Marvin Hagler, il Meraviglioso e la 928

Marvin Hagler, il Meraviglioso e la 928

Mio padre ci mangiava insieme una sera sì e l’altra pure. Andavano nello stesso ristorante di Milano, all’ombra del Duomo. E parlavano di macchine, metà in americano e metà in italiano. Maccheronico. Marvin, nato nel New Jersey nel ’54, nero, pugile e attore. Anzi, campione dei pesi medi per eccellenza, e grande appassionato di Porsche. Solo se 928. Gli piaceva come cantava l’otto cilindri che, a quelle orecchie abituate ai suoni d’oltreoceano, ricordava la sua terra anche da questa parte del mondo. Dove si era ritirato dopo aver appeso i guantoni al chiodo, per recitare una nuova parte in quel film che è stata la sua vita. Io entro in scena nel 1991, quando presentano la Porsche 928 GTS. La stampa tutta viene invitata a Monza, un collaudatore di Stoccarda fa fare un giro lanciato sull’ultima versione di questa Granturismo travestita da sportiva. Che in fondo al rettilineo stacca a velocità in cui di solito gli aeroplani decollano. Papà me la butta là, ma gli devo promettere di non dire a Marvin che ha portato me e non lui. Io prometto tutto, anche di laurearmi anzitempo: voglio andare a Monza a tutti i costi. E poi Marvin non so manco chi è. 

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DUE FARI NELLA NEBBIA. Poi una sera andiamo al ristorante, sempre il solito per carità, e di fianco al nostro tavolo c’è quello di uno che ci guarda in cagnesco. Faccia da duro, pelato: i muscoli mal celati dicono molto di lui. Ma non tutto. Il resto lo aggiunge alzandosi quando, stecchino in bocca, e dopo aver salutato papà, inchioda i suoi occhi su di me, e dice “ti aspetto fuori”. Chi, come, quando, perché? Avrei voluto fare anche altre domande, ma mio padre mi gela. “È Marvin”. Chi ha fatto la spia? Chi gliel’ha detto a quel bestione del mio giro sulla GTS? Vabbè, esco. Nel buio di quella Milano nascosta dalla nebbia vedo spuntare due fanali che si sollevano da un cofano, con quel movimento unico che mi ci fa riconoscere dentro una 928. Direi bordeaux, anche se me la ricordo nera come la notte. Era quella di Marvin, che si avvicina rombando. “E adesso dimmi se la GTS andava di più…”. Chiude il vetro, mette in D, e parte sgasando come se in quell’angolo della mia Milano ci fosse sempre stato un quarto di miglio da fare giù tutto così. La paura scompare veloce dietro l’angolo, come la Porsche. Per fortuna che i migliori sono sempre quelli che se ne vanno. 

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