Gabriele Tarquini e l’importanza di mettersi in gioco

Gabriele Tarquini e l’importanza di mettersi in gioco

Al rally di Sardegna di qualche settimana fa abbiamo chiacchierato con un ospite che con la terra c’entrava poco e niente: Gabriele Tarquini, leggenda dei campionati turismo di varie epoche, che proprio in occasione della tappa italiana del WRC, e’ salito per la prima volta su una WRC+, per un breve assaggio di motorsport diverso dai cordoli della pista, dove Gabriele ha la residenza da più di tre decenni. Sì perché Tarquini, classe 1962, ha iniziato la sua lunga carriera con le vittorie del campionato italiano europeo e mondiale kart nel 1983, ’84 e ’85. Un’avventura poi continuata pochi anni dopo in Formula 1; ma le soddisfazioni più grandi sono arrivate con le ruote coperte: un campionato britannico turismo vinto nel 1994, uno europeo nel 2003 e poi i due mondiali che lo hanno consacrato: nel 2009 con la Seat e nel 2018 con la Hyundai. Suo, infatti, il record Fia di pilota più anziano a vincere un campionato del mondo, per altro battuto da se stesso lo scorso anno.

Gabriele, nel corso della tua lunga carriera sono cambiate tantissime cose nel mondo del Motorsport, dalle auto alla preparazione per le gare. Qual è un aspetto che preferisci ora e cosa, invece, rimpiangi del tempi passati?

La risposta a entrambe le domande è la facilità di guida. É tutto migliorato rispetto a una volta: il grande sviluppo tecnologico e sopratutto elettronico permette di guidare con tanta tranquillità in più. Ma guidare con più tranquillità equivale a dire che il pilota ha meno influenza nella prestazione assoluta. Per esempio possiamo dire che ai miei tempi, in Formula 1, il merito di una buona prestazione era diviso 40/60 tra pilota e monoposto, mentre ora la vettura vale almeno l’ottanta percento. L’elettronica ha portato innumerevoli vantaggi sulle auto stradali, ma da un punto di vista sportivo ha ridotto l’influenza del pilota.

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Da tanti anni militi nel campionato turismo dove, tra l’altro, hai raccolto i tuoi più grandi successi. Cosa ti piace di questa serie rispetto alle altre in cui hai gareggiato?

Nella mia carriera ho guidato un po’ di tutto. La Formula 1 è la vettura che ti piace guidare perché ti dà il massimo feeling, vai fortissimo in curva e senti l’aerodinamica lavorare al meglio. L’auto da turismo è la macchina con cui ti piace correre. Con le vetture a ruote scoperte, devi stare molto attento: basta poco per rompere le sospensioni o le appendici aerodinamiche. Le nostre auto, al contrario, nascono per la battaglia corpo a corpo. La cosa che mi piace di più è proprio la gara, non le qualifiche o la prestazione assoluta: più di venti auto alla volta si ritrovano a fare ‘a sportellate’, nonostante il regolamento sia molto più severo rispetto a venti anni fa. Io (ride) sono un recordman della penalità: l’anno scorso, ad esempio, ho vinto il mondiale, ma ho anche accumulato tre penalità ‘belle grosse’.

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Nel 2018 hai battuto il tuo stesso record di più anziano pilota a vincere un campionato mondiale Fia, distaccando notevolmente tutti gli altri piloti presenti e passati. Qual è il tuo segreto?

Mettersi in gioco sempre. In tutti questi anni è cambiato tanto l’automobilismo sportivo. Sono arrivati i simulatori, la telemetria, i computer. Quando ho iniziato tute queste cose non c’erano. Ho dovuto cambiare non solo lo stile di guida, ma anche l’approccio al motorsport. Il confronto diretto con la telemetria ora conta tantissimo. Se hai un problema vai a vedere i dati telemetrici del compagno di quadra, per confrontare le prestazioni in pista e puoi imparare velocemente i segreti degli altri piloti. Una volta nessuno ti dava le dritte per andare forte. I segreti dovevi domandarli a qualcuno e sperare non ti dicesse apposta una bugia. L’esperienza faceva la differenza. Ora è racchiusa in uno screenshot che puoi consultare in pochi minuti.

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Per questa tua ultima avventura con la Hyundai hai abbracciato il progetto dalla nascita, come pilota collaudatore, e hai partecipato allo sviluppo della vettura, subito di successo. Quale pregio della i30 N TCR consideri un tuo merito?

La frenata. La sento ‘mia’ perché l’auto era nata con un grosso problema ai freni e all’inizio non riuscivamo a capire che cosa non andasse bene. Abbiamo lavorato tantissimo. Il resto della meccanica della vettura era performante fin dall’inizio, ma questo difetto persisteva. Ci sono voluti oltre tre mesi di duro lavoro, ma alla fine abbiamo trasformato una debolezza in un grande punto di forza della i30. Ora la stabilità in frenata è uno dei migliori pregi dell’auto.

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Macao. Una gara davvero particolare, da tantissimi anni tappa fissa del campionato turismo. Come la vivi da pilota e come ti prepari?

Da sette anni rappresenta la sfida finale del campionato. Tutto può succedere su questo bellissimo tracciato, ma giocarsi la vittoria stagionale nell’ultima gara lì è uno stress non indifferente. L’anno scorso sono arrivato con un buon distacco dagli avversari, ma in qualifica sono andato a sbattere. Sono partito quattordicesimo ed è stato molto difficile rimanere in testa al mondiale. È una sfida con la tua mente e il tuo sistema nervoso, ma devo dire che negli anni, da pilota maturo, ho apprezzato i bei momenti che regala questo GP. In pochi minuti si può ribaltare completamente la situazione. È una gara lotteria: può uscire il tuo numero o quello del tuo avversario.

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