Perché il FOS è patrimonio dei petrolhead
Lo scorso weekend, nel Sud dell’Inghilterra, si è svolto il ventiseiesimo Goodwood Festival of Speed, la famosa cronoscalata che è, allo stesso tempo, una gara, un salone per l’auto in vista statica e dinamica e un museo a cielo aperto. Un’edizione, quella del 2019, che ha visto infrangere il record del percorso appartenuto per due decenni alla McLaren-Mercedes MP4/13 di Formula 1; ci ha pensato la Volkswagen con il super prototipo elettrico ID.R da 680 cavalli, tagliando il traguardo degli 1,86 chilometri del tracciato in 39”90.
Il grande pubblico, raccolto sui verdi prati della tenuta di Goodwood, ha poi potuto ammirare le novità presentate in anteprima dalle case automobilistiche. Tante le vetture da pista senza compromessi: la nuova Porsche 911 RSR, la Ford GT MK II e la Audi R8 LMS GT2 e ancora di più le sportive (e non solo) per la strada come le nuove Mercedes-AMG A45 e CLA45, la Bentley Flying Spur, le Porsche Cayman GT4 e Boxster Speedster, oppure alcuni prototipi non ancora del tutto svelati, come la prossima Land Rover Defender o la elettrica Porsche Taycan.
E quando tra un giro e l’altro le auto ‘riposano’ nel paddock, in poche centinaia di metri si concentra il meglio dell’automobilismo passato e presente: un luogo unico dove per quattro giorni ci si può perdere, ad esempio, tra le più esclusive Ferrari, (quest’anno rappresentate dalla SP2, la scoperta, senza parabrezza, derivata dalla 812 Superfast e dalla P80/C, un esemplare unico su base 488 GT3), per ritrovarsi, a pochi passi, tra le iconiche monoposto di Formula 1 di tutte le epoche o ancora tra i leggendari mostri da rally del Gruppo B. Perché il Festival of Speed è proprio questo: una super selezione – ma senza distinzioni – di tutte le auto dei nostri sogni e ancora di più. Un po’ come piace a noi, un po’ come Veloce…