I cronografi: gli orologi dei gentleman driver
Ogni epoca ha il proprio modo di segnare il tempo. Che diventa la moda del momento. Pensa alle meridiane ghirighorate sulle facciate di ville e castelli o alle clessidre bitorzolute sugli scrittoi di filosofi e illuminati reggenti. Per arrivare agli orologi di oggi, che sono veri e propri computer da polso. O cruscotti di auto, se preferisci. Del resto, questa contaminazione non è una novità. Già nell’immediato dopoguerra (e parlo del 1918) le lancette filiformi degli orologi facevano pendant con quelle degli strumenti di bordo (hai presente i tachimetri Jaeger? Ecco) per poi preferire, negli Anni ’50, forme più sinuose e bombate (Veglia), arrivare al nero e arancio degli Anni ’70 (VDO) e finire agli schermi touch di oggi (Tesla). E se nel 2020 l’orologio cool è quello collegato al telefonino, negli anni ruggenti del motorismo la meccanica era la tecnologia che faceva battere cuori e lancette. E così tutti si sentivano gentleman driver e si agghindavano di conseguenza: guantino traforato, berretto inglese e, al polso, un bel cronografo. Proprio come quello dei piloti che vedevano la domenica in autodromo. Nonostante questo tipo di orologio non nasca esattamente per segnare il tempo di pole position e record di velocità su gomma (ma per esigenze marittime: il crono compare agli inizi del 1800 quando il trasporto era ancora roba da vento in poppa) è stato subito riconvertito all’uso pistaiolo. Con quest’evoluzione automobilistica il quadrante è diventato più leggibile – per permettere di interpretare lancette e ripetitori tra un punta tacco e l’altro, magari al buio più totale di una Mille Miglia… – è comparsa la scala tachimetrica e i cinturini (rigorosamente ‘rally’: traforato) o i bracciali in metallo leggero sono stati ripensati per una perfetta dispersione del calore (leggi sudore). Ecco in questa gallery+ quali sono quelli giusti: dai grandi classici alle new entry.