Lamborghini Diablo: al volante dell’ultima prodotta
OMAGGIO AL V12 CLASSICO. Quale bambino appassionato di automobili non ha mai sognato di rimpicciolirsi abbastanza da poter entrare nel modellino della sua supercar preferita e partire a ruote fumanti sul pavimento della sua cameretta? L’immaginazione può spesso fare miracoli, ma in assenza della pozione magica con cui Alice nel Paese delle Meraviglie poteva decidere a suo piacimento che statura assumere, forse la cosa migliore è confidare nell’ordine naturale delle cose: diventare grandi, prendere la patente e sognare di poterla guidarla, un giorno, quella macchina incredibile che accende la nostra fantasia. È quel che, con il tempismo magico di quelle sorprese così belle e inaspettate da non crederle davvero possibili, è accaduto a chi scrive. Prima dell’avvento dell’elettrificazione, la Lamborghini ha voluto rendere omaggio al leggendario motore V12 che ha prodotto per quasi sessant’anni, costruendo un mito celebrato dagli appassionati di tutto il mondo. Per noi di Veloce, la festa in onore del dodici cilindri a V “duro e puro” di Sant’Agata Bolognese è cominciata con una Lamborghini Diablo VT 6.0 SE color oro (abbiamo anche provato la Countach e, da passeggeri, la LM 002).
UN’AUTO LEGGENDARIA. Guidare l’ultima delle 42 Special Edition costruite per salutare il Terzo Millennio, in attesa del passaggio di consegne alla nuova Murciélago, significa ritagliarsi il privilegio di portare in scena l’atto finale della leggenda Lamborghini Diablo. Nata nel 1990 con un telaio tubolare completamente nuovo e un motore a dodici cilindri più grande e potente rispetto a quello della Countach, ormai avviata alla pensione dopo quasi vent’anni di onorata carriera, la nuova supercar della casa del toro fa schizzare l’asticella delle prestazioni a livelli mai visti prima. Il gap, rispetto alla progenitrice, è ancor più evidente nel modello con il motore da sei litri di cilindrata e la trazione integrale. Grazie a un giunto viscoso, i 550 CV del V12 sono scaricati a terra da tutte e quattro le ruote: prevederne gli “umori”, in questo modo, è molto più facile. In pratica, se aggrappati al volante della Countach ci si sente davvero un po’ toreri, impegnati come si è a lottare anima e corpo contro l’istinto bestiale di un vero animale da corsa, con la Diablo ce la si può prendere un attimo più comoda. Non fosse altro che per la presenza del servosterzo, che rende il comando un po’ più svelto nell’impostazione delle traiettorie, mitigando leggermente la sensazione, comunque nettissima, di aver a che fare con una supercar “vecchia scuola”.
È VELOCISSIMA E SORPRENDENTEMENTE AGILE. Rispetto alla Countach, sulla Lamborghini Diablo si sta anche decisamente più comodi. L’abitacolo è più arioso e, benché molto sottili, i sedili sono confortevoli. Inoltre – e qui si vede e si sente tutto il salto generazionale… – non si è mai costretti a “fare a pugni” con se stessi per riuscire a sincronizzare i movimenti che azionano pedali, cambio e volante. Quello che non cambia – e che, anzi, risulta semmai amplificata – è la capacità dell’auto, davvero impressionante, di prendere velocità anche in tratti di strada in cui verrebbe da pensarci almeno due volte, prima di tenere il piede a tavoletta sull’acceleratore. Che ci crediate o no, i 1.625 kg che la Diablo fa segnare sulla bilancia mentono e anche parecchio sull’agilità di una macchina che – ci si accorge in fretta – ne dimostra almeno 300 in meno. Una dopo l’altra, le curve passano velocissime, in una sequenza di immagini impossibile da metabolizzare. Per una questione “fisiologica” (leggi: motore aspirato), il ritmo rallenta leggermente solo in uscita dai tornati più stretti in salita, dove però è sufficiente scalare dalla seconda alla prima dando un bel colpo di gas per ritrovarsi all’istante nella zona “giusta” del contagiri, dove il V12 diventa una furia e non molla un colpo fino a 7100 giri.
PER FARLA CORRERE BISOGNA SUDARE UN PO’. Come la Countach, anche la Lamborghini Diablo va approcciata con una certa fisicità, specie nella guida veloce. Scendendo dalle auto di oggi, ci vanno almeno un paio di minuti buoni per resettare il cervello e i muscoli e prepararsi alla “fatica”. Non servono le braccia di Maciste, per muoverla, ma è indubbio che lo sforzo necessario, per intensità, non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello richiesto da una supercar moderna. Premere e rilasciare la frizione è un po’ come fare la leg press in palestra e per non far singhiozzare il motore, nelle manovre a bassa velocità e nelle ripartenze, bisogna pigiare con la stessa decisione anche sull’acceleratore. Discorso identico vale per il pedale del freno: duro, con un’escursione molto ridotta, va schiacciato sempre con forza, fino a fondo corsa. Al resto pensa l’ABS, mai “invadente” nei suoi interventi e sempre provvidenziale nell’evitare bloccaggi indesiderati. Ma la cosa della Lamborghini Diablo VT 6.0 SE che, chilometro dopo chilometro, dà un colpo di spugna a ogni sorta di “ansia da prestazione” è il suo comportamento su strada, insospettabilmente prevedibile, a patto di rimanere nei limiti del buon senso e non scambiare la strada con una pista. Nel senso, basta guardarla pochi istanti per sentirsi piccolissimi, in petto alla sua straripante potenza, ma in realtà, se guidata nel modo giusto, cercando di interpretare con la mente e con i sensi le mille sfumature della sua raffinata meccanica, tutto va a meraviglia. Ed è un po’ come se quel sogno di bambino, come per magia, si realizzasse all’improvviso, facendoci capire che, a volte, la realtà può superare l’immaginazione.