Cavallino Classic a Dubai: una nuova frontiera

Cavallino Classic a Dubai: una nuova frontiera

Come sanno tutti i piloti da Nuvolari in poi, un po’ di scaramanzia non guasta mai. Per questo, prima di gridare al miracolo, ho preferito lasciar passare una manciata di giorni. Perché il rischio che una cosa come questa, e cioè portare in quel degli Emirati, e per giunta durante l’ultimo GP di Formula 1, una carovana di rosse d’antan sarebbe stato bollato come atto di lesa Maestà era molto probabile. Almeno in tempi normali. Ma questi non lo sono più. Come dimostra il silenzio assenso che c’è stato finora. 

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ALLA (RI)SCOPERTA DELLE FERRARI DI ENZO. Breve ripasso di geopolitica mediorientale: quest’angolo di pianeta è storicamente legato ai motori perché è grazie al petrolio che viene fuori da queste parti che si sfamano cavalli e pistoni. Da strada, ma anche da pista (come dimostra la storia della scuderia di Frank Williams, che qui trovò pane per la sua fame di vittoria). Ciononostante però, il dubaiota tipo è incline a preferire moderne supercar, quando non può avere addirittura hypercar futuribili e rigorosamente one-off. E siccome sui gusti non si discute, la cosa non ha mai creato nessun problema al mappamondo del volante, già diviso per specialità: aste e concorsi d’eleganza in California, le corse di vecchie signore in Inghilterra e i GP di F1 in Italia. Ma il mondo sta cambiando, la stretta sull’ecologia costringe a controsterzate al limite della tenuta e la pandemia non sta dando una mano (per non parlare degli USA, che stanno costringendo i collezionisti a riportare oltreoceano i loro bolidi – e l’indotto di mezza Italia ringrazia). E così si è tornati a parlare di deriva dei continenti, con viaggi che sembrano sempre più impossibili e distanze che aumentano a vista d’occhio. Ecco perché chi vive di spinterogeni e puntine doveva trovare al più presto un piano B. E che fosse anche il più vicino possibile alla Vecchia Europa. Ne andava della sopravvivenza di un’intera specie. Fatto sta che fino a un paio di anni fa un appuntamento con Cavallino Classic in Medioriente avrebbe fatto gridare allo scandalo, tanto era impensabile un concorso di eleganza di old e young timer tra queste cattedrali nel deserto. Ma i dieci giorni passati senza rappresaglie contro il gesto rivoluzionario di Canossa Events (proprietaria di Cavallino dal 2020), dimostra che i tempi sono ormai maturi perché l’esplorazione di questa nuova frontiera non sia solo una cosa buona e giusta. Ma anche necessaria. E così, impacchettati da un’esperienza italiana a 360 gradi, tra pranzi firmati Armani e bollicine Ferrari (di Trento), finalmente anche a queste latitudini si son fatti ammirare pezzi di storia di Maranello, a partire dalla 250 Europa del ’53, carrozzata Vignale, per arrivare a bombe sexy più recenti come l’evergreen F40 del 1988. 

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