In Svizzera premiano l’eleganza del sound
NEUTRALI, NON NEUTRI – Dicono che le auto abbiano un’anima. È consolatorio, ma non è affatto vero. Però, però: in questa comprensibilissima ricerca di umanizzare il nostro oggetto del desiderio una via d’uscita c’è. Le auto hanno la voce. Si fanno riconoscere con il loro suono, che spesso dice di più di un’immagine, certo più di mille ragionamenti. A chi non è sfuggito il bel rombo rotondo di un V8 – magari con quattro carburatori che gorgogliano – o quello metallico di un flat six che sfreccia per strada? A nessuno: nemmeno a chi a queste cose non è avvezzo né sensibile. Eppure, il fattore sound non è mai stato abbastanza valorizzato: è una cosa da ‘impallinati’, border line tra esaltazione meccanica ed emozioni d’appendice da pit lane. Ci voleva la Svizzera, Paese che meno automobilistico non si potrebbe (per la semplice ragione che un’industria nazionale del settore non l’hai mai avuta) per sdoganare la bellezza del sound dei motori. È successo lo scorso weekend al castello di Coppet, una dimora patrizia a metà strada tra Ginevra e Losanna, che da quattro anni ospita – a fine giugno – il Concours d’Elegance Suisse, remake di un’omonima rassegna che fu organizzata dal 1927 al 1956 (per pura coincidenza, quasi gli stessi anni della Mille Miglia).
INVECE DEL SILENZIO – Gli ingredienti sono (anche) quelli soliti delle manifestazioni di questo genere: giudici in panama bianco, dame in toilette d’antan e vetture meravigliose, con un sapiente mix tra modelli da sogno (i più numerosi) ed esecuzioni alla portata di tutti, un po’ per rendere il doveroso omaggio agli anniversari del periodo (i 60 anni della Mini, il secolo della Citroën) un po’ perché le auto capaci di muovere le corde dell’emozione non sono per forza quelle con tanti zeri in fondo al prezzo. Ma il colpo di genio dell’edizione 2019 è stata l’idea di Mathias Doutrelau, fondatore e anima del concorso, di infilare, in mezzo alle decine di classi in cui si suddivide ogni concorso d’eleganza che si rispetti, anche la Best of Sound. Già l’idea è innovativa e persino coraggiosa in un sottobosco, quello degli happening d’eleganza, un po’ paludato e conservatore. Ma il bello è il modo in cui la giuria (presieduta quest’anno da Achim Anscheidt, direttore del design Bugatti) ha fatto le selezioni. Di ogni auto è stata registrata la sonorità, dopo di che gli oltre 80 file audio sono stati sottoposti al vaglio degli esperti al buio, cioè senza che fosse loro detto a che vettura appartenesse, così da non subire condizionamenti. «In collaborazione con Bose costruiremo nei prossimi anni un archivio di suoni automobilistici unico al mondo» dichiara baldanzoso Doutrelau, che tiene a precisare come questa iniziativa sia anche una forma di reazione all’era, cui ci stiamo preparando, delle auto mute. Per la cronaca, la Best of Sound 2019 è stata una Ferrari 250 GT Berlinetta 1961 della collezione Modena Cars. Mentre invece è risultata Best of Show un’altra auto di Maranello, una 250 GT Europa Vignale 1953.