Lancia Gamma Coupé: la prova di un manifesto d’eleganza
(Foto: Mauro Ujetto)
È un dono raro e prezioso, nei ritmi ossessivi delle nostre metropoli, poter accarezzare la nostalgia al volante di un’automobile che non fanno più da quarant’anni. Se poi si tratta di una Lancia, e la metropoli in questione è Torino, tornare indietro nel tempo ha un sapore particolare e un significato ancor più intenso. L’elastico dei ricordi, seduti sulle soffici poltrone dell’ammiraglia torinese che ci accompagna in questa breve fuga nel passato, oscilla dolcemente. E se non fosse per gli sguardi di stupore e ammirazione rubati ai passanti più o meno immersi nel solito tran-tran urbano, quasi nemmeno ci accorgeremmo della modernità delle macchine che ci circondano.
ELEGANZA NATURALE. Le vie e i portici del centro di Torino scorrono lenti, dal finestrino di una Lancia Gamma Coupé. L’auto, opera del maestro Aldo Brovarone, che la disegnò per la Pininfarina molto tempo prima che la Lancia prendesse in considerazione l’ipotesi di produrla per davvero, ha l’eleganza naturale di certe donne torinesi: è straordinariamente sobria, eppure indossa con disinvoltura gli abiti più creativi e difficili da portare. Non c’è alcun dubbio che, su una macchina qualunque, l’argento metallizzato, il marrone, l’arancio e il beige costituirebbero un’accozzaglia di colori difficile da tollerare perfino per un occhio ‘allenato’ agli accostamenti più fantasiosi e sgargianti. Ma non su una Gamma Coupé, dotata di quel gusto tipicamente italiano per le forme semplici e lineari che con le tinte più accese e audaci si sposa come il pane con il burro.
UN GIOIELLO DI DESIGN. Ancorché sobria, la presenza scenica della Gamma Coupé è maestosa. Non arriva ai quattro metri e mezzo di lunghezza, eppure, per via dell’armonia tra i volumi – segnati da linee tese e squadrate che traducono in un linguaggio atemporale la bellezza classica delle grandi Lancia del passato -, sembra molto più grande. A proposito delle grandi Lancia del passato: le portiere qui non si chiudono da sole, senza sbattere, come sulle nobili antenate Aurelia e Appia, ma di fronte alla ricercatezza dei dettagli l’imperfezione di certi assemblaggi passa inosservata. Dalle maniglie interne delle porte – nascoste dietro un poggiamano che è un perfetto esempio di ergonomia applicata al design geometrico degli Anni ’70 – alle lancette a matita della strumentazione di bordo, dalla leggera gobba sul tetto in corrispondenza del terzo montante alla coda di rondine che snellisce con straordinaria eleganza il cofano posteriore, allo sguscio che corre lungo tutta la fiancata, ornato da una sottile striscia di gomma nera, numerosi sono i particolari che impreziosiscono lo stile.
VA GUIDATA CON I GUANTI BIANCHI. L’anima delicata della Gamma Coupé si riflette anche in alcuni ingranaggi del suo motore quattro cilindri boxer, nato in Lancia da un progetto completamente nuovo, costruito interamente in alluminio e proposto con cilindrate di 2 e 2,5 litri. Le prime unità montate sugli esemplari della prima serie (1976-80) avevano solo due cuscinetti tendicinghia per bancata e ciò, sul lato sinistro, rappresenta un problema dal momento che la pompa dell’idroguida è collegata all’albero a camme: per scongiurare uno sforzo eccessivo e, di conseguenza, il rischio che la cinghia dentata si spezzi, è bene quindi ricordarsi di non applicare alcuna azione sul volante durante la messa in moto dell’auto. Per il resto, tutto fila liscio e quasi non sembra di guidare una macchina di oltre quarant’anni fa. Per rispettare la meccanica, tuttavia, qualche attenzione è bene averla. Il comando del cambio, per esempio, è un po’ legnoso, specialmente a freddo, perciò gli innesti vanno accompagnati con dolcezza. Un eventuale gioco eccessivo della leva va percepito come avvisaglia di un possibile cedimento della boccola che comanda il leveraggio: essendo fatta di materiale plastico, con l’età tende a indurirsi e a rompersi, rendendo impossibile l’ingranamento delle marce. Lo sterzo, abbastanza leggero in manovra e alle basse velocità, non è esattamente un campione di precisione quando si forza l’andatura, il che però – a meno che non lo richiedano circostanze particolari, come un sorpasso – è francamente inutile. Intendiamoci: il motore duemila degli esemplari da noi provati non difetta certo di potenza, ma i suoi 120 cavalli preferiscono di gran lunga il trotto al galoppo. Il che significa che non occorre avvicinarsi alla zona rossa del contagiri per ottenere il meglio dalla Gamma Coupé, che tocca senza patemi i 180 km/h ma rimane un’auto da guidare in assoluto relax.
