Pick-up: è partita la corsa all’elettrico (col cassone)

Pick-up: è partita la corsa all’elettrico (col cassone)

Nella corsa all’elettrico poteva mai mancare il pick-up? Certo che no e arriverà sul mercato in pochi mesi. Per ora solo su quello americano e la cosa la si può capire: è la tipologia di veicolo più popolare negli States. Ma la notizia ha un valore per quel che significa in senso più generale, ovvero che, alla transazione da termico a elettrico, si affiancano realtà di fondazione già a corrente: stiamo parlando di Tesla o Rimac, tanto per citare le più famose, ma nei prossimi anni sono diversi i nuovi nomi attesi sul mercato.

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CANOO. Ad annunciare più di recente un pick-up a batterie e con un design da navicella spaziale (pod-like, l’hanno definito i suoi progettisti) è la startup californiana (son tutte lì) Canoo che punta a portare sul mercato entro il 2023 il nuovo veicolo il cui mock-up fa già bella mostra di sé sul sito aziendale. Ma certo non si tratta di una prima: numerose altre aziende stanno già lavorando ad un’elettrica col cassone, a partire da Tesla e Rivian, sul fronte dei produttori full-electric e, per finire a Ford, GMC Hummer, Chevrolet e RAM, per citare alcune delle case tradizionali. E in alcuni casi l’arrivo su strada è previsto già per la fine del 2021. La società di previsioni AutoForecast Solutions stima che i pickup elettrici rappresenteranno poco più dell’1 percento della produzione di pickup nordamericana nel 2022, ma già nel 2028 saranno più che quintuplicati con un 5,7 percento della produzione totale. 

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IL PIANO DI SVILUPPO. Il presidente esecutivo di Canoo, Tony Aquila, ha fatto sapere che la società con sede a Los Angeles inizierà a prendere i preordini nel secondo trimestre del 2021 per procedere con le consegne dai primi mesi del 2023. Il veicolo sarà costruito in una microfabbrica statunitense ancora da inaugurare: “il nuovo modello, stando a quanto dice Aquila, avrà le dimensioni di un Ford Ranger, potrà sopportare il carico di un pick-up di dimensioni normali e avrà il raggio di sterzata di una Prius. Il pick-up di Canoo si unirà a una nuova gamma di vetture che include tra gli altri un furgone per le consegne entro la fine dell’anno e una berlina sportiva nel 2025. 

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600 CAVALLI E TANTO SPAZIO. Canoo sta negoziando con gli stati su un potenziale sito di produzione e la società utilizzerà ancora un produttore a contratto per costruire i suoi veicoli di volume inferiore. A ‘fondamenta’ dei suoi veicoli, ci sarà uno ‘skateboard’, una piattaforma bassa che raggruppa batterie e motori elettrici con componenti del telaio come sterzo, freni e ruote – su cui è possibile costruire una varietà di carrozzerie. Il pick-up avrà fino a 600 cavalli e un’autonomia di oltre 200 miglia (320 km). Il pick-up include un pianale di carico di sei piedi (2 m) che può estendersi fino a otto piedi e di un vano di carico anteriore. Non mancano infine tante comode soluzioni per l’abitacolo come un piano di lavoro ribaltabile con prese elettriche, tavolini laterali ribaltabili e un gradino nascosto che offre un ulteriore spazio di carico e un accesso al pianale del pick-up.

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Un commento su “Pick-up: è partita la corsa all’elettrico (col cassone)”
  • Alberto Spriano ha scritto:

    Il truck, che a noi poco importa, è un mito della provincia americana. È diventato parte del paesaggio delle piccole cittadine degli Stati Uniti da quando ha accompagnato gli esodi del popolo americano. Uno su tutti, quello descritto in Furore da John Steinbeck, lungo la Route 66.

    Il drammatico viaggio della famiglia Joad dall’Oklahoma alla California, la fuga dalle tempeste di sabbia, come quella del 10 e 11 maggio 1934, quando i tornadi sollevarono 300 milioni di tonnellate di detriti in una regione che venne chiamata the “Dust Bowl”, il Catino di Polvere e la perigliosa ricerca della terra promessa: la California.

