Bertelli, una vita di corsa tra auto e barche veloci
“…Un vittoria al mondiale rally o all’America’s cup? Ma dai… l’America’s cup, che diamine, sarei troppo egoista se pensassi al rally, oramai per me le corse in macchina sono solo una passione, la vela è l’azienda e viene prima l’azienda… Certo, qualche anno fa sarebbe stato diverso… Ma ora no: America’s cup. Normale, no?”. A parlare è Lorenzo Bertelli, pilota della massima serie Rally, con una discreta carriera alle spalle e numerose vittorie nel WRC2. Solo il lock-down imprevisto di Auckland che ha fatto rimandare di 10 giorni la finale della Coppa America gli ha risparmiato il doppio shot di stress – che ognuno di noi si augurerebbe – di correre nello stesso week-end, quello del 28 febbraio scorso, una gara al quadrato. Una nel WRC, al Rally Artic nella Lapponia finlandese, da vivere di giorno in prima persona con nervi e muscoli a bordo della sua Ford Fiesta WRC; l’altra, da patire in spirito e di notte davanti alla TV, a 20mila chilometri di distanza nelle acque del Golfo di Hairaki per la finale del team Luna Rossa Prada-Pirelli contro i padroni di casa di New Zeland.
AL VOLANTE PER PASSIONE. La lieve ma reale esitazione nella riposta gli passa tra le (poche) rughe da 31enne e nel sorriso vago che rivolge ai suoi compagni di squadra di Fuckmatié, il team Rally di cui è fondatore, pilota e finanziatore. Ma il suo copilota, Simone Scattolin, e il team-manager non prestano attenzione all’intervista: hanno da fare a rivedere la registrazione della prova speciale appena conclusasi, nella quale hanno fatto segnare un tempo di tutto rispetto. Del resto, conoscono le preferenze di Lorenzo e diciamo così necessità: il rally è la sua adrenalina personale, per il quale si è impegnato “perché come dice mio padre o le cose le fai bene o lasci stare”; Luna Rossa è il progetto che da capo del marketing di Prada ha curato nei dettagli sin dall’inizio dell’avventura neozelandese. La differenza è tutta qui. Per il resto le due cose hanno in comune l’essenziale: la passione per le sfide, la velocità, le gare vissute alla stessa maniera, che siano tra i boschi ghiacciati della Lapponia o nelle acque del Pacifico. “Ho sempre cercato l’adrenalina” dice Lorenzo dando un occhio a sé stesso nel video della prova.
Soddisfatto?
Sì dai, è stato divertente, siamo andati con calma.
Ecco, andiamo con calma, anzi con ordine. Quale passione è venuta prima il rally o la vela?
Il calcio…
Davvero?
Partiamo da un pressupposto: sono sempre stato molto competitivo e lo sport quando sei così viene spontaneo. E se lo sai prendere insegna molto. Correre in macchina, così come giocare al calcio, ti fa misurare in modo oggettivo con te stesso, in modo a volte crudele, ma ti fa guardare nello specchio e vedere quello che normalmente non vedi.
Ci sarà una differenza tra calcio e rally…
Beh l’adrenalina. Oddio, quella c’è anche nel calcio, ma è diverso. In macchina sei alle prese con te stesso e i tuoi limiti in ogni secondo e andare a 200 all’ora nei boschi è tutt’altra cosa che calciare un pallone.
E le corse in mare quando sono arrivate?
La passione per le barche è di famiglia, mio padre è un grande esperto ed appassionato e la cosa mi ha contagiato. Mi piace di andare per mare e con queste barche velocissime, ancora una volta, diventa tutto un fatto di adrenalina.
Una vita di corsa, insomma.
Ma per passione e in gara, solo in quei casi. Per il resto mi prendo i miei tempi. C’è un momento per andar veloci senza perdere il controllo e uno per riflettere e programmare. Io poi, non amo guidare.
Questa va spiegata.
Per esempio, in città vado piano: ho uno scooter elettrico e uso auto elettriche. L’unica auto che ho avuto è una RS3 e ancora la uso per i viaggi un po’ più lunghi. Insomma, una cosa è la passione per le auto, un’altra gli spostamenti. Guidare una bella auto, non ha nulla a che vedere con il muoversi da A a B.
Cioè, auto elettriche e guida autonoma non uccideranno la passione, come spesso si dice?
E perché mai? Mettiamo l’elettrico: è un’evoluzione necessaria nella mobilità di tutti i giorni. Una vettura elettrica è comoda, pratica e utile. Ma se voglio divertirmi cerco altro: magari ho una bella Subaru in garage e prendo quella.
E nello sport?
Per gli impieghi sportivi ci andrei un po’ più cauto. Non è necessario portare nel motorsport concetti e logiche che non c’entrano con le gare. L’appassionato di racing si può muovere tranquillamente in maniera ecologica quando deve spostarsi e magari pretendere altro quando vede le auto da corsa. Forse è solo una moda, destinata a passare. Alla fine, prevarrà il concetto dell’entretainement e assisteremo a una separazione nette tra vetture da corsa e stradali: tradizionali le prime, elettriche le altre.
Ma la passione basta per diventare piloti?
Serve, ma correre è un lavoro. Come andare in ufficio: la mattina ti svegli e il primo pensiero deve essere come fare a migliorarsi. Occorre molto impegno, occorre studiare, soprattutto la meccanica, tomi di meccanica, guardare e riguardare i video e capire quando non si è competitivi e perché.
In Italia la passione non mancherebbe. Mancano i piloti. Come mai?
A mancare sono un percorso di formazione e una strategia complessiva. Se guardiamo alla MotoGP, dove di piloti italiani ce ne sono stati tanti, l’Aprilia fornisce un grande esempio di programmazione: avevano una scuola dove sono cresciuti tanti motociclisti. Qualcosa di simile lo fa oggi la VR46. I giovani vanno accompagnati e sostenuti, altrimenti si perdono e non hanno riferimenti. Questo al momento manca in Italia.
E Fuckmatié non potrebbe impegnarsi in questo… ma a proposito cosa significa il nome?
Assolutamente nulla e meno ancora quello che uno potrebbe immaginare: era una parola scaramantica che usavamo a scuola. Circa i giovani, sì potrebbe essere un’idea: Fuckmatiè potrebbe diventare una scuola per allevare giovani talenti, piloti e navigatori.
E Prada, entrerà mai nel rally?
Prada è la vela. Gli appassionati di rally e il pubblico di Prada sono molto diversi. Brand minori del gruppo come Carshoe potrebbero un giorno, ma abbiamo altre priorità ora.
Insomma, prevalgono ancora le barche…
In questo momento sì. C’è l’America’s Cup, ora, vincere sarebbe un risultato tutto italiano del quale essere tutti orgogliosi. Per le macchine c’è tempo e avranno sempre posto nel mio cuore… Ma ora vado che ho la seconda speciale di oggi.