
Di tante cure e attenzioni, costanti e anche parecchio costose. Naturalmente tutto dipende anche dall’uso che si fa della vettura. Se la rispetti e non fai numeri da circo, tipo testacoda e burn out, la frizione dura il giusto e inoltre eviti di far fuori un treno di gomme in mezza giornata. Ciò non significa che non si possa tirare qualche marcia, quando è possibile. Ce la si gode alla grande anche così, senza metterla sempre alla frusta.
Giusto per curiosità, quanto si può arrivare a spendere in officina per il classico tagliando annuale?
La manutenzione ordinaria, per così dire, non è una tragedia come potrebbe sembrare. Cambiare olio e filtro è un lavoro che si può fare anche da soli, con costi tutto sommato contenuti. Le voci di spesa più importanti sono altre, come la sostituzione del kit di distribuzione, che costa circa 5000 euro, e dei serbatoi. Essendo in gomma, come quegli degli aerei, per ragioni di sicurezza vanno cambiati ogni dieci anni. E si spendono più o meno 20.000 euro.