Pechino Parigi 1907: una sfida da 16mila chilometri
Il 31 gennaio 1907, Jean du Taillis scrive sul quotidiano francese Le Matin scrive: “Quello che dobbiamo dimostrare oggi è che se un uomo ha un’automobile, può fare qualunque cosa ed andarci ovunque. C’è qualcuno, quindi, disposto a viaggiare in auto, la prossima estate, da Pechino a Parigi?” La proposta solletica circa quaranta equipaggi, perlopiù membri della ricca borghesia e della nobiltà europee, che versano una quota d’iscrizione da 2mila franchi — cifra alta, onde evitare adesioni che fossero prive di serietà. La partenza è fissata per il 10 giugno, puntuali, alle ore 8.
CINQUE TEAM AL VIA. Al via nella capitale cinese, però, si presentano solo cinque veicoli: un Mototri Contal e due De Dion-Bouton dalla Francia, una Spyker olandese, una Itala da Torino. La strada da fare è tanta, è un’impresa epica nel vero senso della parola: non ci sono regole, non c’è assistenza ed ogni team deve provvedere autonomamente a logistica, ricambi e rifornimenti. In palio ci sono solo la consapevolezza d’aver portato a termine un viaggio eroico e una bottiglia di champagne Mumm una volta giunti a Parigi.
UN GRAN RISCHIO. In sella al Contal c’è Auguste Pons che, insieme al meccanico Octave Foucault accovacciato poco più avanti, punta tutto su leggerezza e semplicità costruttiva; al Mototri, inoltre, erogando solo 6 cavalli, viene concesso di partire con due ore d’anticipo rispetto a quanto pattuito. L’avventura terminerà nel deserto del Gobi, dove il triciclo a motore verrà abbandonato, i due temerari tratti miracolosamente in salvo da alcuni nomadi della zona e riportati a Pechino.
W LA FRANCE. Il conte Albert De Dion – che aveva fondato l’Automobile Club transalpino – è proprietario, con Georges Bouton, della casa costruttrice omonima che conta circa tremila operai: vuole portare a termine il raid, costi quel che costi, per affermare il primato dell’industria automobilistica francese. Schiera ben due vetture e le affida a due operai della ditta, Georges Cormier e Victor Collignon. Questi, al contrario del loro meccanico designato Jean Bizac, raggiungeranno Pechino non a bordo di un piroscafo bensì in treno, con il compito di disporre le scorte di carburante lungo il percorso. Purtroppo, a causa della scarsa robustezza e della potenza irrisoria — circa 10 cavalli — le De Dion-Bouton perderanno terreno sin dal primo giorno e arriveranno a Parigi con un distacco abissale.
DALL’OLANDA CON FURORE. Meglio di loro fa la Spyker, guidata da Charles Godard – accompagnato da Jean Du Tallis – e forte dei suoi 14/18 cavalli. Si classificherà seconda, con venti giorni di distacco. Godard partecipa alla gara grazie alla vettura prestatagli da Jacobus Spijker insieme a una notevole quantità di ricambi. Godard non ha il becco di un franco e chiede aiuto a chiunque durante tutto il percorso; giunto a Berlino, verrà arrestato per frode, con l’accusa di aver rivenduto tutti i ricambi prima della partenza e di non aver restituito i prestiti ricevuti per pagarsi il biglietto d’andata. Al meccanico Johan Frijling l’onere e l’onore di condurre la Spiker fino a Parigi.
ITALIANS DO IT BETTER. La superiorità tecnica ed organizzativa dell’equipaggio italiano, composto dal principe Scipione Borghese, dal di lui chauffeur Ettore Guizzardi e dall’inviato speciale del Corriere della Sera, Luigi Barzini, è manifesta sin dal via. La preparazione di Borghese è stata meticolosa e sue sono le intuizioni – semplici, ma geniali – di sostituire i parafanghi dell’Itala 35/45 HP con delle assi asportabili — da impiegare come rampa in caso di necessità — e di utilizzare pneumatici anteriori e posteriori dello stesso diametro, per ridurre le scorte da portarsi dietro. Arrivato con alcuni giorni di anticipo a Pechino, il principe ispeziona una prima parte del percorso a dorso di cammello, misurando con un’asta della stessa lunghezza della carreggiata della sua Itala i passaggi più angusti; si preoccupa altresì – personalmente – di organizzare la logistica nei minimi dettagli, comprese le stazioni per il rifornimento. Da Pechino erano partire le carovane cariche di carburante e olio per la Mongolia, da Mosca sulla Transiberiana viaggiò invece tutte le scorte, posizionate a distanza di settecento chilometri l’una dall’altra lungo l’itinerario russo.
VELOCE COME IL VENTO. La Itala è molto più pesante rispetto ai veicoli concorrenti, ma decisamente più potente: quattordici quintali di peso a secco da un lato, un motore da 7,4 litri con 45 cavalli dall’altro. La combinazione si dimostra vincente e dove le piste lo consentono la vettura tocca punte di quasi 100 km/h. Monta pneumatici Pirelli, mentre le avversarie sono gommate Dunlop. Barzini invia dispacci al Corriere e al Daily Telegraph dalle più sperdute stazioni di posta telegrafica in mezzo al deserto: questi messaggi corrono lungo i pali per migliaia di chilometri da Pechino a Londra via Shanghai, Hong Kong, Singapore, Aden, Malta e Gibilterra; impiegano anche otto o dieci ore per arrivare in redazione, in tempo per l’edizione del mattino sulla quale i lettori possono gustare – quasi in tempo reale – le eroiche gesta dell’Itala.
STRADE A BINARI. Percorrono lunghi tratti sui binari della Transiberiana, nel tentativo di evitare l’attraversamento del lago Baikal via battello. A bordo dell’Itala, in quei frangenti, c’è un funzionario della ferrovia imperiale ed il passaggio della vettura tra una stazione e l’altra viene riportato sul piano di traffico, come fosse un treno, per scongiurare collisioni.
LA DIGRESSIONE. Quando l’equipaggio italiano giunge a Mosca, ha già accumulato un tale anticipo sugli altri, che Borghese decide di passare da San Pietroburgo, allungando di circa mille chilometri, per accogliere un invito a cena e assistere ad un Gran Ballo. Questo non gli impedirà di fare il suo ingresso trionfale a Parigi, dove l’aspettano uno stuolo di giornalisti, cineoperatori e folla in visibilio. Sono le 04:15 del 10 agosto 1907.
AL MUSEO. Scipione Borghese e Luigi Barzini stringono una profonda amicizia durante la traversata, ma dopo il ritorno si rivedranno soltanto a Palazzo Madama, quando entrambi saranno eletti senatori. La Itala, invece, perfettamente restaurata e conservata, ripercorrerà l’epico itinerario nel 2007, durante il centenario della storica impresa. Oggi fa parte della collezione permanente del Museo dell’Automobile di Torino.