Velocissime… sulle dune! Lontano dall’asfalto /1
Veloce è emozione, capacità di andare oltre gli schemi e le convenzioni. Negli ultimi giorni Morgan ha presentato la Plus CX-T (qui per saperne di più), il non-plus-ultra del talento del marketing attuale. Questo fa l’impossibile per trovare uno sbocco verso nicchie inespresse, conquistare nuovi lidi, dare un senso alle ‘cose’ automobilistiche. Ma la sportiva inglese ‘non convenzionale’ ci ha fatto anche riflettere e ci siamo chiesti quali fossero le ‘Velocissime‘, quelle auto davvero fuori dagli schemi passate alla storia. Ma con una variabile in più: ovvero che non avessero bisogno (almeno in teoria) dell’amata superficie dell’asfalto per toglierci il respiro. Sportive veloci, nell’etica, nella meccanica, nell’aspetto, nella destinazione. Ecco la nostra selezione in due puntate. Partiamo con una Roll-Royce che gareggiò alla Dakar, una muscle car elevata a monster truck e un’elegante Alfa Romeo con il mal d’Africa.
ROLLS-ROYCE CORNICHE JULES ‘PARIS-DAKAR 1981’. Il prodromo di questa avventura si sviluppa in una serata d’agosto del 1981, durante una cena. L’imprenditore Thierry de Montcorgé, Jean-Christophe Pelletier e Jean-François Dunac parlano dei continui problemi delle Rolls-Royce. In preda ai fumi dell’alcool, i tre lanciano la scommessa: distruggere deliberatamente una Corniche alla Parigi Dakar. Parte la sfida e le si dà il connotato dell’autorevolezza: Montcorgé ottiene la sponsorship di Dior perciò il progetto può partire. Si parte da una Corniche Coupé ma di questa resta molto poco: il telaio utilizza molte parti della Toyota Land Cruiser ed è utilizzato un V8 Chevrolet da 5,7 litri. La trasmissione a quattro ruote motrici è di derivazione Toyota, il cambio ha anche le marce ridotte. Grazie alla nuova carrozzeria in plastica la Corniche delle sabbie, ribattezzata ‘Jules‘ (il nome di un profumo Dior) pesa sì e no 1450 kg. L’avventura della Spirit of Exctasy del deserto non ha un bell’epilogo: l’auto si comporta molto bene, il motore da 350 cv è affidabile e robusto (l’equipaggio, peraltro, non resta mai senza benzina grazie anche a un serbatoio da 400 litri). Al punto che, nonostante la rottura dello sterzo, Jules arriva a Dakar tredicesima. Tuttavia viene squalificata. Ma, in fondo, è irrilevante: il ritorno di immagine dell’impresa per Dior è straordinario. (Foto: RedBull e DriveTribe)
SBARRO MONSTER G 1987. Franco Sbarro è diventato un mito per non essersi posto limiti. La sua creatività automobilistica ne ha fatto un’icona – nell’articolo sulle ‘gemelle diverse’ abbiamo parlato della Tiger (qui per saperne di più). Le creature di Sbarro sono sogni su quattro ruote che prendono vita senza confini precisi. Il risultato è ovunque porti il desiderio, la fantasia, la passione. Al Salone di Ginevra del 1987 presenta la Monster G, la muscle car per le dune più scabrosa di sempre. La committenza proviene da un appassionato di lingua tedesca emigrato negli States e non è immorale solo per la sua personalità immensa ma anche per alcune caratteristiche fuori misura. È un Boeing stradale. Al 100 percento. Infatti questa specie di Belaz da passeggio (carrozzeria tutta in kevlar) ha le ruote di un Boeing 747, anche se leggermente rimpicciolite. Hanno, comunque, un diametro di 20” (all’epoca un’F40 si fermava a 17) e oltre 355 mm di battistrada (La Lamborghini LM002 aveva gomme da 345). Queste misure influenzano le sue dimensioni: l’altezza del veicolo è di 230 cm. Al netto di questi tratti da rinoceronte, la base meccanica è di una Range Rover e il motore è il massiccio V8 della Mercedes 450 SEL 6.9 (famiglia W116) per 350 Cv. La ‘jeep’ del Toro è, di fatto, l’unica concorrente. Se la bestia di Sbarro si fosse trovata in panne, del resto, la soluzione era pronta sul piatto d’argento: nel portapacchi posteriore c’erano un generatore e una mini moto per raggiungere il distributore più vicino.
ALFA ROMEO 6C 2500 COLONIALE 1940. Il 9 maggio del 1936 il delirio di onnipotenza del regime fascista si consolida nella nascita dell’Impero. Le truppe italiane invadono l’Etiopia e la dichiarano italiana. Il territorio è retrogrado, le strade sono terribili. La nascita di una rete stradale sul Corno d’Africa si inserisce nel quadro dell’Italia militarizzata (nel ’35 il triste destino coinvolge l’Alfa Romeo). Nel ’38 il Regime commissiona al Biscione (la richiesta proviene direttamente da Asmara), la creazione di un modello per le complicate strade africane. Vittorio Jano (che nel 1925 progetta la meravigliosa 6C 1500) parte dalla 6C 2500. Molta cura è data all’alimentazione visto che le strade dell’Etiopia si sviluppano molto in altitudine (anche 2000 metri). La nuova 6C 2500 Coloniale, presentata nel 1941, ha il telaio rinforzato, maggiore altezza da terra, bloccaggio del differenziale posteriore, motore da circa 90 Cv, due ruote di scorta e circa 200 litri di carburante (ci sono ben cinque serbatoi). Contemporaneamente parte la progettazione di una versione con trazione integrale ma l’infuriare della guerra blocca il progetto. Ne vengono prodotte circa duecento in versione Torpedo di Castagna e una cinquantina Coupé utilizzate nella campagna di Russia.