FRENA BENE E IN CURVA È SICURA. Le doti migliori della Gamma Coupé, sorprendenti oggi come allora, rimangono la frenata e la tenuta di strada. Ce ne accorgiamo immediatamente, guidandola tra le stradine tutte curve della Val di Susa. Le sospensioni, con schema MacPherson sia all’anteriore che al posteriore, non sono rigide abbastanza da impedire che l’auto si corichi un po’ sulle ruote esterne, ma la sensazione di equilibrio, anche nei trasferimenti di carico meno dolci, non svanisce mai, nemmeno quando si osa un po’ di più con l’acceleratore. Ciò vale anche quando ci si aggrappa ai freni senza tanti complimenti: l’impianto Superduplex con quattro freni a disco, dotato di due circuiti idraulici indipendenti, in modo che se se ne rompe uno ne rimane un altro di riserva, è potente e la corsa del pedale consente di modulare con progressività la forza frenante; solo agendo bruscamente sul freno in curva può accadere di perdere aderenza al posteriore, ma è sufficiente rilasciare il comando affinché l’auto riprenda la traiettoria impostata.
UNA BELLEZZA DA CONDIVIDERE. E nel traffico di tutt’i giorni, come se la cava la Lancia Gamma Coupé? Molto meglio di quanto si potrebbe essere portati a immaginare, osservandola mentre si muove con l’incedere di una regina di una certa età nel groviglio di suv e citycar che il lunedì mattina intasa le strade di Torino. Con una linea del tetto alta 1,33 metri da terra ci si abitua in fretta a essere guardati dall’alto in basso, ma non certo in senso figurato, con valore spregiativo, perché la bellezza della Gamma Coupé è una scintilla d’argento vivo che incuriosisce, affascina, stupisce e illumina le strade di una luce diversa, dispensando quella sana dose d’eleganza e distinzione che è sempre più difficile reperire nelle macchine moderne. Come nota finale, un cenno ai consumi. Nell’era della mobilità cosiddetta ‘green’, in cui le auto ibride ed elettriche si vantano di consumare meno di una lavastoviglie, scoprendo quanta benzina serve a dissetare il motore, alimentato da un carburatore doppio corpo verticale, si rizzerebbero i capelli persino a un pelato. La Lancia, all’epoca, dichiarava una media di 17,2 litri per percorrere 100 chilometri, il che, tradotto, significa meno di 6 km/l. L’efficienza è un’altra cosa, d’accordo, ma è anche vero che nessuno oggi, a eccezione di qualche inguaribile romantico, di un’auto come la Gamma Coupé farebbe un uso quotidiano. Una sgambatella alla domenica, tutt’al più, ancor meglio se in compagnia di un’altra classica. Per tenere viva la fiamma della passione, oliando gli ingranaggi di una cultura che va diffusa e di una bellezza che va condivisa.
(Un ringraziamento particolare all’appassionato e collezionista di automobili Andrea Levy, che per la realizzazione del nostro test drive ci ha gentilmente messo a disposizione due belle vetture ‘gemelle’ della sua collezione. Ringraziamo molto anche Paolo Falcinelli e Toni Cestarollo, presidente e vicepresidente del Club Lancia Gamma Italia: condividendo con noi la loro profonda conoscenza dell’auto, hanno fornito un prezioso valore aggiunto alle nostre impressioni di guida)