Indy Autonomous Challenge: ingegneri al posto dei piloti
L’arte del ‘punta, tacco’ di Senna è stata replicata da algoritmi e numeri. Perché a scendere in pista a Indianapolis, arrivano le monoposto Dallara a guida autonoma, I nuovi talenti del motorsport sono programmati da ingegneri, e, fatti di chip e circuiti. È solido e concreto l’obiettivo della Indy Autonomous Challenge: sviluppare l’intelligenza artificiale per la salvaguardia della vita di piloti e automobilisti.
PETROLHEAD CON I BYTE NEL CUORE. Indianapolis, molto più della sola 500 miglia: è cultura, è tradizione. Ma anche un palcoscenico dell’innovazione con la Indy Autonomous Challenge. E così il brickyard, la Gasoline Alley, l’inno ‘The Star-Spangled Banner’ il ‘Gentlemen Start Your Engines’ che risuona dagli altoparlanti prima del via, la storia del Borg Warner Trophy, il trofeo che imprime il volto di tutti i vincitori della 500 Miglia e il brick di latte servito al primo classificato appena sceso dalla monoposto lasciano spazio, almeno per una volta, a un nuovo tipo di pubblico, appassionato di hacking e tecnologia, i geek se preferite all’americana, che vede sfrecciare dei bolidi da 300 km/h guidati dall’intelligenza artificiale sul ‘catino’ più famoso del mondo.
C’È TANTO MADE IN ITALY. A scendere in pista dieci team composti da studenti provenienti da 21 università e da nove paesi. La Indy Autonomous Challenge è una competizione di livello internazionale a cui non poteva mancare l’innovazione motoristica Made in Italy con due squadre italiane, provenienti dagli atenei di Milano e Modena. Le intelligenze artificiali si sono sfidate utilizzando le monoposto indylights Dallara IL-15 equipaggiate con un V8 turbo da 2,2 litri per 420 cavalli di potenza; i veicoli sono gestiti da una guida autonoma di livello 4 e controllati da telecamere e sensori lidar, tanto sofisticati da portare i telai di Varano de’ Melegari fino a 320 km/h, ma anche capaci di evitare appositi ostacoli posti sul tracciato e rientrare ai box in completa autonomia.
IL FORMAT. La Indy Autonomous è un progetto che nasce nell’Indiana, lo stato che potremmo definire la Motor Valley statunitense. L’obiettivo degli organizzatori è quello di promuovere l’innovazione in materia di sicurezza nel campo dell’automotive, con una challenge dedicata alle università di tutto il mondo. Tuttavia, l’intento del programma – come dichiarato dagli stessi organizzatori, non è quello di promuovere un nuovo tipo di campionato a guida autonoma, Bensì aumentare la consapevolezza di quanto l’AI può salvaguardare la vita degli automobilisti nella vita di tutti i giorni.
LA FINALE. L’atto conclusivo del campionato, con la gara sull’ovale di Indy, ha visto trionfare i ragazzi del TUM, l’Università Tecnica di Monaco di Baviera, ma non sono mancate le soddisfazioni anche per il Bel Paese: seconda classificata è stata proprio la vettura del team Euroracing, capitanata dall’Università di Modena, Pisa, Zurigo e Varsavia. Terzo posto, ma solo per colpa della sfortuna, per il team PoliMove Racing del Politecnico di Milano, costretto al ritiro a causa di un problema al sistema di rilevamento della posizione GPS. (Testo: Federico Giavardi)