Vaccarella, l’uomo che disse di no a Ferrari

Francia, 21 giugno 1964. È domenica e a Le Mans, dopo 24 ore di staccate, sgasate e sorpassi mozzafiato, cala finalmente il silenzio. Anzi no, a dire la verità in sottofondo si sente la voce gracchiante dello speaker, che invita i vincitori a raggiungere il podio per le premiazioni. I ferraristi accorrono numerosi, per l’ennesima volta hanno espugnato il tempio dell’endurance. Bisogna festeggiare. E mentre sta partendo il coro per inneggiare a Guichet e Vaccarella, tifosi e meccanici si accorgono che il pilota palermitano non si vede più. E non si trova da nessuna parte. Lui che stava per prendere l’ultimo volo che l’avrebbe riportato a Palermo in tempo. In tempo per cosa? “Per non mancare a scuola. Io lunedì lavoro…“, sottolineava stizzito Vaccarella. Non è un caso se lui, campione nei weekend e dirigente scolastico durante la settimana, è passato alla storia come il “preside volante“. 

CAMPIONE DI IERI, PILOTA DI SEMPRE. Nonostante fosse nato nel 1933, Nino Vaccarella era un pilota moderno. Aveva un approccio alle corse alla Lauda, si accendeva con la macchina e si spegneva sotto la bandiera a scacchi. Lucido, determinato, mi diceva: ” mi sono sempre piaciute le macchine potenti, veloci. A me piace schiacciare e andare“. Se ne sono resi conto tutti. Storia compresa. La sua gara di casa era la Targa Florio, ovviamente. E prima di lasciare la scuola per ritirarsi in quel di Cerda, minacciava puntualmente i suoi studenti “se vi vedo ancora lungo la pista vi metto una nota”. Ma in realtà questi ragazzi che tappezzavano le Madonie di W Nino, W Ferrari erano una delle sue armi segrete. Il trofeo inventato dal conte Florio, la più antica competizione automobilistica del mondo, si snodava su un percorso molto tortuoso, fatto di curve, controcurve, tornanti e dislivelli. Un tracciato che metteva a dura prova tutto: freni, gomme, ma soprattutto piloti. “Quando si vedeva il mare di Buonfornello, tiravo un sospiro di sollievo. Finalmente un rettifilo per potersi riposare un attimo“. Sì, ma a 300 km/h… 

IL MEDAGLIERE DI NINO. Il palmares del preside volante ha dentro di tutto, dalla Le Mans su Ferrari 275P, alla 12 Ore di Sebring, alla 1000 chilometri del Nürburgring (queste ultime due in coppia con Scarfiotti). Ma non fu solo un uomo del cavallino, Vaccarella. I suoi esordi sono sulla palestra di tutti i piloti italiani del dopoguerra, l’immancabile Fiat 1100, per poi passare a qualcosa di più sostanzioso come la Lancia Aurelia. Di Targa Florio ne vince addirittura tre, una con Bandini sulla solita Ferrari 275P e due su Alfa Romeo (33/3 Sport Prototipo e 33TT12).

PALERMITANO DI NASCITA, SICILIANO PER SCELTA. A un certo punto della sua carriera, il Drake convoca Vaccarella a Maranello. Chi conosce il giro del fumo sa che per il pilota palermitano sta arrivando il momento fatidico. Il corteggiamento di Ferrari è arrivato alla richiesta della fatidica prova d’amore: “mi permetta, si trasferisca a Maranello“. Aveva poco tempo, il preside volante, e così per questo colloquio importantissimo aveva deciso di partire la mattina per tornare in giornata. Quando Ferrari gli fa la famigerata domanda, Vaccarella lo guarda sorpreso, e non tanto per la proposta, “ovvio che me l’aspettavo. Ero un pilota molto veloce, era naturale che Ferrari mi volesse tra i suoi. Quello che mi colpì è che una persona intelligente come il Drake potesse chiedere a un siciliano abituato al sole e al mare di trasferirsi nelle nebbie padane. Prima di rispondere guardai comunque un’ultima volta fuori dalla finestra. E poi gli dissi di no“. Ferrari ci rimase di stucco, ma la stima di Enzo aumentò a dismisura.