    Da allora i trucks sono diventati indispensabili e sono entrati a far parte nella provincia americana, compiendo imprese come quella descritta in Furore o più semplicemente lavorando.

    Per questo e non solo per questo, negli Stati Uniti è una sfida avvincente realizzare un truck elettrico, proprio lì, dov’è nato e si è evoluto, sempre più grande e poderoso.

    Elon Musk ha voluto tentare anche quest’impresa con il Cybertruck, ma i tradizionalisti della provincia americana sono tanti e ben radicati.
    Per fare breccia ha dovuto vincere al traino un Ford F150 V8.

    Ma non basta.

    Alcuni analisti economici lo hanno designato modello di nicchia e non prodotto di volume e sono stati colpiti dall’annunciato listino prezzi, troppo basso per garantire un margine di profitto sufficiente.

    Poi c’è la stravaganza stilistica, quelle linee tese, superfici piane e poi improvvisamente angolate che richiamano forme a cuneo.

    È la volontà di essere diversi a tutti i costi o c’è altro? E perché?

    C’è altro, ovviamente.

    Per ridurre i costi di produzione e impiegare meno energia, hanno semplificando le lavorazioni e grazie a quel design hanno eliminato le presse, privilegiando il taglio e la piegatura della lamiera d’acciaio di uno spessore mai visto, impossibile da stampare.

    Questo autocarro, perché sembra che per guidarlo in Italia servirà la patente C, sarà pesante e non poco, più delle altre elettriche considerato lo spessore della carrozzeria, per cui la massa inciderà sui consumi energetici e potrebbe penalizzarlo, ponendolo al vertice dei mezzi elettrici più energivori.

    Però, se guardiamo l’efficienza della Model 3, c’è da restare sbalorditi. Per cui non è così scontato che il Cybertruck trimotore sarà così energivoro come pensiamo. Inoltre, è comparso dietro, un fotovoltaico da 25 miglia di autonomia aggiuntiva che scorrendo sparisce per lasciare libero il cassone.

    Resta comunque l’interrogativo sul layout della piattaforma, perché la provincia americana sottoporrà il Cybertruck a sevizie inimmaginabili.

    Avrà una piattaforma analoga al Model S con quelle sospensioni ad aria indipendenti che abbiamo visto all’opera per abbassare il piano di carico e livellare o ci sarà qualcos’altro?

    Se riusciranno a produrlo risparmiando energia eliminando lo stampaggio della carrozzeria, aggiungendo il plus della lamiera d’acciaio inox 301 da 3 mm e una piattaforma a prova di colono, allora non ci resterà che toglierci il cappello, quando passerà il Cybertruck.

    Nel frattempo il Cybertruck tiene banco.

    I coloni della provincia americana discutono sui vetri “infranti-gibili”, sull’angular look, sul quarto di miglio dove lascia dietro la Porsche 911, sull’acciaio inox 301 colpito a mazzate e sul quad dedicato, il Bladerunner CyberQuad ATV.

    E il numero di prenotazioni lievita.

    Ma questo progetto, dirompente per il wedge shape design è stato obbligato da un limite di lavorazione che si è trasformato in un punto di forza del prodotto.

    Dirompente è rischioso prima di tutto per Tesla, perché rappresenta una vera e propria rottura con le forme più convenzionali della gamma.

    Rischioso perché chi ha acquistato una Model X, una S, una 3 o una Y, di fronte all’alieno Cybertruck si sente improvvisamente fuori gioco, niente acciaio inox 301, niente vetri “infranti-gibili” ma quel che più peserà sarà il confronto estetico.

    Il Cybertruck piace sempre di più e non c’è un perché.

    Piace e basta.

    E le altre Tesla che non impiegano gli stessi materiali per la carrozzeria, per i vetri e soprattutto non hanno quell’aura sharp design, strained lines, wedge shape. Manca qualcosa. E non è poco.

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